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Biathlon, l’incognita ambientale sul finale di stagione. Il gelo nordamericano influirà sulla corsa alla Sfera di cristallo?

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Lisa Vittozzi / LaPresse
Vittozzi / LaPresse

La Coppa del Mondo di biathlon è prossima a concludersi. A differenza delle abitudini, il finale della stagione non si terrà sui palcoscenici canonici, bensì in teatri anomali. Difatti il calendario 2023-24 prevede un epilogo con due tappe in Nord America. La prima, di scena questa settimana, a Soldier Hollow (Utah). Dopodiché ci si trasferirà nella più settentrionale Canmore (Alberta).

Il massimo circuito approda raramente oltreoceano. Lo testimonia il fatto che non si gareggiasse tra Stati Uniti e Canada dal febbraio 2019. La dinamica fa sorgere una coppia di incognite in grado di spostare gli equilibri più di quanto accada solitamente. Entrambe sono legate al contesto ambientale in cui gli atleti e le atlete andranno a confrontarsi.

Sappiamo bene come in questi siti il freddo sia spesso intenso, ben più di quanto non lo sia in Europa, eccezion fatta per alcuni contesti nordici. Peraltro, le Montagne Rocciose sono famose per proporre una neve dal cristallo diverso rispetto a quello a cui si è abituati nel Vecchio Continente. Dunque, i valori di competitività sugli sci potrebbero cambiare in maniera marcata, come talvolta capitava quando ancora si poteva andare in Siberia.

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In virtù del famigerato “bando dei prodotti fluorati”, gli skimen dovranno preparare i materiali per la neve nordamericana senza poter utilizzare le scioline usate sino allo scorso anno. Sarà una ‘prima volta assoluta‘ per tutti, il che aggiunge ulteriore incertezza.

Come se non bastasse, c’è il rischio di dover fronteggiare cancellazioni a causa del gelo esagerato. Vale la pena di ricordare come, allo scopo di preservare la salute degli atleti, non si possa gareggiare se la temperatura scende al di sotto dei -20°C. Inoltre, già dai -15°C bisogna tenere in considerazione l’incidenza del vento.

Non a caso, nel 2019 il programma della tappa di Canmore fu stravolto e ridotto dalla morsa del freddo. Anche l’Ibu Cup, quando si è presentata in Canada lo scorso anno, è stata obbligata a incassare ripetuti rinvii. Anzi, è sufficiente guardare a quanto accaduto negli ultimi giorni a Oslo, dove i problemi sono stati di altra matrice (nebbia e vento).

Alla natura non si comanda, ma l’umano raziocinio dovrebbe sapersi adattare agli imprevisti. Al riguardo l’augurio è quello di non avere alcun genere di magagna legata al gelo. Se, tuttavia, questa dovesse presentarsi, allora si faccia in modo di ammortizzare lo scompenso, privilegiando le gare individuali a discapito delle staffette o, eventualmente, ritoccando l’ordine delle competizioni per favorire l’ambito dove la lotta per la classifica generale è più accesa.

Restano da disputare due sprint, due inseguimenti e una mass start in ogni sesso. La speranza è di vederle tutte e dieci. Il peggio del peggio sarebbe assistere a una Sfera di cristallo assegnata ex abrupto a causa della fine anticipata di una stagione sin qui elettrizzante in ambedue i settori. Chiudere troncando qualche prova sarebbe un’autentica iattura.

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