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Italia in finale di Billie Jean King Cup dopo 10 anni: tutti i precedenti

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2 e 3 novembre 2013: l’Italia conquistava la sua quarta Fed Cup, com’era nota la competizione a squadre femminile prima del cambio di nome intitolato a Billie Jean King. Ancora non si poteva sapere che quella, per 10 anni, sarebbe stata l’ultima. Oggi la squadra azzurra è riuscita a riprendersi un ruolo antico, in un format diverso e per la prima volta con il campo neutro previsto dalle attuali regole. Tra il 2006 e il 2013, però, di cose ne sono accadute. Andiamo a riviverle.

In principio fu il 2006. Antefatto: già due volte l’Italia era andata vicina alla finale, nel 1999 e nel 2002. Nel primo caso, dopo aver battuto la Spagna, le azzurre trovarono gli USA: 1-1 dopo la prima giornata perché Silvia Farina si superò contro Monica Seles, ma le sorelle Williams il giorno dopo ebbero a cedere quattro game in due. Nel secondo caso, formato simil-Final Four, ma sempre con i tie al meglio delle 5 sfide, il team tricolore arrivò dopo aver battuto la Svezia a Milano e il Belgio (senza Henin e Clijsters) a Bologna. Finali a Gran Canaria e mezzo rimpianto, perché in semifinale l’Italia, dopo l’1-0 di Francesca Schiavone, Husarova e Hantuchova rimontarono e fu 3-1 Slovacchia, che poi vinse tutto.

2006, si diceva. L’Italia, quell’anno, vantava Francesca Schiavone e Flavia Pennetta in maniera praticamente costante nelle prime 20 più una serie di giocatrici sempre pronte a fare lo sgambetto alle big. Ai quarti, però, toccò la Francia a Nantes. Lì si ebbe una vera impresa, perché Amelie Mauresmo era numero 1 del mondo con Australian Open in bacheca e Nathalie Dechy era nei suoi anni migliori. Schiavone, però, sconfisse prima la seconda e poi la prima, in due match mozzafiato (e con Mauresmo annullò anche un match point). Il punto del 3-1 lo siglò Pennetta. Fu Spagna in semifinale: al tempo la sensazione generale era di ostentato ottimismo, ma Anabel Medina Garrigues e Lourdes Dominguez Lino erano ostiche per molti motivi. La prima, peraltro, era giocatrice contro cui Schiavone odiava giocare, e fu lei a siglare l’unico punto iberico a Saragozza. Gli altri tre punti furono azzurri, e con essa la finale. Che si giocò a Charleroi, contro il Belgio: con Justine Henin, ma senza Kim Clijsters. Spazio a Kirsten Flipkens, al tempo semplice promessa e appena entrata nelle 100 (sarebbe diventata numero 13). Henin vinse contro Schiavone e Pennetta, Francesca batté Flipkens. Sotto 2-1, un problema fisico tolse di mezzo Flavia. Entrò Mara Santangelo, al tempo numero 33 del mondo e nel miglior periodo in carriera. Tremò, ma vinse 6-7 6-3 6-0. In doppio Schiavone e Roberta Vinci ci misero un po’ a ingranare, ma sul 3-6 6-2 2-0 Henin, in coppia con Flipkens, gettò la spugna e per l’Italia fu prima vittoria.

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Anche nel 2007 le azzurre riuscirono a giungere all’ultimo atto. La Cina, nei quarti, non era ancora la potenza che sarebbe stata di lì a qualche anno, ma già c’erano delle giovani Shuai Peng e Shuai Zhang. Non bastò nemmeno contro un’Italia senza Schiavone, ma con Tathiana Garbin che bastò e avanzò contro Tiantian Sun e proprio Zhang; l’altro punto fu di Pennetta su Peng. Fu l’anno in cui Castellaneta Marina fu trasformata in una sorta di Casa Azzurri, per tre anni, dalla Federazione: si giocava quasi sempre lì. Fu così anche contro la Francia, in un tie quasi drammatico nel quale Tatiana Golovin batté Garbin, Schiavone sconfisse di nuovo Mauresmo, che poi superò in lotta Santangelo. Francesca arrivò a un niente dalla sconfitta contro Golovin, ma trovò il 7-5 al terzo e, nel doppio con Vinci, superò Severine (Beltrame) Bremond e Dechy: ancora Italia in finale. La trasferta in Russia, però, fu vana: la milanese fu due volte avanti, entrambe in rimonta, nel terzo set con Anna Chakvetadze e Svetlana Kuznetsova, ma nelle due occasioni, nel momento topico, ogni volta un errore grossolano portò la russa del caso alla rimonta. Kuznetsova, peraltro, vinse senza difficoltà con Santangelo, al tempo numero 2 azzurra stante un periodo davvero poco felice di Pennetta e così fu 4-0 Russia.

