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Ciclismo, Daniele Bennati: “Serve tempo per aprire un ciclo. Italia squadra con dei valori, nel 2024 rosa allargata”

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Abbiamo raggiunto telefonicamente il commissario tecnico della Nazionale Italiana Daniele Bennati, per stilare un bilancio di questa sua seconda stagione come ct e rivolgere uno sguardo verso la prossima che sarà anche quella Olimpica e dove l’Italia nella prova su strada maschile potrà schierare tre punte a Parigi 2024: “Non si smette mai di imparare, cerco sempre di commettere meno errori possibili ma bisogna sempre cercare di migliorarsi. Questi due anni sono stati importanti e il prossimo, con anche le Olimpiadi, sarà quello più impegnativo ma lo affronterò con serenità e sicurezza“.

Lo sport italiano sta vivendo un’epoca d’oro. Cosa manca oggi al ciclismo per trovare possibili talenti sulla scia della scuola tennis? 

“Sono cicli delle varie discipline dello sport. Adesso stiamo vivendo questo magnifico momento con il tennis grazie a Sinner e ad altri suoi colleghi che stanno facendo bene, ma anche questo sport ci ha messo 47 anni per tornare a vincere. Il tennis è uno sport individuale, fatta eccezione per la Coppa Davis che è stato uno risultato di squadra. Anche il ciclismo è uno sport individuale, ma si basa sempre su delle squadre e quindi team importanti. In Italia oramai da troppi anni nessuna grande azienda investe sul ciclismo nonostante il nostro Paese abbia una grande tradizione ciclistica”.

Avrai solo 3 posti per le Olimpiadi e non si potranno utilizzare le radioline: possiamo dire che Trentin e Bettiol sono sin da ora due principali papabili? Un velocista come Dainese potrebbe fare comodo?

“Ad oggi nessuno è papabile, non voglio far nessun nome al momento. Mi auguro che i ragazzi possano mettermi in difficoltà grazie ai risultati e quindi nessuno ad oggi ha il posto assicurato. Avrò una rosa di una decina di atleti per le Olimpiadi, ma mi piacerebbe vederli lottare soprattutto nelle Classiche Monumento e poi al Giro e al Tour, e questo discorso vale anche per i Mondiali”. 

Pensi che un italiano possa riuscire a vincere una Classica Monumento nel 2024? 

“Sarebbe già molto importante se saremo vicini a giocarci la vittoria. Sarebbe bello continuare con la striscia positiva di Bagioli. Il Giro di Lombardia è stato un grande risultato che sarà di buon auspicio per i prossimi anni”. 

Nel 2023 nessuno attribuiva speranze all’Italia, eppure Bettiol ci ha fatto sognare a lungo il Mondiale: stai creando uno spirito di squadra… 

“E’ da sempre stata la mia filosofia da quando sono diventato ct della Nazionale. Colbrelli veniva da una stagione stratosferica e con la recente vittoria alla Parigi-Roubaix ed io avevo in mente di creare una squadra intorno a Sonny e Moscon che sarebbero state due pedine fondamentali su cui poter fare affidamento, ma questo non vuole essere un alibi. Quello che io ho sempre detto ai miei ragazzi è quello di essere sempre una squadra vera con un grande attaccamento alla Maglia Azzurra”. 

Sarà un 2024 davvero impegnativo tra Europei, Mondiali e Olimpiadi: servirà giocoforza una rosa allargata e con interpreti diversi… 

“Sì, tra Europeo e Mondiali saranno due squadre diverse anche perché il primo sarà meno impegnativo rispetto alla rassegna iridata. Non ci sarà poi molto tempo tra le due corse, ma solo due settimane. Il percorso delle Olimpiadi invece è per uomini da Classiche e dal mio punto di vista sarà importante andare al Tour de France per avere la giusta condizione in vista dei Giochi di Parigi, ma chiaramente non tutti l’avranno in programma. Io posso anche parlare con i corridori e dare dei consigli, ma poi saranno le squadre a fare i loro programmi anche in base ai loro interessi”. 

Pensi che il prossimo anno potrebbe emergere un giovane italiano competitivo per le corse a tappe?

“Un corridore di cui si sta parlando molto bene è Giulio Pellizzari che è passato dagli Juniores ai professionisti con la Bardiani ed è già cercato da molte formazioni World Tour. Al momento però è giusto non mettergli pressione e deve crescere pian piano come ha fatto Vincenzo Nibali”.

Volandri è stato un buon tennista, ma è da ct che ha trovato la consacrazione della carriera con la vittoria della Coppa Davis e tanto lavoro alle spalle. Sogni di emularlo?

“Chiaramente il sogno di qualsiasi tecnico è quello di portare a casa il Campionato del Mondo o una medaglia olimpica, ma non voglio paragonarmi a tecnici di altre specialità, perché il ciclismo è tanto diverso rispetto a uno sport come il tennis per esempio. Ognuno cerca di adottare la propria strategia e professionalità, il tecnico è importante ma è altrettanto importante avere atleti di livello che possano competere con i migliori al mondo. Il ciclismo non ha passato degli anni semplici, ma nel complesso non ha attraversato un periodo troppo complicato. Un po’ di preoccupazione c’è chiaramente, agli Europei quest’anno avevano la macchina numero otto, e quindi essere gli ottavi in Europa è un dato che oggi ci deve far riflettere. Se la posizione della nostra Italia oggi è questa non è una mia responsabilità, ma ognuno di noi deve farsi un esame di coscienza”. 

Hai la sensazione di stare seminando qualcosa, per poi raccogliere i frutti nei prossimi anni. Ti piacerebbe rimanere ct a lungo, oltre la scadenza?

“Eredito da quello che è stato seminato negli anni precedenti a livello giovanile. Sono il ct della Nazionale ma sia attualmente, che in precedenza non ho avuto la possibilità di gestire tutto quello che arriva dalle categorie giovanili e quindi mi trovo a gestire quello che ho oggi, usando la mia esperienza. Spero di seminare qualcosa di importante per poter vedere qualcosa di bello tra i professionisti. Non credo che in un paio di anni si possa aprire un ciclo e portarlo a termine, ma chiaramente ci sono tante dinamiche e aspetti che dovrò valutare a fine 2024, ma è ovvio che l’obiettivo è quello di portare a termine questo nuovo ciclo e portarlo quindi avanti nel tempo”.

Foto: Lapresse

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