Editoriali

L’impresa di Sinner come Jacobs e Roberta Vinci. Il supereroe che ha annichilito Djokovic

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Jannik Sinner Coppa Davis / LivePhotoSport

Jannik Sinner ha realizzato oggi una delle imprese più colossali e memorabili della storia dello sport italiano. Battere per due volte il n.1 al mondo Novak Djokovic, tra singolare e doppio, in meno di due ore, equivale all’oro di Marcell Jacobs nei 100 metri alle Olimpiadi o, per rimanere in ambito tennistico, al successo di Roberta Vinci nella semifinale degli US Open 2015 contro Serena Williams, anche in quel caso una n.1 del ranking che vide andare in frantumi il sogno di realizzare il Grande Slam.

Il classe 2001, a dispetto della giovanissima età, si è già issato nella cerchia ristretta dei supereroi capaci di plasmare il destino e concretizzare l’utopia. È un modello splendido per i giovani, come oggi ha spiegato anche Lorenzo Sonego: “Il suo atteggiamento andrebbe insegnato alle persone. Io imparo tanto da lui“. Un vero esempio di lealtà e sportività: alle ATP Finals di Torino avrebbe potuto eliminare Djokovic nella fase a gironi se avesse perso contro il danese Holger Rune, tuttavia siamo sicuri al 100% che il pensiero non lo abbia neppure sfiorato. No, Sinner non entrerebbe mai in campo per perdere. Non lo farà mai, perché ripudia la sconfitta ed ogni volta cerca di superare i propri limiti pur di evitarla.

Non nascondiamo che eravamo stati critici nei suoi confronti a settembre quando aveva rinunciato alla Coppa Davis. A posteriori si è rivelata una scelta corretta, perché la pausa post US Open gli ha consentito di effettuare un richiamo di preparazione che è risultato poi decisivo per vivere un finale di stagione entusiasmante e che lo ha portato sino al n.4 del ranking mondiale. Tuttavia non possiamo dimenticare come l’Italia, a Bologna, fu ad un passo dal baratro dopo la sconfitta per 3-0 contro il Canada: ricordate che, nonostante il 3-0 sul Cile, gli azzurri non erano più padroni del proprio destino? Fortunatamente andò bene, ma anche in quella circostanza emersero i limiti di una Nazionale che non può fare a meno di Sinner. Non è un caso che anche a Malaga tutti i punti siano arrivati sempre con l’altoatesino in campo, mentre nei primi singolari sono maturate solo sconfitte, prima con Matteo Arnaldi e poi con Lorenzo Musetti. Non dimentichiamoci che influisce, e non poco, anche l’assenza di Matteo Berrettini, da tempo infortunato, ma comunque presente in Spagna con il resto del gruppo: una grande dimostrazione di attaccamento alla maglia.

Come scrivevamo qualche mese fa, la Coppa Davis può rappresentare un trampolino di lancio anche per i trofei dello Slam. Circa un decennio fa, Francesca Schiavone e Flavia Pennetta prima iniziarono a collezionare successi in Fed Cup, poi in seguito di aggiudicarono rispettivamente Roland Garros e US Open. Vincere con la squadra, in uno sport comunque individuale come il tennis, può infondere una notevole carica di fiducia supplementare. Lo stesso Djokovic ha ammesso che “dopo la Coppa Davis vinta nel 2010, nel 2011 vissi forse la mia miglior stagione, perché quel successo con la squadra mi diede una carica incredibile“. Se a Torino era scoppiata veemente la Sinner-mania, ora la ‘grande insalatiera’ potrebbe definitivamente proiettare l’azzurro alla stregua di un Alberto Tomba o un Valentino Rossi. Di sicuro la Coppa Davis, comunque vada, può fungere da ulteriore spartiacque della carriera. Quando batti Djokovic per due volte tra singolare e doppio, annullandogli anche tre match-point da 0-40 e, di fatto, annichilendolo dal punto di vista mentale, allora significa che hai davvero qualcosa di speciale e non esiste più alcun argine per colui che insegue l’infinito.

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