Tennis
ATP Finals, Pistolesi: “Pensai che non avevo mai visto uno come Sinner agli US Open 2019”
A TennisMania, appuntamento settimanale condotto da Dario Puppo sul canale YouTube di OA Sport, il giornalista di Eurosport ha ospitato Claudio Pistolesi, coach ATP, in occasione della recente uscita del suo libro “C’era una volta il (mio) tennis”.
Claudio Pistolesi spiega il titolo del suo libro: “Io sono appassionato di cinema, quindi “C’era una volta in America” di Sergio Leone è veramente il massimo per me, quindi già solo richiamare quello è un grande onore. Credo che in tutte le attività umane sia importante sottolineare appunto l’umanità, quello che che c’è dietro, come emozioni, come lo storytelling, è molto potente e credo sia anche di grande insegnamento per i giovani. Non è una cosa legata solo al passato, è una cosa molto presente: c’è una parola inglese, si chiama legacy, che mi piace tanto, che è l’eredità, non l’eredità finanziaria, quella è heritage, questa è l’eredità culturale, quindi finché mi ricordo, sono quarant’anni di tennis in testa, nel cuore, sotto varie varie forme, come sono i vari ruoli. Parlo di quando ero Junior, ci sono storie di quando ero giocatore professionista, di quando sono stato coach, sono ancora oggi coach e di manager dell’ATP, perché comunque la parte organizzativa mi ha sempre affascinato, anche del nostro sport, che è in continua evoluzione, soprattutto in questi ultimi tempi. Il filo conduttore di questi 23 racconti, è una collezione di racconti tutti diversi fra loro, è un viaggio nel mondo, perché si va dall’Asia agli Stati Uniti, a New York, in tutta Europa, anche attraverso personaggi famosissimi, le cosiddette leggende, da Connors a Vilas, a Wilander, a Becker, alla Seles. E parlo di Brad Gilbert, anche personaggi penso molto interessanti, attraverso i miei occhi. Li ho vissuti da dentro, da cronista privilegiato come avversario per esempio di Jimmy Connors. Quando lo scrivevo vivevo tutte le emozioni di tutte queste storie, quindi spero sia venuto fuori qualcosa di importante come messaggi, vedrete diversi diversi temi che si affacciano leggendo il libro“.
Il soprannome “Pistol” e Sampras: “Uno dei racconti è questo, ne parlavo ieri proprio con uno dei protagonisti, che è Sergio Palmieri, direttore del torneo di questi Big Four: una volta prima del dell’ATP Finals, all’epoca si chiamava Masters, c’era a Roma, indoor, pochi si ricordano forse al Pala EUR, 20.000 persone, quindi è uno stadio indoor importante, si giocava a basket, a Roma il basket era forte una volta, pieno, strapieno, i primi quattro del mondo e ho giocato io. Voi direte ‘Che c’entravi con i primi quattro nel mondo?’ C’entravo perché ero uno sparring partner, facevo da allenatore, allenavo, c’erano Edberg, Becker, Sampras ed Ivanisevic nei primi quattro del mondo. Becker si ammala la sera prima del secondo giorno e lì il biglietto meno caro costava 80.000 lire, che era tantissimo, 20.000 persone, quindi mi mandano in campo contro Sampras dicendo ‘Guarda, salvaci tu’. Quell’anno poi, il ’92, ho giocato molto bene, sono arrivato agli ottavi a Roma al Foro Italico, sono di Roma, quindi pensavano di tappare questa falla buttandomi in campo e mi hanno dato il microfono, hanno fatto spiegare a me che non c’era Becker, quindi ho rovesciato la situazione, ho detto ‘Scusate la mia assenza, ieri stavo male mi ha sostituito Becker, però oggi sono tornato io’, quindi li ho fatti ridere con cadenza romana, e quindi ho salvato la situazione. Sampras, era un campo velocissimo mi ricordo, mi faceva ace di seconda, era un campo da basket, quindi l’out era lontanissimo, il muro dietro, e la palla toccava sopra la mia altezza, quindi c’era una potenza di servizio incredibile di seconda, il campo velocissimo, io giocatore più da terra, per farlo rilassare un attimo lo chiamo ‘Pistol Pete, guarda è vero, The Original Pistol sono io, perché il mio è cognome Pistolesi, sono anche tre anni più vecchio di te, quindi Pistol sono io’ e lui ha sorriso, si è calmato, 6-2 6-3, ma partita dignitosa“.
