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MotoGP e Superbike, il calendario lascia perplessi. Dorna vuole davvero valorizzare la SBK o la sta anestetizzando?

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Nicolò Bulega
Bulega / Pirelli

Siamo reduci da un fine settimana privo di appuntamenti di primo livello nel motociclismo su pista. Sia il Motomondiale che il Mondiale Superbike hanno osservato un weekend di riposo. Fino a qui nulla di strano. Siamo a fine inverno, la stagione è ancora agli albori. Cionondimeno, colpisce il fatto che dal 22 al 24 marzo le due categorie siano impegnate sostanzialmente in contemporanea nella penisola iberica.

La MotoGP e le classi formative si cimenteranno a Portimao, nel Gran Premio del Portogallo. Le derivate di serie saranno invece di scena al Montmelò, dove si disputerà la tappa catalana. Francamente, la situazione lascia interdetti. Possibile che il calendario non potesse essere strutturato in maniera diversa, soprattutto considerando come il fine settimana del 29-31 marzo sia nuovamente “bianco” per entrambi gli ambiti?

D’accordo, bisogna sempre tenere in considerazione le esigenze degli autodromi, ognuno dei quali da’ la propria disponibilità a seconda dei propri programmi. Però la riflessione è d’obbligo, soprattutto in un periodo storico in cui fra gli appassionati delle due ruote si discute del declino accusato dalla Superbike nel XXI secolo, sia in termini di popolarità, che di qualità del campo partenti. L’asino casca su una dinamica ben precisa: l’organizzazione dei campionati è comune.

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È Dorna a tirare le fila sia della MotoGP che della WorldSBK. Un tempo le due sfere erano in concorrenza diretta, ma da un decennio abbondante, la società spagnola fondata da Carmelo Ezpelata a fine anni ’80 ha assunto il controllo delle derivate di serie. Anestetizzata dalla pax iberica, la Superbike ha finito per essere eclissata dal Motomondiale, senza più uscire dal cono d’ombra dei prototipi.

Su 12 weekend, la SBK ne condivide la metà con la MotoGP, sovente senza neppure beneficiare dell’agio dato da fusi orari differenti. D’altronde, eccezion fatta per il round iniziale di Phillip Island, le derivate di serie corrono sempre in Europa. Altro segno della decadenza rispetto al passato, quando si gareggiava anche in America e in Giappone. Viceversa, il Motomondiale è sempre più globale.

Non si sta puntando il dito contro Dorna, sia chiaro. Semplicemente si vuole sollevare un tema di discussione. Davvero si sta facendo tutto il possibile per valorizzare la Superbike? Vero che in un’economia di libero mercato il valore di un prodotto è determinato dalla legge della domanda e dell’offerta. Se la prima è scarsa, allora c’è poco da fare.

Però, al contempo, il libero mercato presuppone concorrenza, non monopolio. Dorna non ha avversari e, quindi, potrebbe modulare l’offerta SBK a piacimento, cercando di smarcarla quanto più possibile dalla MotoGP. Muoversi in questa direzione andrebbe nell’interesse della società spagnola stessa, poiché avrebbe un potenziale ritorno economico maggiore.

Vero anche come, nell’organizzazione di un Mondiale, ci siano sempre dei “dietro le quinte”. Magari gli iberici si stanno già muovendo in tal senso e questo calendario – talvolta a corrente alternata – è il massimo che si possa avere. Sarebbe indice di come le derivate di serie siano irrimediabilmente decadute, dovendosi accontentare di seguire il mantra “piuttosto di niente, è meglio piuttosto”.

Sarebbe triste, soprattutto ricordando il glorioso passato degli anni ’90, quando la Superbike era una credibile alternativa al Motomondiale. Altri tempi, in tutti i sensi. Nella 500cc i motori ne avevano due, nella SBK quattro.

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