Servirono due anni per tornare in finale. Il 2009 ripropose la Francia, a Orleans: battaglie durissime, e non solo con la racchetta, con cui Pennetta e Schiavone batterono rispettivamente Mauresmo e Alizé Cornet, poi Flavia superò quella che poteva essere (ma non fu) la nuova stella del tennis francese. Sara Errani, già protagonista della salvezza nel 2008 contro l’Ucraina, contribuì da sola e con Vinci (partì da lì la storia del doppio-epopea) al 5-0. Di nuovo Russia in semifinale, ancora a Castellaneta Marina. Pennetta e Schiavone vinsero con brillantezza su Chakvetadze e Kuznetsova, poi Svetlana, prossima a vincere il Roland Garros, travolse la pugliese. Toccò alla milanese battere una giovane Anastasia Pavlyuchenkova in tre set per un 3-1 poi diventato 4-1 con il doppio. L’ultimo atto si giocò in una Reggio Calabria novembrina, outdoor e non proprio con il caldo. Le Williams, come spesso in carriera, non arrivarono e fu facile contro Alexa Glatch e Melanie Oudin (che, comunque, aveva dato ottimi segnali agli US Open): 3-0 diventato 4-0 con la vera impresa della settimana, Errani/Vinci vittoriose su Liezel Huber e Vania King, che erano parte del meglio che si potesse trovare in doppio.

Nel 2010, invece, si partì da una trasferta piuttosto complicata a Kharkiv, in Ucraina. C’erano le sorelle Bondarenko: Alona batté subito Schiavone, Pennetta sconfisse Kateryna. Il giorno dopo, a singolari invertiti, Flavia dovette faticare non poco in due set, mentre fu un 2-6 6-1 6-1 quello col quale Francesca s’impose. Fu semifinale: per l’ITF era il caso di andare in una città maggiore, senza deroghe, e così l’Italia per la prima volta giocò in Fed Cup al Foro Italico di Roma, sul campo già intitolato a Nicola Pietrangeli, che aveva appena smesso le funzioni di centrale temporaneo con la costruzione di quello nuovo in sostituzione dello “stadio dei crampi”. Lucie Hradecka, Lucie Safarova e Petra Kvitova erano tutte ancora, chi più chi meno, in crescita: il 5-0 delle azzurre si spiega anche così, e al di là dei due ottimi match di Pennetta, quello più impressionante lo fece Schiavone che lasciò due game a Safarova. La finale si giocò di nuovo in trasferta, a San Diego. Di nuovo niente Williams, Schiavone battè Coco Vandeweghe, Pennetta fece lo stesso con Bethanie Mattek-Sands. Colpo di teatro a inizio seconda giornata: a Francesca, ormai top ten stabile dopo il Roland Garros vinto, fu riservata Melanie Oudin, che si prese la rivincita dell’anno precedente. Toccò a Flavia lasciare tre giochi a Vandeweghe e chiudere il discorso sul 3-1.

Dopo due anni e altrettante eliminazioni in semifinale per mano di Russia prima (con l’Italia priva di Pennetta e Schiavone per ragioni differenti, per la seconda leggasi “difesa del titolo al Roland Garros” cui andò vicinissima) e Repubblica Ceca poi, l’Italia riprese il volo nel 2013. Stavolta le protagoniste erano diventate Sara Errani e Roberta Vinci, che avevano ribaltato la gerarchia delle azzurre. Un weekend di febbraio durissimo al 105 Stadium di Rimini vide Varvara Lepchenko, in stato di grazia, portare da sola sul 2-1 gli USA, solo che sia Errani che Vinci batterono Jamie Hampton. Poi, in doppio, c’era sempre Huber, ma Lepchenko era il palese anello debole. Giochi fatti, 3-2. Due mesi dopo, a Palermo (aria di casa per Vinci e il suo coach Francesco Cinà), ancora Repubblica Ceca. Errani in gran forma, 6-4 6-2 su Safarova, ma la partita da meraviglia in quel frangente fu di Roberta che tramortì Kvitova per 6-4 6-1. Il giorno dopo Sara sembrava avviata a simile destino, ma bastò un attimo a cambiare tutto: 2-6 6-2 6-0, quarto match, domenica di fuoco. Anzi no: pioggia, si giocò lunedì. Il 6-3 6-7(2) 6-3 che la tarantina recapitò a Safarova significò finale. Lungo fu il dibattito su dove giocare con la Russia: si risolse tutto in Cagliari, luogo d’origine del numero 1 FIT Angelo Binaghi. Un po’ il luogo, un po’ grosse guerre intestine in casa Russia, portarono al fatto che in Sardegna andò una specie di terza squadra: Alexandra Panova, Margarita Gasparyan (oggi Betova), Irina Khromacheva e Alisa Kleybanova, nel frattempo ristabilitasi dal linfoma di Hodgkin che ne aveva interrotto una carriera da 20 del mondo. Il primo match ebbe senso relativo, con quattro match point annullati da Vinci a Panova: 5-7 7-5 8-6. Il resto fu facile, con Errani che demolì sia Khromacheva che Kleybanova 6-1 6-4 e 6-1 6-1: completarono il tutto Pennetta e Karin Knapp in doppio per il 4-0.

Sono passati 10 anni e, nel frattempo, il World Group I non c’è più, sostituito da ben altra formula. L’Italia torna in finale con protagoniste del tutto diverse rispetto ad allora, ma la memoria degli anni ruggenti è sempre lì. Magari la si rinverdirà, o forse no: certo è che, 10 anni dopo, si torna ad assaporare qualcosa di molto alto.

Foto: LaPresse

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