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Golf
Golf, Giovanni Binaghi: “Orgoglioso della selezione per la Junior Ryder Cup. McIlroy il mio preferito, ammiro Filippo Celli”
Saranno due gli italiani di scena alla Junior Ryder Cup, in scena nei tre giorni che precedono la competizione dei big vera e propria. Prime due giornate al Golf Nazionale di Sutri, in provincia di Viterbo, e terza al Marco Simone Golf & Country Club, la sede della manifestazione più importante del golf. Per Giovanni Binaghi e Francesca Fiorellini sarà un momento davvero importante. Abbiamo raggiunto il primo nei giorni della vigilia: ecco il presente, gli obiettivi e le speranze di un sedicenne che vuole veder andare lontano il proprio talento.
Cosa significa per te far parte del team europeo di Junior Ryder Cup?
“Sono molto orgoglioso di essere stato selezionato per questa magnifica manifestazione e di poter rappresentare per la prima volta i colori dell’Europa. In precedenza sono stato abituato a rappresentare solo quella italiana, questa per me sarà una prima esperienza indimenticabile“.
C’era una volta la Ryder Cup tra USA e Gran Bretagna. L’avvento dell’Europa ha mutato i valori
Con Francesca Fiorellini, anche lei in squadra, quanto vi conoscevate già?
“Francesca non la conosco molto bene, però ci ho già condiviso alcune trasferte all’estero, per esempio in agosto al British Boys in Inghilterra. Per il resto non ho mai avuto di conoscerla molto“.
British Boys nel quale tu e Michele Ferrero avete fatto un bel lavoretto.
“E abbiamo fatto un bellissimo match (derby agli ottavi, N.d.R.); ero 2 up con due buche da giocare. Alla 17 ne ha vinta lui una bella, ha fatto un approccio e putt incredibile, alla 18 ho fatto io un errore. E alla ventesima ha fatto lui birdie. Match stupendo perché non avevo mai fatto un match play contro un italiano all’estero. Era un po’ particolare: all’estero ci sosteniamo sempre; quando arriviamo l’uno contro l’altro non puoi tifare l’altro, è stato un po’ strano“.
Vieni comunque da una buona stagione, con due secondi posti di peso e un paio di quinti.
“Sì, mi sono fatto vedere già da inizio anno in Portogallo quando sono arrivato quarto e anche al French Boys e al British Boys. In Italia non sono riuscito a fare granché, non ho fatto tante gare e quelle che ho fatto non sono andate molto bene. Ma in Europa sono riuscito a farmi valere“.
Sei al Golf Nazionale ora: che sensazioni hai su quel campo?
“Questo campo lo conosco molto bene, conosco le sue insidie. Soprattutto dal tee shot è molto pericoloso. Secondo me i colpi al green non sono neanche così difficili, ma è sempre importante mettere il tee shot in pista come in ogni campo, ma in questo in particolare“.
Per te cosa significa cambiare poi completamente ambientazione, dato che l’ultimo giorno lo giocate al Marco Simone?
“Il Nazionale è un campo fantastico, ma giocare al Marco Simone con le condizioni del campo che ci saranno, cioè ovviamente perfette, sarà un’esperienza unica. Giovedì, quando faremo lì i dodici singoli, sarà una giornata indimenticabile perché nello stesso giorno i campioni della Ryder Cup faranno la loro ultima prova campo, quindi potremo addirittura dividerlo con loro, magari praticare insieme e ci sarà l’atmosfera con il pubblico europeo e americano. Sarà una giornata veramente speciale“.
Di questi supercampioni quali McIlroy, Scheffler, Rahm, Hovland e compagnia, quali sono quelli per cui hai maggiore ammirazione?
“Rory da sempre, il mio preferito in assoluto. Ultimamente mi piace molto anche Scheffler. Non solo per il suo gioco, che è eccezionale, e del resto è numero 1 al mondo, ma soprattutto per il suo atteggiamento in campo. Lo vedo molto tranquillo, sempre sorridente, scherza col caddie. Lui è diverso da altri che sono più schematici, concentrati: è molto più tranquillo e si vede“.
Con compagni e compagne di Junior Ryder Cup come ti trovi?
“I ragazzi li conosco molto bene, ci gareggio insieme tutto l’anno in Europa, praticamente ogni settimana. Con loro ho ottimi rapporti. Le ragazze non le conosco tutte, però anche con loro tutto bene“.
Sei il secondo Under 16 nella classifica europea dedicata. E questa non è poca cosa.
“Quest’anno mi sono fatto valere in Europa, ho fatto delle buone prestazioni: è servito”.
E settimo Under 16 Luca Rimauro.
