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Nuoto, Sara Franceschi ha visto la luce: “L’ernia in autunno, il bronzo ai Mondiali una liberazione. E Parigi…”

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Sara Franceschi
Franceschi / LaPresse

Sono stata accolta a braccia aperta dai compagni di squadra e mi sono tolta una grande soddisfazione“. Sara Franceschi è tornata in Italia, dopo i Mondiali 2024 di nuoto a Doha, piuttosto rinfrancata. Nell’Aspire Dome della capitale del Qatar, l’atleta toscana, allenata da papà Stefano Franceschi, si era presentata con tanti dubbi. Il problema alla spalla l’aveva costretta a un periodo di stop e anche psicologicamente non era facile buttarsi in acqua in una rassegna iridata, con pochissimi riferimenti.

È arrivato un bronzo dai connotati storici, visto che solo un’atleta prima di lei era riuscita a salire sul podio nella specialità più complicata che ci sia, i 400 misti. Il riferimento è a Novella Calligaris che nel 1973 andò in medaglia nella specialità menzionata, oltre che negli 800 stile libero. Di questo e di altro ha parlato Franceschi nell’intervista concessa nell’ultima puntata di Swim2U, in onda sul canale Youtube di OA Sport, condotta da Enrico Spada e da Aglaia Pezzato.

IL RACCONTO DEL PROBLEMA – “Io quest’estate, a fine agosto, ho ripreso la preparazione in vista degli Assoluti invernali qualificanti per le Olimpiadi e gli Europei in vasca corta immediatamente successivi. Erano i miei obiettivi sul finire del 2023. Purtroppo, da metà settembre, ho iniziato ad avere questo forte dolore al collo che proseguiva su tutto il braccio fino al mignolo. Ci sono stati giorni in cui non riuscivo a nuotare e ad alzare questo braccio. Sono comunque voluta andare in altura a Livigno, tamponando con alcuni farmaci, però vedevo che la situazione peggiorava. Per questo ho fatto i controlli del caso e mi è stata riscontrata una piccola ernia e in più questa protrusione che mi schiaccia il nervo e quindi mi crea questa debolezza nel braccio. Mi sono fermata, è stata una bella batosta soprattutto mentalmente. Era un colpo cuore, ma non c’era altro verso. Successivamente ho subìto un piccolo intervento dove mi hanno messo degli elettrodi per sfiammare questo nervo e devo dire che un po’ è migliorata la situazione. Il dolore fino alla mano non ce l’ho più, mi si ferma all’altezza della spalla. La problematica, dunque, non l’ho risolta completamente. Sono riuscita ad allenarmi bene dal 10 gennaio, ma già a dicembre ‘nuoticchiavo’ ed ero un po’ in crisi perché mi chiedevo come avrei potuto affrontare un Mondiale in quelle condizioni, per di più nelle mie gare dove improvvisare non è possibile. Tuttavia, dal 10 gennaio è scattato qualcosa e avevo sensazioni migliori. Mi è stato dato anche un macchinario per rinforzare tutta la spalla e mi ha aiutato molto. E da lì ho iniziato a focalizzarmi per l’appuntamento di Doha, volendo nuotare il mio 100%. Sono arrivata lì incerta, non sapevo cosa avrei potuto fare. Non è un caso che nelle prime gare, dove magari c’è più velocità, sono andata un po’ peggio. Poi ho trascorso sei giorni pensando ai 400 misti, allenandomi. Sono rimasta concentrata, ho fatto la gara del mattino, dando tutto ed ero molto stanca alla fine della batteria. Non pensavo di essere in finale e poi mi sono guadagnata questa corsia 8. L’atto conclusivo è una cosa a sé e io mi sentivo uguale alle altre e sono partita da questo presupposto per competere. Ho dato tutto quello che avevo, non avendo nulla da perdere, per arrivare sfinita. Il risultato c’è stato e un tempo del genere non me lo sarei mai aspettato”.

LA DESCRIZIONE DELLA FINALE – “Io sono partita ed ero davanti rispetto alle altre compagne di corsia. Mi sono detta che forse potevo giocarmela. A stile libero, l’istinto è stato quello di partire subito a mille. Forse, sapendo che mancavano almeno un’altra vasca, potevo gestirla diversamente. Comunque, davvero ho dato tutto quello che avevo e infatti un’ora dopo la gara ero completamente paralizzata. Mi sono però presa questa medaglia e ho ottenuto la qualificazione olimpica. Toccare quel blocco e vedere le luci che si accendevano, mi è venuta quasi la pelle d’oca. Realizzare poi il fatto di aver conquistato la mia terza Olimpiade, con quel tempo, è stata una ‘combo’ bellissima“.

L’IMPORTANZA DI DISPUTARE UN MONDIALE PRE-OLIMPICO – “A livello di gare, sicuramente in alcuni casi mancavano le big, però devo dire che era un Mondiale di otto giorni lungo ed ha rappresentato un test probante in vista dei Giochi di Parigi. A me sicuramente è servito. A mio parere, già entrare in clima gara fin dalla mattina, per noi italiani, è sicuramente una cosa molto importante. Sono tornata per questo a casa con la consapevolezza di aver nuotato con le più forti e in più sono tornata in acqua con maggior voglia di fare“.

IL RAPPORTO CON IL PAPÀ ALLENATORE – “C’è stato un abbraccio super caloroso con lui, pensavo alla gioia e tutto a quello che ha fatto per sistemarmi. È riuscito sempre a starmi dietro per trovare la soluzione, ha avuto pazienza. Mi ha saputo capire nei miei momenti di crisi. Questo risultato lo devo anche tanto a lui, non solo perché è il mio babbo, ma perché nelle vesti di allenatore mi ha risollevato“.

LE AVVERSARIE E GLI OBIETTIVI – “Osservo molto le mie avversarie e mi interessano tanto le americane e soprattutto le australiane perché apprezzo tantissimo come si allenano e gareggiano, la loro mentalità. Le rivali le considero, in relazione ai tempi. Certo, McIntosh la guardo e dico che è su un altro pianeta, mentre le altre sono più lontane e altre più vicine, sul livello del 4:35 che io ho nuotato l’anno scorso. Sicuramente in una finale olimpica si giocherà tanto sui centesimi, anche nei 400 misti, a parte le prime due o tre, direi che c’è molto equilibrio. Dopo Parigi cosa farò? Ho iniziato a divertirmi, per cui non mi limito solo a pensare ai Giochi del 2024. Faccio poi parte di un gruppo unito a livello maschile e femminile e questa è una grande fortuna“.

INTERVISTA SARA FRANCESCHI OA SPORT

 

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