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Jannik Sinner ha portato il tennis italiano in una nuova dimensione. L’errore è aspettarsi ciò che (ancora?) non è

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Una narrativa tossica. Con Jannik Sinner funziona così: vince un Masters1000 e diventa il più forte di tutti; perde al quinto set contro Sascha Zverev negli ottavi di finale degli US Open e non vale niente. Est modus in rebus, dicevano i latini, e quando si parla dell’altoatesino si tende sempre a esagerare.

I fatti quali sono? Jannik è un giocatore molto forte, lo dimostrano i risultati del 2023: n.7 del ranking con l’ultimo aggiornamento e n.4 della Race, avendo grandi possibilità di essere presente alle ATP Finals di Torino. Nessun giocatore italiano, alla sua età, si era spinto a tanto in termini di vittorie e di serie di risultati, come le graduatorie citate certificano e la vittoria di Toronto impreziosisce.

Tuttavia, il problema è nell’aspettativa che si è creata attorno a questo ragazzo, che dovesse essere quello che è già Carlos Alcaraz, ovvero un n.1 del mondo e con titoli Slam in bacheca. Di conseguenza, più sono alte le attese e più c’è una componente emotiva negativa nella valutazione di un giocatore che ha portato, nei fatti, il tennis italiano in una dimensione che non si aveva da 40 anni.

Sinner è sicuramente tra quelli che può provare a vincere titoli Slam e a entrare nella top-5, ma l’essere in lizza non significa che ci riuscirà. Parlando di un tennista ancora in evoluzione, soprattutto dal punto di vista fisico, è necessario attendere i canonici due anni esplicitati dal suo staff e tirare poi una riga. Ciò non toglie che se il tennis italiano è in una dimensione d’elite questo è merito, nel 2023 in particolare, del 22enne di San Candido.

Foto: LaPresse

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