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Ciclismo, Luca Vergallito si sfoga: “Smentite tante cattiverie gratuite. Da U23 fisicamente non ero pronto”

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Luca Vergallito, corridore classe ’97 dell’Alpecin Development, è approdato in Continental attraverso la Zwift Academy, una sorta di selezione legata a prestazioni sulla nota piattaforma virtuale e altre valutazioni da parte di un pool di tecnici. Attorno a questo tipo di percorso, che si pone come alternativa alla tradizionale trafila giovanile e ha già portato nel World Tour anche Jay Vine, si è infatti polarizzato un dibattito tra sostenitori e detrattori. “Il Bandito” (il suo soprannome) ha vinto quest’anno il Giro dell’Alta Austria, la prima tappa del Provence Tour in Belgio e una tappa al Friuli, ottenendo così la promozione da parte del team belga in prima squadra e quindi al fianco di grandi campioni come un certo Mathieu Van der Poel. Lo abbiamo intervistato per conoscere a fondo questo poliedrico personaggio, che è atleta, coach, divulgatore e studente, e commentare insieme a lui i temi che riguardano il suo tipo di carriera.

Che voto dai alla tua prima stagione tra i professionisti?

“In generale mi darei un sette, sono soddisfatto. C’erano tanti dubbi riguardo questo primo anno perché tornavo alle corse dopo diversi anni e i risultati anni fa non erano niente di che. Si può sempre fare qualcosa in più ma sono contento e spero di continuare così”.

Perché a 26 anni, pur non gareggiando per tanto tempo, sei più forte di quando ne avevi 21 o 22? Cosa c’è di sbagliato nel ciclismo italiano nella gestione dei giovani?

“Senza dubbio c’è anche qualcosa che non c’entra con gli allenamenti ed è la maturazione fisica. Io sono arrivato nel ciclismo tardi e quando ho smesso al secondo anno Under23 non avevo ancora raggiunto il mio potenziale, poi c’è anche la parte dell’allenamento: da Under23 non ero seguito alla perfezione e non ho mai avuto nessuno che mi seguisse al 100%. Aggiungerei anche un discorso legato alla nutrizione e fino a qualche anno fa era un po’ un tabù. Inoltre tra gli Under23 c’erano troppe gare e non avevo quindi la possibilità di allenarmi per un periodo continuativo senza gare o trasferte”.

Cosa significa per te la promozione da parte della Alpecin nel team ufficiale e cosa comporta in vista del 2024?

“Vuol dire che quest’anno ho lavorato bene e anche la squadra è contenta di me e di quello che ho fatto. Hanno grande fiducia e sono molto felice. Ho 26 anni e probabilmente è il momento giusto per fare questo passaggio. Per me è la realizzazione di un sogno. L’anno prossimo farò un calendario di primissimo livello e quindi non mi resta che continuare a lavorare per arrivare il più pronto possibile”.

In gruppo hai trovato sempre massimo rispetto nei tuoi confronti, o magari c’è qualcuno che ti guarda come a dire “ecco quello che viene da Zwift”?

“Quando sei in corsa c’è sempre nervosismo e quindi spesso escono commenti non proprio piacevoli, ma succede anche al giovane che passa tra i professionisti. Comunque mai niente di troppo pesante”. 

A posteriori, sono maggiori i rimpianti di non aver tenuto duro da giovane, quando eri passato U23, o maggiore la soddisfazione per avere avuto una seconda possibilità che forse ritenevi difficile? 

“Chiaramente sono felice di come sia andata, se avessi continuato con gli Under23 non sarei riuscito a raggiungere questo obiettivo. A posteriori posso dire che mi è andata bene”. 

Nel 2024 ti aspetti una stagione al servizio dei capitani oppure potrai ambire a toglierti qualche soddisfazione personale?

“I capitani della squadra sono tutti corridori da Classiche, hanno quindi un calendario e obiettivi diversi dai miei. Nelle corse adatte alle mie caratteristiche se sono in forma – non essendoci un capitano vero e proprio per quella tipologia di corsa – potrò anche giocarmi le mie carte”. 

Cosa hai pensato quando hai vinto l’Oberösterreich Rundfahrt?

“E’ stato un grosso peso che mi sono tolto, dopo essere passato nella Alpecin Develpment dopo aver vinto il concorso Zwift ci sono state tante critiche e aver vinto una gara – anche se di secondo piano – mi ha permesso di dimostrare che le critiche erano cattiverie infondate”. 

Quali sono i tuoi punti deboli e quelli di forza?

“I miei punti deboli sono che non sono veloce ed essendo approdato tardi nel ciclismo non sono molto sgamato, ma ci posso lavorare, invece quelli di forza l’andare bene su percorsi duri, sono un ragazzo determinato e vista la grande possibilità che mi è stata data cercherò sempre di dare il massimo per sfruttarla al meglio”. 

Riesci a conciliare il tuo nuovo lavoro da professionista con il tuo precedente di preparatore atletico?

“Sì, di certo non lavoro più come prima. Ho diminuito il numero di atleti che seguo, ma continuo a portarlo avanti perché riesco a distrarmi e ad occupare la mente diversamente. Mi fa piacere continuare con l’attività di preparatore atletico nonostante sia bello impegnativo soprattutto con le trasferte”. 

C’è un sogno che vorresti realizzare nella tua carriera?

“Il mio obiettivo e sogno è quello di vincere una tappa in un Grande Giro”. 

Foto: Chiara Redaschi

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