Rugby
Rugby, Italia ai Mondiali con il ct Crowley a scadenza e il successore già designato. Gli errori del passato non hanno insegnato
Venerdì 8 settembre prende il via la Rugby World Cup 2023 e a sfidarsi saranno Francia e Nuova Zelanda nel match inaugurale del torneo. Il giorno dopo, sabato 9 settembre alle 13, sarà la volta dell’Italia che affronterà la Namibia nel primo match del torneo. Una Coppa del Mondo che vedrà l’Italia guidata dal ct neozelandese Kieran Crowley. Un ct che chiuderà la sua avventura in azzurro dopo i Mondiali, visto che la Federazione ha già scelto il suo sostituto, l’argentino Gonzalo Quesada.
La scelta di andare ai mondiali con un ct in scadenza ha scatenato molte polemiche negli ultimi mesi, con gli opinionisti e i tifosi che si interrogano su come si presenterà in campo una squadra che sa che il suo allenatore non ha il supporto della Federazione e di un movimento che guarda già oltre. Un errore non nuovo, ma che va inquadrato in un contesto che in molti faticano a voler ammettere e accettare.
Se è vero che arrivare ai Mondiali con un ct “esonerato” è un rischio enorme (ma non è l’unica nazionale a farlo, anche tra i top team) è anche vero che onestamente l’Italia ha comunque una montagna enorme da scalare. Le sfide contro All Blacks e Francia sono proibitive e l’accesso ai quarti di finale appare una mission impossible. Come capitato in quasi ogni Coppa del Mondo disputata dal 1987 a oggi.
Sì, perché l’errore più grande del passato che non sembra essere stato d’insegnamento al rugby italiano è quello di ragionare per quadrienni mondiali. Si manda via un coach per prenderne uno nuovo che ci guidi al Mondiale successivo. Un ragionamento logico per nazionali come il Sudafrica, la Nuova Zelanda, l’Australia, la Francia o l’Inghilterra, accettabile per nazionali come l’Irlanda e il Galles, sicuramente difficili da comprendere per una squadra come la Scozia o l’Argentina, folle per l’Italia.
Sì, perché l’errore del passato che nessuno vuole imparare è che l’Italia non ha i Mondiali come obiettivo. Non può averli. Perché ogni 4 anni sulla sua squadra avrà delle armate quasi invincibili (All Blacks e Sudafrica 4 anni fa, Francia e Nuova Zelanda quest’anno, solo per fare gli ultimi due esempi). L’Italia, invece, deve porsi altri obiettivi. Il primo è vincere con costanza delle partite nel Sei Nazioni (un successo dal 2015 al 2023), poi provare a scalare la classifica del Sei Nazioni, infine crescere fino ad arrivare a giocarsi il Sei Nazioni. A quel punto, ma solo a quel punto, l’obiettivo potrà essere la Coppa del Mondo. Quando si sarà entrati nel gotha di chi vince il Sei Nazioni e quando il ranking farà sì che l’Italia possa avere gironi abbordabili ai Mondiali. Fino ad allora un ct a scadenza o meno alla RWC non farà la differenza.
Foto: Malcolm McKenzie/DPPI – LPS