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Rugby, All Blacks e Springboks, due filosofie ovali si giocano il titolo mondiale

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Siya Kolisi

Si disputa sabato sera la finale della Rugby World Cup 2023 e a Parigi non si sfideranno solo le due squadre più vincenti ai Mondiali, ma anche due filosofie ovali quasi opposte. Nuova Zelanda e Sudafrica puntano entrambe ad alzare la quarta Coppa del Mondo della loro storia, ma se gli All Blacks lo faranno seguendo una rigida coerenza, per gli Springboks la parola d’ordine è fantasia al potere.

Il duo di allenatori Nienaber ed Erasmus (soprattutto il secondo) del Sudafrica non ama né le banalità né lo status quo e in questo Mondiale ha già mostrato come rivoluzionare il rugby in 80 minuti. Dalla scelta di lasciare alcune stelle in panchina, per sfruttarle a match già in corso, ai comandi che dalla tribuna arrivano in campo con un “semaforo”, Erasmus non è mai banale. E anche per la finalissima i due tecnici hanno scelto un azzardo su cui pochi scommetterebbero.

Se il XV titolare è quello più ovvio, con la mediana titolare che torna dal primo minuto, a far discutere è la scelta di Erasmus di portare in panchina un solo trequarti, Willie le Roux, puntando su ben 7 giocatori di mischia tra i cambi. Il Sudafrica si aspetta una battaglia fisica nel pack, ovviamente, e punta a forze freschissime per i secondi 40 minuti, ma il rischio – in caso di infortunio – di dover schierare un uomo di mischia nella trequarti è alto.

Dall’altra parte, invece, Ian Foster ama le cose semplici. La formazione tipo è cambiata pochissimo durante questi Mondiali e anche per la finale nessuno si aspetta clamorose sorprese a ribaltare i pronostici. Fino a ora la scelta gli ha dato ragione, con gli All Blacks che dopo il ko iniziale contro la Francia sono stati devastanti in ogni partita. E Foster non deve inventare nulla, perché la sua squadra arriva alla finale da favorita. Ma basterà per alzare la coppa?

Foto: LaPresse

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