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Biathlon, non ci sono solo le stelle di Wierer e Vittozzi. Tanti piccoli astri nel firmamento dell’Italia femminile

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Dorothea Wierer e Lisa Vittozzi sono le due stelle del biathlon femminile italiano. La loro magnitudo è tale da illuminare appieno il firmamento tricolore. Tuttavia, non sono certo le uniche azzurre a poter lasciare il segno nel massimo circuito. Magari non ci saranno altre dive, ma il cast di supporto è ricco di valide interpreti. Chissà, forse un domani qualcuna di loro potrebbe anche assurgere a ruoli da protagonista.

Il terzo violino italiano è indiscutibilmente Samuela Comola, la quale appartiene al paradigma del “brutto anatroccolo tramutatosi in cigno”. All’epoca delle competizioni giovanili era ben poco quotata, ogni attenzione era focalizzata su coetanee o conterranee appena appena più mature ritenute futuri crack della disciplina. Gli eventi hanno invece seguito un corso ben differente. L’oggi venticinquenne valdostana, grazie al duro lavoro, alla forza di volontà e all’abnegazione, ha saputo “bagnare il naso” a tutta la sua generazione.

Certamente il fatto di avere un talento naturale per il tiro l’ha aiutata a emergere, ma nel biathlon bisogna anche sciare e, sotto questo aspetto, è inconfutabile come Comola sia stata in grado di migliorarsi in maniera esponenziale, sino a raggiungere risultati che solo qualche anno fa sarebbero stati considerati, per lei, utopici. Già confermarsi al livello del 2022-23 sarebbe un traguardo significativo, ma a questo punto non si possono più porre limiti alla provvidenza. Samuela ha dimostrato di poter entrare nei quartieri nobili delle classifiche di Coppa del Mondo, soprattutto quando c’è da far valere la precisione.

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Ci sono poi Die drei Grazien, che ci si permette di soprannominare così perché accomunate da tanti fattori. Sostanzialmente coetanee, tutte altoatesine e ognuna di loro dotata di una parentela illustre nell’ambito del biathlon. Fra di esse, Rebecca Passler è la componente del terzetto di cui sopra che ha dimostrato qualcosa in più, peraltro riprendendosi nel 2022-23 dopo una stagione più complicata del previsto. I percorsi di crescita non sono sempre lineari, si sa, dunque è doveroso avere pazienza. C’è spazio e modo per vederla salire ulteriormente di colpi, cominciando magari a raccogliere qualche piazzamento a cifra singola.

Il discorso relativo ai progressi vale anche, con i dovuti distinguo, per le altre componenti delle “Tre grazie”, Hannah Auchentaller e Linda Zingerle. Le due si trovano in stadi differenti di una metamorfosi ancora da compiere, ma entrambe hanno sicuramente la possibilità di passare dallo stato di crisalide a quello di farfalla (come sta facendo Passler). La loro storia è tutta da scrivere e può ancora assumere qualsiasi contorno. Quale, dipende da loro e dalle circostanze.

Dinamiche completamente diverse, invece, riguardano Michela Carrara. Particolarmente chiacchierata a livello giovanile, non è mai stata in grado di incidere in ambito senior, se non per qualche piccola ed estemporanea fiammata. La ragione è la stessa da sempre, ovverosia la cronica imprecisione. Sarebbe però un errore dimenticarsene o trascurarla solo perché di qualche primavera più navigata rispetto a tante altre connazionali. Nel biathlon di oggi, 26 anni non sono certo un’età in cui un’atleta può essere già cestinata. Pregi e difetti del soggetto sono noti, a chi di dovere il compito di valorizzarla il più possibile.

In ambito italiano, non mancano altre donne con l’ambizione di gareggiare in Coppa del Mondo, a cominciare dalle sorelle Beatrice e Martina Trabucchi. Ci sono poi le sorelle Sara e Ilaria Scattolo, Fabiana Carpella e Astrid Plosch, ma qui si entra già in una generazione successiva. Tempo al tempo, il movimento azzurro può permettersi di farle maturare con calma.

Foto: La Presse

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