Un episodio divertente durante il periodo negli Stati Uniti con le telefonate al nonno: “All’epoca, 1985, viaggiare era molto più complicato, anche comunicare da dall’estero, qui c’erano le monetine, oppure in America mi hanno spiegato che c’era questa chiamata a carico del ricevente. Mio nonno, macellaio di Roma radiato da tutte le scuole a dodici anni perché aveva tirato il calamaio in testa al maestro, quindi sapeva leggere e scriveva, insomma manco tanto bene. Siccome mia madre non c’era, chiamo mia nonna, e risponde all’operatrice americana mio nonno di Trastevere. Quindi c’è questa chiamata surreale fra l’operatrice americana e mio nonno, che però nel sottofondo sentiva la mia voce, quindi la telefonata è stata veramente surreale. ‘Pronto? Ma chi sei?’ Intanto io da sotto disperato ‘Digli yes’, ma lui non capiva, sentiva questa voce ‘Claudio richiama che c’è un’interferenza’. ‘No, non è interferenza, devi dirgli yes’. Poi lui sul Corriere dello Sport aveva visto che ero campione del mondo Junior, avevo vinto l’oro. L’operatrice continuava in inglese stretto e lui la insultava perché gli impediva di parlare col nipote. Poi c’è un seguito, perché quando sono tornato a Roma dico gli ho spiegato che pagava lui ‘Devi dire yes, che vuol dire sì in inglese’, Lui si allenava, poi chiaramente il giorno dopo chiamavo da Roma e glielo dicevo ‘Nonno, sono Claudio’, e lui ‘Yes’, ‘Ma adesso non serve’. Insomma, storie comiche perché i mezzi erano questi, bisognava arrangiarsi e quindi queste storie per insegnare anche ai giovani che non era così, ma quando una cosa non è facile, non so se è meglio o peggio, ma era era meglio che non fosse facile perché ti dovevi ingegnare, il desiderio di una cosa, ti rimane, ti ingegni, ti dai da fare quando non è facile da raggiungere. Per viaggiare all’epoca ti piaceva proprio tanto il tennis, perché dovevi superare difficoltà che non c’entrano nulla col dritto e rovescio, semplicemente andare nei vari Paesi e già trovare il circolo certe volte era era difficile, quindi anche fa ridere, ma anche come insegnamento penso, per i giovani, che tenessero presente che se per caso gli si scarica il telefono hanno un cervello che funziona e possono arrivare lo stesso, con più fatica, all’obiettivo“.
Sinner gli ha tolto un record di precocità: “Ho vinto il torneo di Bari nel 1987 ad aprile, quindi a 19 anni ed otto mesi, pensavo di portarmi questo record nella tomba, perché oggi come oggi è difficilissimo vincere prima di vent’anni un titolo ATP, invece Sinner mi ha battuto di due mesi. Io per 34 anni ho avuto questo, questo record, però è un record notevole, insomma, da portarsi dietro, e molto prestigioso, lui mi ha fatto tornare famoso. Io l’ho detto, perché sono andato su Sky, sono andato sulla Rai, dappertutto, perché ha battuto il mio record e comunque siamo gli unici due teenager nella storia del tennis italiano ad aver vinto un torneo ATP, comunque sono sempre il più giovane ad aver vinto un torneo ATP sulla terra battuta, e comunque ha dato valore al mio risultato. L’ho visto anche ieri, si ricorda di me, penso che mi veda con simpatia perché si ricorda anche questa cosa, che per lui è un record così, per me invece era uno dei due record che ho del tennis italiano, adesso non ce l’ho più, però ce l’ho, diciamo, in condivisione con lui e siamo gli unici due. Adesso sarà dura che si aggiunga un terzo, insomma mi fa molto piacere stare vicino a Sinner su questa che è una curiosità più che altro, però all’epoca credo che fosse più vicino ad un 500 che ad un 250 il torneo di Bari, era un torneo molto grosso, molto importante“.
