Formula 1

F1, per Hamilton e Sainz “effetto-Cortés” o demotivazione imperante? Opportunità e rischi di un 2024 da ‘separati in casa’

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Il sensazionale annuncio del trasferimento di Lewis Hamilton alla Ferrari a partire dal 2025 comporta una dinamica non semplice da gestire. Il britannico e la Mercedes sono consci di dividere i propri destini a fine stagione, così come Carlos Sainz e la Scuderia di Maranello. Dunque, sia il trentanovenne inglese che il ventinovenne spagnolo vivranno un’annata da “separati in casa”.

Gareggiare sapendo di dire addio alla struttura in cui si è inseriti non è certo l’ideale. Perché prima o poi, il compagno di squadra verrà privilegiato nel trattamento interno, soprattutto in termini di accesso alle informazioni relative all’evoluzione della monoposto. Eventualmente, però, anche sul piano pragmatico, legato all’approccio alle gare. Dopotutto, nell’ottica del team, non è il massimo ottenere i risultati migliori con chi sta per levare le tende.

In passato è capitato raramente di vivere situazioni analoghe, ovverosia di piloti che hanno cominciato la stagione ben sapendo di avere per le mani un contratto già firmato con un’altra squadra per l’annata successiva. Si deve tornare indietro di un paio di decenni, ai casi di Juan Pablo-Montoya e di Fernando Alonso. Andiamo a ripercorrere cosa accadde e quali furono gli esiti dei Mondiali da “separati in casa”.

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A dicembre 2003, la McLaren sorprese tutti nelle tempistiche, annunciando l’ingaggio di Montoya per il 2005. Fu un vero e proprio “colpaccio”, perché il colombiano, all’epoca in Williams, era reduce da una sfida per l’Iride persa sul filo di lana con Michael Schumacher e Kimi Räikkönen (destinato a diventare suo futuro compagno di squadra). Il sudamericano cominciò dunque il 2004 ben sapendo che nel giro di qualche mese si sarebbe trasferito da Grove a Woking.

Non andò benissimo. Quell’anno la Williams mandò in pista la FW26, il famigerato “Tricheco”, vettura dal design ardito che non si dimostrò all’altezza delle aspettative. Capito l’andazzo, ovvero che il Mondiale sarebbe stato fuori portata, Juancho “tirò i remi in barca”, accontentandosi di qualche lampo estemporaneo. Al contempo, l’annuncio del matrimonio fra il pilota di Bogotà e la struttura diretta da Ron Dennis, demotivò completamente David Coulthard, conscio di essere ormai “in uscita”. Lo scozzese recitò un ruolo da comparsa per tutto l’anno.

La McLaren ripeté l’operazione sul finire del 2005, comunicando con grande anticipo l’arrivo di Alonso per il 2007. Lo spagnolo non risentì affatto dell’accaduto, poiché nel 2006 si laureò Campione del Mondo con la Renault. L’iberico godeva però dello status di numero uno indiscusso in seno alla squadra, conscia che perso il proprio gioiello, sarebbe stato ben difficile restare al vertice. L’annuncio precoce generò, pertanto, “L’effetto-Cortès” (il conquistador che affondò le navi con cui era giunto nello Yucatan per motivare il suo esercito a combattere, mettendo spalle al muro i suoi soldati) nell’ambito della Régie.

Viceversa, il sicuro arrivo di Alonso si rivelò un boomerang interno alla McLaren. Proprio Montoya si sentì messo in disparte ed entrò in conflitto con il team, tanto da venire appiedato nel bel mezzo della stagione! Räikkönen accettò flemmaticamente l’accaduto, ma piuttosto di restare in una struttura che, evidentemente, non credeva più così tanto in lui, decise di passare alla concorrenza, accettando le avances della Ferrari.

Cosa accadrà a Hamilton e Sainz? Quali connotati assumerà il loro 2024? Lo scopriremo nei prossimi mesi. Sicuramente si tratta di due separazioni ben differenti. Una pone fine al binomio più vincente nella storia della F1 (82 vittorie e 6 Mondiali), l’altra riguarda una partnership fatta di alti e bassi, senza però essersi mai accesa in maniera brillante e continuativa.

Foto: LaPresse

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