Artistica
Olimpiadi, in Russia si teme una “Diaspora” di atleti. Qualche stella cambierà bandiera pur di tornare sul palcoscenico internazionale?
Nelle ultime settimane, in Russia, si è verificata una vicenda apparentemente marginale che, tuttavia, ha generato inquietanti spettri relativi al futuro dello sport nazionale. Vale la pena esporre l’accaduto e le elucubrazioni dei dirigenti più lungimiranti in merito, perché lo scenario potrebbe avere pesanti ripercussioni anche sugli equilibri dello sport globale.
Due tuffatori, Igor Myalin e Vyacheslav Kachanov, hanno cambiato nazionalità allo scopo di partecipare ai recenti Giochi asiatici. L’uno e l’altro si sono accasati in Uzbekistan. Si tratta di perdite marginali per il movimento russo. Stanislav Druzhinin, presidente della federazione nazionale, ha spiegato che l’emigrazione è stata approvata dalle istituzioni federali.
Myalin non si è nascosto dietro un dito, dichiarando che ha deciso per questa mossa allo scopo di continuare a gareggiare a livello internazionale. Да, здесь и загвоздка! Ovvero, “qui casca l’asino”. Non è certo una dinamica nuova, quella di vedere russi di seconda o terza fascia assumere altre nazionalità (magari di repubbliche della galassia post-sovietica), per competere in ambito globale. Negli sport invernali, in particolar modo nel biathlon, è pratica diffusa sin dal principio del XXI secolo.
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Cionondimeno, ha sempre riguardato uomini e donne “chiusi” in patria che hanno trovato uno sbocco all’estero. Talvolta “bagnando il naso” ai connazionali. Un esempio? Nel suddetto biathlon, ai Giochi olimpici di Vancouver 2010, i russi Sergey Novikov ed Elena Khrustaleva si fregiarono di una medaglia d’argento a testa in rappresentanza rispettivamente di Bielorussia e Kazakistan. Per entrambi fu la proverbiale “gara della vita”, che però non avrebbero mai potuto disputare se non avessero assunto diversa cittadinanza.
Ebbene, chi è ancora in grado di vedere oltre il proprio naso si è accorto di un potenziale effetto “palla di neve”. Finora sono sempre state le seconde e le terze linee ad andarsene. Autentici “scappati di casa” in cerca di fortuna altrove. Alcuni l’hanno trovata, tanti altri no. Però l’embargo sportivo imposto alla Russia dalle istituzioni internazionali sta proseguendo a oltranza; e verosimilmente proseguirà fino a quando il conflitto armato con l’Ucraina non giungerà al termine. Se giungerà al termine.
Dunque, fra i dirigenti sportivi e politici legati al mondo dello sport russo, ha cominciato a insinuarsi un dubbio. Se la situazione non cambia, nel giro di un paio d’anni potrebbe generarsi una диаспора. Una diaspora. Basta un big, uno solo, di qualsiasi disciplina che dica “Io voglio proseguire la mia carriera, al diavolo le questioni politiche” e decida di assumere altra nazionalità, anche senza il beneplacito del comitato olimpico nazionale, per far scattare l’effetto domino di una “fuga” di sportivi di alto livello.
A quel punto, le istituzioni sarebbero impotenti. Sia quelle russe, che quelle internazionali. A meno di voler imporre embarghi ad personam, incompatibili con qualsiasi principio del diritto, non si potrebbe impedire ai “rifugiati” di gareggiare con una nuova bandiera. Tanti Paesi sarebbero entusiasti di accogliere delle stelle nei rispettivi sport. Certo, senza il placet Olimpijskij komitet Rossii, queste star dovrebbero sacrificare uno o due anni di carriera in attesa di poter competere con il nuovo passaporto. Un problema? No di certo, ne hanno già persi un paio in quanto russi. Sarebbe, inoltre, comunque meno dannoso di restare nell’ombra sine die.
Al momento quella esposta è una prospettiva solo tratteggiata sullo sfondo di un quadro ancora tutto da dipingere. Uno spettro, un “сценарий конца света”, uno scenario apocalittico a livello sportivo. Eppure, il solo fatto che se ne parli significa che qualcuno ha capito in quale direzione potrebbe cominciare a spirare il vento se la situazione corrente dovesse perdurare. Così, si mettono le mani avanti e si “avverte” chi di dovere.
D’altronde, dove saranno i Giochi olimpici 2028? Non certo in una Nazione dove la Russia è ben vista, ma non dal 2022, bensì da quasi 80 anni. Conoscendo entrambi i personaggi e soprattutto i pregressi, c’è da scommettere che i rapporti tra l’Aquila americana e l’Orso russo non siano destinati a normalizzarsi tanto facilmente…
Foto: La Presse