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Australian Open, Carlos Alcaraz è parso spaesato senza i consigli di Ferrero

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Carlos Alcaraz

Si sarebbe potuto verificare quanto capita di raro: le prime quattro teste di serie in semifinale Slam. E già agli Australian Open. A spezzare il circolo ci ha pensato Alexander Zverev, dal momento che sarà il tedesco a doversela vedere con il russo Daniil Medvedev (a sua volta ritrovatosi a grandissimo rischio contro Hubert Hurkacz: il polacco ha ceduto solo al quinto set), e non Carlos Alcaraz.

Per il murciano termina sulla Rod Laver Arena il tentativo di riprendersi il numero 1 del ranking mondiale, ora al 100% nelle mani di Novak Djokovic almeno fino a ben oltre l’accoppiata dei Masters 1000 americani, dato che l’impossibilità, nella primavera 2023, di entrare negli Stati Uniti glieli fece saltare entrambi.

Tra le cose più notate in questi giorni del team del campione di Wimbledon in carica ce n’è una: l’assenza di Juan Carlos Ferrero nell’angolo. L’uomo che nel 2003 vinse il Roland Garros, e poi poté vivere anche qualche settimana da numero 1 del ranking ATP, è infatti lontano da Melbourne a causa di un intervento al ginocchio sinistro, effettuato in artroscopia nello scorso dicembre.

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Ai più è ben nota una tendenza di Alcaraz: affidarsi moltissimo ai consigli di Ferrero per riuscire a venire a capo di alcune situazioni in campo. Certo, è noto che ormai, con il coaching praticamente sdoganato, in molti hanno l’abitudine di guardare il proprio angolo per qualsivoglia ragione, ma la simbiosi Alcaraz-Ferrero è praticamente iconica, fortissima nella misura in cui l’uno ha fiducia totale nell’altro. Forse anche troppa, se è vero che, in quest’occasione, al primo vero big incontrato, nei primi due set il murciano si è trovato praticamente senza armi contro Zverev.

E, si badi bene, si è trattato di una versione di Zverev di altissimo livello, che fino al 6-1 6-3 5-2 ha semplicemente dominato la scena come raramente capita. Era già pronta la statistica: solo tre volte il numero 1 o 2 del seeding, in Era Open, negli Slam, ha vinto 7 o meno giochi in una partita persa. E tale numero è rimasto lì, fermo, perché una vera prova d’orgoglio e un momento di improvvisa comparsa del tennis che gli si conosce ha portato Alcaraz a superare, temporaneamente, gli ostacoli fino a quel momento capitati davanti a lui.

In quei frangenti di grande difficoltà, e al di là dei game finali nei quali è arrivato il break decisivo del tedesco, si è presentato agli occhi del pubblico un Alcaraz totalmente spaesato, privo di idee su come arginare la potenza di Zverev. Che, dal canto suo, è riuscito molto spesso a proporre palle scomode, mai uguali, al suo avversario. Una tattica molto difficile da portare avanti per tutto il match, ma lui è uno dei pochi a potersela permettere allo stato attuale delle cose.

Sarà senz’altro questo uno dei temi portanti del prossimo futuro di Alcaraz, che fino a questa uscita di scena era stato peraltro l’uomo con meno tempo speso in campo: 8 ore e 42 minuti, appena 60 secondi (all’incirca) in meno di Jannik Sinner. Le semifinali, a questo punto, si allineano su due fronti: da una parte quella attesa un po’ da tutti anche per i precedenti recenti, dall’altra un duello ormai classico che, però, è molto a tendenza Medvedev da parecchio tempo.

Foto: LaPresse

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