Calcio a 5
Calcio a 5, Italia fuori dai Mondiali per due volte di fila: il fallimento di un movimento
L’amaro gusto del già visto e sentito. Al PalaCattani di Faenza un’altra serata triste per il futsal italiano. Dopo la mancata qualificazione alla fase finale dei Mondiali 2021 in Lituania, la replica per la rassegna iridata in Uzbekistan dell’anno venturo. Un epilogo frutto di un percorso nell’Elite Round in cui si sono evidenziate delle criticità non certo sconosciute agli addetti ai lavori. Il ko netto (4-0) contro la Spagna ha fatto calare il sipario.
La qualità dei singoli non è eccelsa e l’impianto di gioco creato da Max Bellarte non sono stati tale da superare lo scoglio di un girone con la Roja, Slovenia e Repubblica Ceca. Nella rosa nostrana c’è la mancanza di un giocatore di peso che sappia essere un riferimento dal punto di vista fisico e anche carismatico. La riforma voluta dalla Divisione Calcio a 5, volta incentivare l’impiego di italiani e a porre un freno al numero degli stranieri, fatica ad attecchire.
Probabilmente si dovrebbe guardare con attenzione in primis a una riorganizzazione strutturale, in modo da coinvolgere le nuove generazioni attraverso un impegno vero e non solo attraverso norme che si basano sulla nazionalità, senza però curare altri aspetti molto importanti. Ne aveva parlato ai nostri microfoni un paio di stagioni fa l’attuale tecnico del Napoli Futsal, Fulvio Colini.
“In Italia si fa il passo del gambero per scelte di format, strutture inadeguate, estinzione delle principali squadre della nostra tradizione e allenatori esonerati alla quarta giornata non più pagati. In buona sostanza, non c’è un’organizzazione che autorizzi un pensiero positivo circa lo sviluppo della nostra disciplina a livello di crescita proprio per tutta questa serie di criticità“, la riflessione del tecnico.
In questo ore proprio il nome del tecnico, ex Italservice Pesaro, è stato fatto per dare un segnale di discontinuità e magari dare il via a un nuovo inizio. Tuttavia, non sembrano esserci i presupposti e soprattutto il contesto non pare favorire ciò. L’Italia è squadra ormai di seconda/terza fascia e le difficoltà dei club a livello europeo sono un ulteriore dato, considerando un campionato che non spicca rispetto a quelli del Vecchio Continente.
Si potrebbe tornare a un uso più importante degli oriundi, che in passato aveva regalato successi internazionali, ma è anche da capire fino a che punto la realtà italiana possa essere appetibile per giocatori che possano decidere di vestire la maglia italiana in circostanze così particolari. La sensazione è che si debba partire da molto lontano, ma per fare ciò sono necessarie idee e risorse e si fatica a intravedere entrambe.
Foto: Comunicato Divisione Calcio a 5