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Ciclismo

Giro d’Italia 2024, Damiano Caruso: “Preferisco una tappa ad un 8° posto. Credo in Tiberi, lascio nel 2025”

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Damiano Caruso
Caruso / Lapresse

Damiano Caruso è tornato nella sua Ragusa dopo essere stato sul Teide, reduce dal ritiro in altura con la sua Bahrain-Victorious. Abbiamo parlato con lui al telefono dopo un allenamento e ci ha illustrato sensazioni e obiettivi i prossimi appuntamenti di stagione: il 36enne siciliano ci ha rivelato che punta al Giro d’Italia, dove potrà oscillare tra classifica e gregariato a seconda delle prestazioni del suo “protetto” Antonio Tiberi: “Accompagnerò Antonio in questa sua esperienza e strada facendo vedremo come andrà. Se oggi dovessi scegliere tra un ottavo posto in classifica generale o una vittoria di tappa, sceglierei quest’ultima. La priorità per la classifica è su Tiberi, la mia potrebbe esserlo solo in circostanze eccezionali“.

Damiano, come stai? Come ti senti dopo il ritiro in altura? 

“Bene grazie. Abbiamo fatto un bel blocco in altura (2o giorni, ndr) in cui abbiamo lavorato bene e trovato bel tempo. Al momento sono stanco, come normale che sia, e spero che dopo questo momento l’altura possa cominciare a dare i suoi benefici”. 

In ottica Giro, a che punto pensi di essere con la condizione? 

“Spero di essere più o meno sui livelli dello scorso anno, non voglio sbilanciarmi molto anche perché non ho corso moltissimo in questa prima parte di stagione (Tirreno-Adriatico e Catalunya, ndr) e non ho avuto grandi segnali di condizione, quindi navigo un po’ a vista. Al Giro arrivo da un bel periodo di lavoro e adesso sono alla ricerca di risposte che posso trovare solo in corsa confrontandomi con gli altri”. 

Quando ripensi al tuo 2° posto del 2021, hai un pizzico di rimpianto per non aver vinto, oppure pensi che fosse il massimo risultato possibile?

“Rimpianti non ne ho anche perché ci ho provato sino all’ultimo per cercare di ribaltare la situazione e dunque ci ho messo tutto l’impegno possibile. Il Giro del 2021 è stato sicuramente qualcosa di sorprendente, perché mi sarei aspettato un buon piazzamento in un Grande Giro, ma non certamente di lottare per la vittoria”. 

Spesso condividi la stanza con Tiberi. Conoscendolo da vicino, che ragazzo è? 

“Antonio è il ragazzo della porta accanto, ambizioso e orgoglioso. Ci tiene molto a ricostruire la sua immagine sia come persona che come atleta. Nonostante la sua giovane età, ha le idee chiare per il futuro ed io credo molto in lui”. 

Cosa ti aspetti da lui quest’anno? E in ottica futura pensi che un giorno possa lottare per la vittoria in una corsa a tappe di tre settimane? 

“A differenza di molti, vorrei andarci con i piedi di piombo. Mi aspetto che possa fare un buon salto di qualità anche perché il suo obiettivo è quello di diventare un corridore da Grandi Giri; e questo implica il fatto di avere ben chiaro che la gara non si limita solo alle ore in cui sei in sella alla bici, ma tutti i giorni in ogni momento della giornata che diventa fondamentale con tanti minimi particolari da curare. Mi aspetto un Giro d’Italia che possa confermare le sue doti ed aspettative che tutti noi abbiamo su di lui, ha l’età e tutte le carte in regola per poterci provare in maniera convinta, anche perché il ciclismo di oggi ci insegna che non bisogna più aspettare. I giovani di oggi sono settati in maniera differente rispetto a quando ero giovane io e quindi è giusto che ci provi con cognizione di causa; sono convinto che Antonio ci farà vedere delle ottime cose nel giro di poco tempo”. 

Tu sei l’esempio di come un corridore possa crescere gradualmente e migliorare anno dopo anno: il ciclismo attuale non lo consente più?

“Puoi provare ad adattarti ai cambiamenti, uno su tutti l’alimentazione. Bisogna cercare di adattarsi al sistema che sta cambiando, unito ad un grande spirito di sacrificio dovendo stare al passo con i tempi senza mollare. Quest’anno ho lavorato con lo stesso impegno – se non di più – delle passate stagioni, per sopperire al fatto di essere un anno più ‘anziano’ e questo significa il dover avere una cura maniacale nei dettagli per provare a competere con i migliori; e tutto questo chiaramente senza avere nessuna garanzia di esito positivo”. 

Come si approccia un Giro d’Italia sapendo che c’è un corridore come Pogacar? Davvero c’è la consapevolezza di correre per il secondo posto o mentalmente si sa che potrebbe capitare un’occasione?

“È una percezione che c’è anche all’interno del gruppo. Con il livello di Pogacar di questo inizio di stagione non sembra che possa lasciare scampo a nessuno. Ma come vorrà correre Pogacar? Con quale atteggiamento? Da cannibale e quindi fare qualcosa di eclatante come ad esempio vincere tante tappe – assolutamente nelle sue corde – o si accontenterà di vincere il Giro pensando alla doppietta con il Tour? Al netto degli imprevisti – tutto può succedere nelle tre settimane – Tadej è l’atleta più forte di tutti in gruppo e quindi più che pensare alla vittoria bisognerà capire come vorrà costruirla”. 

Ripensando alla tua carriera, c’è qualche scelta che, se potessi tornare indietro, cambieresti?

“Con il senno di poi è sempre facile, ma ripensando alla mia carriera dico che mi sarei dovuto impegnare con più dedizione nei primi anni da professionista, ma arrivavo da una scuola in cui era giusto fare tanta gavetta ed essere al servizio dei capitani. Oggi è un ciclismo diverso, sono cambiate le categorie giovanili e si arriva al professionismo già pronti. Tornando a me, riavvolgendo il nastro della mia carriera, penso che avrei dovuto investire maggiormente su me stesso e sulle mie capacità”. 

Perché i giovani italiani fanno così fatica nel passaggio tra Under23 al professionismo? 

“La vera grande differenza è la categoria Under23 in Italia. Per un giovane che oggi vuole ambire ad essere subito competitivo tra i professionisti deve passare e quindi fare esperienza in una squadra satellite delle World Tour in cui vengono preparati come dei professionisti e con una struttura adeguata, questo fa sì che una volta approdati nel mondo dei grandi si possa già essere ad un buon livello e si avverte meno la differenza rispetto alle categorie giovanili”. 

Programmi stagionali dopo il Giro?

“È ancora tutto da pianificare ma non si esclude niente. Voglio procedere un passo per volta e ora concentrarmi sulla Corsa Rosa, che spero mi possa soddisfare e poi insieme alla squadra decideremo come proseguire”. 

Per quanto ancora ti vedremo in sella?

“Il 2025 sarà il mio ultimo anno e lo farò sempre con la Bahrain-Victorious. Voglio smettere di andare in bici amando questo sport senza dover arrivare al punto di odiare la bici. Voglio portare nel cuore questa grande parentesi della mia vita lasciando a me stesso un buon ricordo di tutti questi anni. Sarà un processo graduale e che maturerà con il tempo”.

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