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Sci di fondo, l’Italia maschile ha a disposizione un Tridente. Saprà infilzare risultati di peso?

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Federico Pellegrino, Francesco De Fabiani

L’Italia dello sci di fondo maschile “ricomincia da tre”, come avrebbe insegnato Massimo Troisi. Si tratta già di una bella novità rispetto al recente passato, quando tutte le speranze di ben figurare erano riposte in due uomini, Federico Pellegrino e Francesco De Fabiani. A loro, sempre sulla cresta dell’onda, si è però aggiunto Simone Mocellini.

Il venticinquenne trentino rappresenta la rivelazione azzurra del 2022-23, stagione durante la quale è improvvisamente assurto agli onori delle cronache grazie all’abbagliante fulmine a ciel sereno rappresentato dal podio nelle sprint a tecnica classica di Beitostølen, poi replicato in Val di Fiemme nel medesimo format. L’impressione è che si sia trattato di “azioni dimostrative” di un potenziale ancora da sviluppare appieno.

Ciò che colpisce è il suo fisico da corazziere, con tutti gli annessi e i connessi del caso. Un’arma in più in determinati contesti, un tallone d’Achille in altri. Come detto, il ragazzo ha testimoniato di poter rappresentare un fattore nel massimo circuito, dinamica che dopo l’emersione di Pellegrino e De Fabiani (avvenuta ormai un decennio fa), non ha più riguardato alcun italiano. Solo per questo, Mocellini merita credito. Ai tecnici che lo seguono il compito di far maturare un atleta ancora acerbo, la cui dimensione è tutta da scoprire. A oggi è impossibile prevedere se potrà diventare una presenza fissa nelle posizioni di vertice, oppure se sarà uomo da alti e bassi. Dipende da troppi fattori e, ora come ora, ogni ipotesi vale il suo contrario. Peraltro l’inizio non sarà semplice, Simone dovrà saltare la prima parte di stagione a causa di un intervento chirurgico a una mano e il suo inverno comincerà in ritardo.

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“Presenza fissa nelle posizioni di vertice” è stato, e sarà ancora, Pellegrino. Il veterano valdostano, senza dubbio uno dei fondisti più avvantaggiati dalla rivoluzione regolamentare in termini di format di gara (prove contro il cronometro ridotte del 33% e moltiplicazione delle gare distance in linea), ha sfruttato magnificamente l’occasione propizia, peraltro elevata al cubo dall’esclusione sine die dei russi.

Al di là della direzione presa della disciplina, va rimarcato come Chicco sia sempre nel gotha del settore sprint, dinamica non banale alla veneranda “Età di Cristo”. La classe non è acqua e nello sci di fondo contemporaneo c’è spazio per essere protagonisti anche ben oltre i trenta. Il coetaneo Pål Golberg, a sua volta reduce dal miglior inverno di sempre, lo dimostra. Non ci sono pertanto ragioni di dubitare che il valdostano possa garantire un rendimento in linea con quello mantenuto nell’ultimo decennio.

“Uomo da alti e bassi” è sempre stato De Fabiani, il cui profilo appare ormai conclamato. In determinati contesti e tipologie di competizioni, può essere competitivo per salire sul podio, viceversa si deve accontentare di competere per i piazzamenti. Trovarlo costantemente nei quartieri nobili delle classifiche rappresenterebbe una gradita sorpresa. Improbabile, ma non impossibile. D’altronde ha 30 anni e non si è forse appena scritto che Pellegrino e Golberg hanno vissuto il loro miglior inverno in età ancor più avanzata?

Il resto del movimento azzurro fornisce sempre gli stessi spunti. Si vedrà se qualcuno tra chi ha saputo ottenere risultati di peso a livello juniores (Davide Graz, Elia Barp) sarà in grado di fare altrettanto anche quando più conta; si valuterà se una serie di relativamente giovani in cerca di affermazione (Simone Daprà e Paolo Ventura su tutti) riuscirà a trovarla; si constaterà se qualche veterano di lungo corso (Dietmar Nöckler) vivrà la proverbiale seconda giovinezza, oppure se esploderà tardivamente (Giandomenico Salvadori). Insomma, dietro alle tre punte, si cerca ancora “qualcosa di nuovo sul fronte occidentale”.

Foto: Fisi-Pentaphoto

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