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Ciclismo, Amadio: “I giovani ci sono, mancano i fenomeni. La camera ipobarica ci metterebbe alla pari”

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Abbiamo raggiunto telefonicamente Roberto Amadio, manager veneto – tecnico di lungo corso, artefice del fenomeno Liquigas e dal 2021 team manager delle squadre nazionali per la Federciclismo: “La Federazione deve salvaguardare la base e tutte le specialità, quindi nel complesso è andata bene. Siamo sempre stati protagonisti e sono contento. Analizzando però nel dettaglio, soprattutto i Mondiali, forse abbiamo raccolto un po’ meno di quello che abbiamo seminato. La medaglia di Milesi è stata significativa, ma potevamo fare sicuramente di più. Da un punto di vista tecnico comunque sono soddisfatto anche in vista del prossimo anno che sarà quello olimpico e quindi importantissimo“.

In questi due anni da team-manager delle Nazionali italiane, cosa è cambiato nella gestione dei giovani e quindi della base?

“Con gli Juniores lo scorso anno, insieme a Dino Salvoldi, ci siamo resi conto di ciò che mancava e già quest’anno abbiamo fatto un calendario più internazionale sia per le corse di un giorno che per quelle a tappe e abbiamo visto un salto di qualità da parte dei nostri atleti. Su pista sono arrivati dei grandissimi risultati sia agli Europei che ai Mondiali e sotto questo punto di vista Dino ha fatto un grande lavoro e un grazie va alle squadre che hanno capito il lavoro che volevamo fare e ai ragazzi per il loro impegno. Stesso discorso per le donne, abbiamo fatto quindi un calendario più internazionale per aiutare anche le squadre e vogliamo investire anche il prossimo anno, selezionando le varie corse. Non è stato capito da tutti, perché in tanti continuano a criticare: non mancano i giovani, ma i fenomeni. I ragazzi buoni li abbiamo e sono anche molto ricercati dalle squadre di sviluppo di altre nazioni”.

Il ciclismo ha un problema comune a tanti sport: cala sempre più il numero di giovani praticanti. Inoltre la sicurezza stradale non aiuta…

“E’ una verità che influisce molto, poi noi abbiamo anche il fattore sicurezza stradale e quindi diventa difficile per un genitore iscrivere i bambini per farli correre su strada. Abbiamo dei numeri in aumento invece per gli altri settori, come il fuoristrada e la bmx. Siamo carenti a livello di strutture, per la pista abbiamo solo Montichiari e speriamo che entro fine anno possa diventare agibile anche per le società, e per la bmx c’è solo a Verona. Abbiamo bisogno inoltre che ci sia una visione dello sport da parte del Governo a 360 gradi, abbiamo bisogno di infrastrutture e non parlo solo per il ciclismo, ma per tutti gli sport. Noi come ciclismo siamo il terzo sport in Italia, dopo il running e il fitness con le palestre. La gente quindi va in bici, ma ci va quando è matura ed è consapevole delle difficoltà che si possono incontrare su strada”.

La situazione è difficile in particolare nel Centro-Sud: è possibile attuare un progetto per portare il ciclismo anche nelle regioni meridionali?

“Anche qui il tema sono le infrastrutture. Ci stiamo dando da fare, ma non è semplice. I risultati però si vedono a lungo termine e la situazione di adesso arriva da una gestione precedente. Ci vorrebbe una visione a lungo termine, ma i mandati sono di quattro anni e quindi si cerca di fare il possibile; con il Presidente Dagnoni sono state fatte tante cose”. 

Alle Olimpiadi di Parigi l’Italia non avrà il contingente pieno con gli uomini, da quattro a tre. La prova in linea su strada sarà sacrificata pensando a cronometro e gare su pista?

“E’ una classifica che si basa sui risultati di tutto l’anno, e il fatto di non aver una formazione World Tour italiana penalizza i nostri ragazzi che spesso in squadre straniere sono sacrificati. Le squadre Professional che abbiamo fanno un buon calendario, ma l’unica grande corsa a tappe è il Giro d’Italia e anche questo penalizza parecchio. E’ chiaro invece che un atleta come Ganna, alle Olimpiadi, sarà concentrato sulla cronometro e sulla pista (e fortunatamente passano parecchi giorni tra i due appuntamenti), ma diventa impossibile partecipare alla prova su strada, anche se per il tipo di percorso potrebbe ben figurare, ma bisogna fare delle scelte. In primis deve essere l’atleta convinto delle proprie scelte e poi noi come Federazione mettiamo i ragazzi nella miglior condizione possibile in vista dell’appuntamento. Da tre a quattro uomini cambia poco, devono essere tutti uomini vincenti e non servirebbe poco sacrificare uno o due ragazzi. Bisognerà capire quali sono i ragazzi più idonei per il tipo di percorso, ma anche come sono abituati a correre. Per la strada sono avvantaggiati gli atleti che arriveranno dal Tour de France, che avranno una condizione migliore rispetto agli altri; salvo imprevisti”. 

Il programma sarà molto fitto alle Olimpiadi: avete già pensato come gestire gli impegni su pista e su strada?

“Sì, abbiamo programmato quasi tutto. Ci siamo confrontati con i tecnici e siamo a buon punto, salvo imprevisti. Le idee sono chiare sia in termini di preparazione e avvicinamento che di logistica. E’ un calendario intenso, ma siamo sul pezzo”. 

Che percorso ci attende a Parigi 2024 per la prova in linea e la cronometro?

“La cronometro non è durissima ed è adatta ai passisti veloci da grandi rapporti. E’ una crono veloce di 32 km, differente invece la prova su strada dove si hanno dei sali e scendi di un paio di km con pendenze che vanno dal 5% al 6,5%, e poi ci sarà uno strappo lastricato (quello di Montmartre) di 1 km e un altro strappo a 6 km dall’arrivo. Nella prova su strada correranno 90 atleti quindi per il numero di corridori e la distanza (273 km, ndr) sarà un’Olimpiade interessante: gli strappi faranno la differenza e si sentiranno nelle gambe”. 

Come si gestiscono quindi gli atleti in un anno così importante?

“E’ fondamentale gestire bene gli appuntamenti delle squadre e della Nazionale, il calendario è ampio e fitto e non sempre è facile avere i migliori atleti presenti nelle manifestazioni importanti soprattutto al top della condizione”.

E invece per quanto riguarda il percorso dei Mondiali 2024?

“E’ un percorso per passisti scalatori, quindi ci vuole gente diversa da quelle delle Olimpiadi”. 

Quali sono i giovani italiani che dobbiamo annotarci in vista del 2024?

“Un corridore come Andrea Bagioli lo vedo bene, così come Giulio Ciccone. Abbiamo un paio di corridori che possono ambire a vestire la maglia azzurra, ma lo deciderà il ct Daniele Bennati anche in base a come andrà l’avvicinamento. Sarà un periodo molto inteso”. 

Un’ultima domanda: in tutti paesi è consentito l’uso della camera ipobarica, fatta eccezione per l’Italia. Qual è il tuo pensiero?

“La camera ipobarica può influire sul mantenimento della condizione atletica ad alto livello. Se fosse permessa anche in Italia, ciò consentirebbe di poter mettere alla pari tutti gli atleti endurance dei vari sport”.

Foto: Federciclismo

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