Jannik Sinner nelle qualificazioni degli US Open 2019: “Era la prima volta che lo vedevo, ne sentivo parlare, ma io ero amico di Viktor Galovic, che giocava contro di lui, fu un match durissimo: Viktor vinceva 5-2 al terzo, era quasi fuori dal torneo Sinner, ma non mollava di un centimetro. Tornò, ritornò, vinse al terzo 7-5. E la velocità con la quale la palla lasciava le sue corde, ho pensato bene, non mi ricordavo proprio, ho scavato nella memoria, sia di dritto che di rovescio, uno così non l’avevo mai visto e quindi l’ho scritto. Ne avevo sentito parlare benissimo anche da amici, da Sartori che lo conosceva bene, perché insomma è della zona di Seppi, e aveva forse 18 anni e infatti poi diede filo da torcere a Wawrinka, quel torneo lì fu il suo primo US Open. Io ascolto il tennis, cerco di chiudere gli occhi e sentire che rumore fa la palla sulle corde, e questo mi capitò anche con Bolelli. Quindi io cerco di ascoltare quando mi interessa vedere a che livello è un giocatore, perché cambia se stai attento, se hai orecchio cambia il suono“.
Il rumore della palla che colpisce il piatto corde: “Adesso parlo da coach: la superficie di corde che colpisce la palla, maggiore è, meglio è per controllo e potenza. Quindi anche Nadal, che è quello chiaramente che dà più giri di top spin di gran lunga, il secondo è Federer, colpisce piatto, la palla la prende un po’ sotto. Quando saltavamo la scuola, io andavo a giocare a biliardo, quindi la palla a biliardo la devi prendere sotto, non sopra, per farla girare in quel modo lì, quindi viene anche dalla fisica questo discorso. Quindi il consiglio più inconsistente, più inutile e dannoso che uno può dare è ‘Accarezza la palla, prendila sopra’, tanti ragazzini per non sbagliare cercano di dare troppo spin, quindi attaccano la palla da sopra, la palla gira poco e non ha forza, quindi semplicemente prendendola da sotto lo spin lo dai quando la palla è già dentro le corde, chiaramente dipende quanta forza, quanta accelerazione hai. Nadal ovviamente è mostruoso, è il più forte su questo e questo fa cambiare il suono, cioè è un suono più pieno ed alcuni hanno questo suono pieno, ma mancano altre cose. Sulla qualità del colpo è un indicatore molto importante il suono della palla secondo me“.
La mancata partecipazione di Sinner in Coppa Davis: “Io l’ho vissuta con Bolelli, secondo me è stato sempre un falso problema, un problema di terminologia anche: ‘Ha rifiutato la Coppa’, non ha rifiutato niente, il suo programma non la prevedeva, ha diritto un professionista a fare il suo programma, e soprattutto nel tennis. Di questo ne ho parlato con Federer e Nadal. Anche loro erano accusati di antipatriottismo se non andavano a fare l’incontro di Coppa Davis. Una volta Federer lo attaccarono perché non andò in Uzbekistan e lui era preoccupato ‘Adesso mi danno addosso con la stampa’. Dico ‘Roger, tu non è che rappresenti la Svizzera, tu sei la Svizzera. Ti hanno fatto il francobollo, sei come il formaggio e gli orologi’. A Nadal dico ‘Rafa tu quando hai vinto 2000 volte il Roland Garros c’è l’inno nazionale’. Per Pennetta-Vinci, finale US Open, è partito l’aereo di Stato, pagato coi soldi delle tasse degli italiani, è anche una cosa carina, di riconoscimento al tennis, il Primo Ministro è andato là, ma mica era la Fed Cup, era un torneo quindi vuol dire che il tennista rappresenta il suo Paese ogni volta che scende in campo. Con Bolelli ci fu un disastro comunicativo nel 2005-2008, quegli anni lì. Io cercavo di spiegare che quando c’era Bolelli agli ottavi, a Wimbledon, al Roland Garros, rappresentanti istituzionali si mettevano nel box nostro come rappresentanti dell’Italia, quindi tu rappresenti l’Italia sempre, poi se guardi la Coppa Davis, e ne parlavo con Volandri, che anche lui da giocatore l’ha vissuto questo problema qui e quindi lo capisce benissimo, e quindi Volandri ha gestito benissimo questo discorso di Sinner. Chi attacca un tennista perché non risponde, perché non ha nel programma la Davis, cambia e manipola un po’ le parole: ‘Ha rifiutato, ha sputato sulla bandiera’. E’ lui il vero traditore, perché fa un danno alla squadra, e magari, come succede adesso con Sinner, la volta dopo è pronto per giocare e dà il suo apporto. Quando Sinner vince i Canadian Open ha vinto