“Grande Luca! Lo conosco molto bene, quest’anno abbiamo fatto una gara a squadre insieme, per il circolo. Anche lui quest’anno è migliorato molto, si è allungato molto grazie alla sua preparazione fisica. Infatti adesso dovrei iniziare anch’io perché da un po’ troppi metri non mi piace questa cosa (sorride). Però lo conosco molto bene e sono felice“.
Quali sono le tue intenzioni per il futuro, volendo proseguire la carriera: rimanere in Europa o cercare anche una strada stile università USA?
“Ho tre lunghi anni da fare in Italia, ma ci ho già pensato. Un’opzione molto plausibile è quella di provare l’università negli Stati Uniti, che può aiutarmi sotto qualsiasi punto di vista. Inoltre là i campi sono diversi, quindi potrei anche adattarmi alla tipologia diversa di percorsi ed è un’esperienza assolutamente da provare“.
Come hai cominciato con il golf?
“Ho cominciato quando avevo 3 anni, in casa, con il bastone e le palline di plastica. Tiravo in salotto le palline contro qualsiasi muro, per la felicità della mamma. E poi da lì ho iniziato ad allenarmi nei campi pratica, poi ho fatto le prime garette e da lì ho continuato con piacere“.
Quali sono i tuoi obiettivi principali sul breve termine?
“Diventare un professionista di golf, e raggiungere non dico massimi livelli, ma già buoni sarebbe una bella cosa. I Major sono ovviamente qualcosa di unico, ma per arrivare lì c’è bisogno di tanta, tanta strada. Che si può fare“.
Hai detto una cosa sensata quando parli di massimi e buoni livelli. Questo perché ci sono sport in cui sono in tanti a partecipare e pochi a poter vincere. Nel golf, invece, il vincitore dipende da tantissime variabili, e perciò possono essere tanti. Un ventaglio ristretto alla fine, ma ampio all’inizio.
“A differenza del tennis, dove il campo è sempre quello e quindi alla fine i colpi sono gli stessi, nel golf ogni campo ha le sue caratteristiche, per cui a uno si addice di più un campo corto, quelli precisi preferiscono i campi stretti e mossi, altri che tirano forte preferiscono i fairway larghi, un po’ più semplici per loro dal tee. Per ogni campo ci sono comunque diversi favoriti“.
Se volessi indicare un sogno, più che un obiettivo, quale sarebbe?
“Il sogno è poter vincere un Major, e in particolare il Masters, che sarebbe unico. E poi partecipare alla Ryder Cup, quella vera, sarebbe un traguardo unico. Molto dura, ma si può fare“.
Da quelle parti gireranno i fratelli Molinari come vicecapitani. Quanto sei stato ispirato da loro?
“Ho seguito molto soprattutto Francesco Molinari durante i suoi anni in cui ha vinto il British Open, l’Arnold Palmer, ha partecipato alla Ryder Cup. Edoardo non sono riuscito a seguirlo molto perché era ancora piccolo, Francesco ho realizzato la grandezza dei traguardi che è riuscito a raggiungere“.
Con chi cercherai di farti una foto?
“Rory, Scheffler, Jon Rahm da non dimenticare. Direi però tutti, perché quelli che sono arrivati alla Ryder Cup hanno ognuno il proprio perché“.
Dove senti di aver bisogno di migliorare di più nel tuo gioco e quelli in cui senti di essere già avanti?
“Sicuramente dove posso migliorare è nell’atteggiamento che ho in campo. Mi arrabbio molto facilmente, anche se ultimamente sto migliorando. Invece, parlando del gioco, direi i secondi colpi, quelli al green. Potrei essere più preciso, stringere un po’ il range di atterraggio della palla. Però principalmente l’atteggiamento“.
Da quant’è che hai iniziato a lavorare sul piano mentale?
“Ci lavoro io da solo, individualmente, con il mio maestro e mio padre Alberto Binaghi, perché quand’ero piccolo in campo ero un po’ una peste. Appena sbagliavo un colpo impazzivo. Non riuscivo a controllarmi. Giocavo sempre peggio le buche successive, senza rendermi conto che sarebbe stato meglio lasciar stare, perché ormai quel che era fatto era fatto, e pensare alle buche dopo, finire facendo meno colpi possibili“.
Da Alberto Binaghi viene inevitabilmente il nome di Filippo Celli, che sta provando a sfondare al piano di sopra.
“Lui lo conosco veramente molto bene. Ragazzo simpaticissimo. Da lui prenderei l’atteggiamento, simile a quello di Scheffler, molto tranquillo e spontaneo, sempre sorridente in campo. E ovviamente il gioco. Mi piace molto lo swing. Lo ammiro, perché so che può avere un grande futuro“.
Foto: Federazione Italiana Golf