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Biathlon, Tarjei Bø come Dorothea Wierer. Ultimo rappresentante di una classe sublime, il 2026 nel mirino a dispetto dell’età

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Cos’hanno in comune Tarjei Bø e Dorothea Wierer? Il fatto di essere gli ultimi rappresentanti ancora in attività ad altissimo livello di annate sopraffine. Il 1988 nel caso del norvegese, il 1990 per quanto riguarda l’italiana. Nel settore maschile, la classe dello scandinavo comprende uomini del calibro di Martin Fourcade, Simon Schempp, Dominik Landertinger, Erik Lesser ed Evgeny Garanichev; fra le donne, le coetanee dell’azzurra sono Marte Røiseland, Tiril Eckhoff, Miriam Gössner e Yuliia Dzhima.

I palmares dei ragazzi dell’88 e delle ragazze del ’90 sono sensazionali, ma chi li ha costruiti ormai fa altro nella vita. Quasi tutti hanno deciso di appendere sci e carabina al chiodo. O, seppur formalmente in attività, hanno visto la loro competitività piegata dall’inesorabile passare del tempo. Le eccezioni sono, appunto, Tarjei Bø e Wierer. Nei giorni scorsi il norvegese ha rilasciato un’intervista all’emittente televisiva TV2, in cui ha spiegato le ragioni del suo difficile inizio di stagione 2022-23, quando qualcuno aveva finanche messo in discussione la sua presenza in Coppa del Mondo.

Il veterano di Stryn, nel settembre 2022, è diventato padre. La nascita del piccolo Aron ha sconvolto la sua vita, tanto quanto la venuta al mondo di Gustav aveva condizionato, nel gennaio 2020, il fratello minore Johannes. Quest’ultimo, reduce da un inverno in cui ha instaurato un’egemonia degna di un satrapo, ha raddoppiato la sua prole durante l’estate, poiché la moglie Hedda ha dato alla luce la piccola Sofia. Proprio Johannes e i nipotini sono, a detta di Tarjei, la motivazione che lo spinge ad andare avanti.

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“Il mio sogno è battere Johannes. È l’unica cosa che mi manca. Voglio che i suoi figli pensino che il biathleta migliore sia lo zio! ha detto, con il sorriso sulle labbra, l’esperto scandinavo. Una battuta che denota serenità ed è, in un certo senso, aderente alla verità.

Come a Wierer, anche a Tarjei Bø manca l’oro olimpico individuale. A febbraio 2026, quando verranno conferite le prossime medaglie a Cinque cerchi, avrà 37 anni. Tanti, ma non troppi per tentare un ultimo assalto al traguardo più ambito del firmamento sportivo. Il fratello Johannes, di ori olimpici individuali, al collo ne ha già 3. Però, sulla carta, è ovvio che “dovrà essere battuto” anche sulle nevi di Anterselva, fra due anni abbondanti.

Ne deve passare ancora parecchia, di acqua sotto i ponti. In 28 mesi può cambiare tutto e non è detto che chi è al vertice oggi lo sia anche domani, soprattutto se l’età non è più quella di un ragazzino. Cionondimeno, Tarjei Bø ha l’intenzione di essere ancora in pista nel 2026, quasi a voler chiudere il cerchio del 1988. Proprio lui che, di fatto, lo aprì a Vancouver nel 2010.

Ai tempi, ancora sbarbatello, fu preferito a tanti connazionali più esperti (ma che davano meno garanzie al tiro) nella composizione della staffetta norvegese. L’allora ventunenne risultò determinante per la conquista della medaglia d’oro, artigliata al termine di un feroce duello con l’Austria del coetaneo Dominik Landertinger, oggi in altre faccende affaccendato, così come (quasi) tutti i nati del 1988.

Foto: La Presse

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