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Coppa Davis 2023, i precedenti tra Italia e Cile. Indelebile il trionfo nel 1976

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6-0: questo dice il conto dei precedenti tra Italia e Cile in Coppa Davis, che si sono affrontati sempre quando la competizione viveva su ben altri format, e non su quello attuale che riduce un confronto a poche ore in singola giornata. Sono diversi i momenti significativi, e c’è anche il lato curioso che mai ha visto tra le due un 5-0.

Si inizia dal 1949, epoca di Gianni Cucelli e Marcello Del Bello. Fu la terra indoor di Torino a ospitare la zona europea (che, per la verità, di extraeuropee ne conteneva: il Cile era tra queste). Fu Ricardo Balbiers, nel suo migliore anno, a battere Del Bello in quattro set, ma per il resto Cucelli e il doppio si assicurarono i due successi del 3-1 poi diventato 4-1 con Marcelo Taverne sconfitto due volte.

Arriviamo al 1960, anno importante perché fu quello della prima finale di Davis tricolore. Il Cile era di nuovo nella zona europea, ma stavolta con un giocatore molto più competitivo: Luis Ayala, un grandissimo interprete del rosso dei tempi che aveva da poco affrontato, perdendoci, Nicola Pietrangeli in finale al Roland Garros in cinque set. Ancora a Torino, gli riuscì di rifarsi nettamente prima contro Orlando Sirola e poi contro di lui, con un notevole 6-4 6-1 6-1. Il contraltare era la pessima vena del secondo singolarista, Patricio Rodriguez, che infatti dovette cedere entrambi i punti. In mezzo il doppio, ma Pietrangeli/Sirola erano, come coppia, tra i più forti al mondo: per Ayala ed Ernesto Aguirre c’era poco da fare, ma non erano decisamente gli unici. Poi gli azzurri arrivarono fino al colpo di mano negli States, ma nella finale assoluta con l’Australia ci fu poco da fare.

Coppa Davis 2023, Italia-Cile è già decisiva. E un successo potrebbe anche non bastare

Del 1976 s’è detto, scritto e raccontato tutto. La battaglia politica affinché l’Italia potesse andare a giocare nel Cile che, tre anni prima, era finito sotto la dittatura militare di Pinochet, Pietrangeli che si spese molto per far capire l’importanza della situazione: questi e altri dettagli emergono periodicamente, con nuove profondità a ogni occasione. Sta di fatto che l’Italia in Cile ci andò, dalle parti del tristemente noto Estadio Nacional: quello competitivo al tempo era Jaime Fillol, mentre i giorni migliori di Patricio Cornejo erano ben più che andati. Corrado Barazzutti portò a casa contro Fillol, con qualche patema e un po’ d’emozione, il primo incontro, mentre Adriano Panatta si prese il secondo a spese di Cornejo. Fu il doppio con Panatta e Paolo Bertolucci a consegnare la Davis agli azzurri, per la prima e unica volta nella storia. Poi lo stesso Adriano batté Fillol e Belus Prajoux sconfisse Tonino Zugarelli (che, va ricordato, era stato fondamentale a Wimbledon instradando in meglio il percorso italiano grazie alla vittoria su Roger Taylor nel primo incontro).

Quello del 1985 è un confronto forse tra i meno ricordati della storia tennistica italiana, eppure ci fu. Italia e Cile furono di fronte a Cagliari. Un Panatta, Adriano, era passato dal campo al ruolo di capitano, e un altro, Claudio, aveva preso la via della Davis. Gli azzurri avevano perso in India, e dovevano evitare la retrocessione dal World Group. In quel Cile c’era Ricardo Acuña, che giusto allora aveva raggiunto degli inattesi quarti a Wimbledon. Fu lui a sorprendere Francesco Cancellotti, in cinque set nel secondo incontro; Claudio Panatta vinse il primo singolare contro Josè Antonio Fernandez e, poi, il doppio assieme a Gianni Ocleppo, prima che Cancellotti si rifacesse battendo Fernandez e salvando gli azzurri.

Si tornò nello stesso luogo del 1976 per il 2011. Non aveva ancora cambiato nome (l’intitolazione ad Anita Lizana è giunta solo nel 2015), ma nel frattempo la capacità era stata ridotta a 6300 persone. Dopo anni brutti, di World Group I (Serie B), World Group II (Serie C) nel 2004, di beghe tra Federazione e giocatori tra disaccordi, squalifiche, attacchi e chi più ne ha più ne metta, senza farsi mancare anche una certa dose di sfortuna, l’Italia ebbe la sua occasione buona. Nel 2011, infatti, il Cile non aveva più la competitività di anche solo sette anni prima, quando Nicolas Massu e Fernando Gonzalez fecero la storia (due ori olimpici l’uno, uno l’altro, tra singolare e doppio). I due c’erano ancora, ma uno depotenziato e l’altro vittima di vari guai fisici: non era più “Mano de Piedra”, in grado di battere tutti i migliori della sua epoca (Roddick, Hewitt, Agassi, Nadal, Federer e Murray solo per citare i diventati numeri 1). Potito Starace s’impose in quattro set su Paul Capdeville, poi toccò a Fabio Fognini contro Gonzalez. E lì fu proprio il cileno a infortunarsi, dovendo ritirarsi sul 6-2 4-6 2-1 a favore del ligure. Toccò a Jorge Aguilar affiancare Massu in doppio, ma Fognini e Simone Bolelli venivano dalla semifinale agli US Open: triplo 6-4, 3-0 e World Group ritrovato.

L’anno dopo fu ancora Cile, stavolta per lo spareggio al fine di evitare un’immediata retrocessione. Sulla rotonda Diaz Prajoux (sì, proprio l’autore dell’unico punto cileno nel 1976) non poteva più fare affidamento sui big citati. Per Andreas Seppi, tornato in squadra dopo alcune delle citate beghe (nelle quali, va rimarcato, di colpe ne aveva poche), fu semplice battere Guillermo Hormazabal, ma Fognini si complicò la vita con Capdeville, andando due volte sotto di un set prima di prevalere al quinto. Daniele Bracciali e Seppi persero a sorpresa con Aguilar e Capdeville, ma Andreas lasciò sette game a quest’ultimo dando all’Italia la permanenza. Sulla rotonda Diaz di Napoli, utilizzata per la prima volta a scopo tennistico, Bolelli tenne a battesimo un sedicenne Cristian Garin.

Foto: LaPresse / Olycom

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