l’Italia. Tutti quanti ‘Abbiamo vinto’, no, o vinci sempre o non vinci mai, o sei italiano sempre o non sei italiano, mai. Non puoi fare il populista ‘Hai rifiutato’, no. Questo è un falso problema. Secondo me il vero traditore è chi attacca un giocatore italiano, quindi un patrimonio del tennis italiano, perché presumibilmente non ha risposto, non è andato a fare un incontro di Davis, però è il primo a saltare sul carro del vincitore quando questo vince o fa un grande risultato. Per Berrettini in finale a Wimbledon c’erano tutti, giustamente, perché si condivide come italiani, quindi è un falso problema, spero una volta per tutte risolto. Quindi si dà il diritto giustamente ai tennisti di andare a giocare la Coppa Davis o no, è chiaro che l’ideale sarebbe che tutti fossero sempre disponibili, ma se non è così tutti rappresentano l’Italia tutte le volte che mettono il piede dentro al campo. Questo è facilmente dimostrabile: anche le stesse istituzioni sono prontissime ad essere presenti quando si fa un grande risultato a livello individuale, poi si parla al plurale ‘Abbiamo vinto, oggi abbiamo vinto’. Quindi mi sembra un falso problema, è sempre stato un falso problema, all’epoca cercai di farlo capire, qualcuno è più veloce a capire le cose, qualcuno è un po’ più lento, qualcuno ci mette vent’anni, però è importante che adesso una volta per tutte, sia stato capito, che questo è un falso problema: tutti rappresentiamo l’Italia ogni volta che si va in campo, compresi i coach. Volandri è bravissimo, è stato fatto secondo me un miglioramento enorme come scelta del capitano, questa è la mia opinione, e quindi con tutto il cuore spero che vada con Sinner a fare dei risultati, a fare cose importanti a Malaga. Poi c’è il discorso del doppio, comunque Volandri è proprio bravo“.
Sul possibile dualismo tra Sinner e Djokovic: “Io sono molto vicino al team di Djokovic, perché la persona più carismatica del team si chiama Marco Panichi, è cresciuto con me, io ho avuto l’intuizione, è un ex atleta del salto in lungo, di portarlo nel tennis ad alti livelli nel ’99 con i miei giocatori, con Bolelli, poi con la Santangelo e poi con Sanguinetti, quindi abbiamo lavorato insieme vent’anni, siamo cresciuti insieme. Io sono molto cresciuto perché è una persona eccezionale e studia sempre, cresce. Io chiaramente ho condiviso con lui la parte tennistica, ma lui ha condiviso tantissime cose, siamo cresciuti insieme insomma. E’ il mio orgoglio che lui sia adesso veramente un punto di riferimento non solo come preparatore fisico per Nole, e quindi sono molto legato al team di Nole. Ieri sono stato a pranzo con loro, è stato molto bello, sono molto amico di Goran Ivanisevic anche, dall’altro canto adoro Sinner, quindi è esaltante vedere tutta questa storia. Sono amico da tantissimo tempo, ci ho giocato anche contro, con Darren Cahill. Penso che Simone Vagnozzi sia una persona, ed un coach, eccezionale, molto intelligente e, non scordiamoci, l’artefice del primo grande risultato, la semifinale al Roland Garros, di Cecchinato, nel 2018, battendo Djokovic, con un miglioramento del rovescio di Cecchinato che è il più grosso miglioramento, secondo me, di un colpo nella storia, e quindi Vagnozzi ha meriti enormi, ed è anche molto intelligente. Sinner è stato bravo a crearsi questo team, sicuramente poi sarà assistito al meglio nella parte fisica, e quindi sono un po’ combattuto, però adoro il tennis e gli ultimi mesi hanno fatto vedere che più che il dualismo, al momento, Djokovic-Alcaraz, sinceramente il vero dualismo, non perché italiano, è Djokovic-Sinner, quindi oggi sarà il massimo a livello mondiale da vedere come dualismo, come partita uno contro l’altro, ed è una cosa meravigliosa, infatti starò là come ATP, sono abituato all’ATP, ma devo dire anche grazie alla Federazione italiana, che mi sta trattando molto bene. C’è una bella atmosfera, spero che ci siano delle buone cose per il futuro, anche perché con l’ATP comunque si viaggia a braccetto e Torino è stata una bella scelta, Torino è proprio il centro dell’Europa, non è solo una bella città italiana, ma dell’Europa, una città meravigliosa, molto vicina a Milano, poi va sempre migliorando, quindi tutto molto bene“.
IL VIDEO DELLA PUNTATA COMPLETA DI TENNISMANIA
Foto: LaPresse