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F1, Max Verstappen vuole curare la ‘sindrome cinese’. Dopodiché, gli resterà da domare solo la ‘bestia nera’ Singapore

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Max Verstappen
Max Verstappen - Eric Alonso/DPPI / IPA Sport

Il Gran Premio di Cina assume un significato particolare per Max Verstappen, essendo uno dei pochi dove non ha ancora vinto. Chiaramente, il fatto di non correre a Shangai dal 2019 gioca un ruolo preponderante nella “sindrome cinese” – sempre che così possa essere chiamata – da cui è afflitto il Cannibale del Circus.

Però il tre volte Campione del Mondo spesso e malvolentieri è incappato in qualche disavventura nel mastodontico autodromo edificato nei pressi della megalopoli asiatica. Per esempio, in occasione del suo unico podio (datato 2017), fu vittima di un problema alla power-unit in qualifica prima di disputare una corsa superlativa tutta in rimonta.

Per il resto, ha però dovuto incassare ritiri, prestazioni non esaltanti (soprattutto in relazione a quanto fatto dal compagno di squadra di turno con la stessa monoposto) e qualche errore di troppo (su tutti la collisione con Sebastian Vettel del 2018). Era, pur tuttavia, un Verstappen ben più giovane e acerbo di quello attuale.

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In ogni caso, il fatto che l’olandese non abbia mai vinto in Cina resta incontestabile. Può questa essere una motivazione ulteriore per chi ha primeggiato in 31 delle ultime 37 gare disputate? Possibile, ma non sembra averne granché bisogno.

Dovesse conquistare anche Shanghai, a Super Max rimarrebbe da domare solo la storica bestia nera rappresentata da Singapore. Eventualmente, se ne riparlerebbe però a settembre.

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