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MotoGP, tre generazioni di spagnoli contro una sola di italiani. Si va verso un (nuovo) monopolio iberico?

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Jorge Martin Aleix Espargaro
Jorge Martin | La Presse

Fare qualsiasi considerazione relativa al Mondiale di MotoGP è prematuro. Con soli tre weekend su ventuno andati in archivio, la storia iridata del 2024 è ancora tutta da scrivere e potrebbe essere aperta anche per chi, in questo momento, è apparentemente fuorigioco. Andare a vedere i risultati di Francesco Bagnaia nel 2022, quando peraltro le Sprint non esistevano ancora, per avere testimonianza di questa dinamica.

A proposito di Sprint, va però rimarcato come proprio durante la gara dimezzata di Austin, si sia visto qualcosa di significativo. Parliamo della feroce bagarre per la piazza d’onore tra Marc Marquez, Jorge Martin e Pedro Acosta. Abbiamo assistito a una lotta furiosa tra tre generazioni di centauri iberici.
1. “Quella che era (e non vuole smettere di essere)”, incarnata dal trentunenne del Team Gresini;
2. “Quella che è (ma si deve ancora consacrare)”, personificata dal venticinquenne del Team Pramac;
3. “Quella che sarà (però è già qua)”, rappresentata dal ventenne della Ktm.

Peraltro, in Texas avrebbe brillato anche Maverick Viñales, anagraficamente parlando affine a Marc Marquez, seppur classificabile come “qualcuno che avrebbe potuto essere e cerca ancora di diventarlo”. Per la verità, gli iberici competitivi coprono un arco di 15 anni (dalla classe 1989 di Aleix Espargarò alla 2004 di Pedro Acosta) e c’è già chi si prepara a sbarcare nella classe regina con grandi credenziali (il diciannovenne Fermin Aldeguer).

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L’Italia, viceversa, concentra quasi tutti i propri principali talenti contemporanei fra il 1997 (Francesco Bagnaia, Enea Bastianini, Luca Marini) e il 1998 (Marco Bezzecchi, Fabio Di Giannantonio). Fa eccezione il solo Franco Morbidelli, più anziano però del quintetto appena citato.

Insomma, il nostro Paese è forte di una golden generation, già toltosi enormi soddisfazioni. Eppure non c’è la rigogliosità della Spagna, capace di produrre piloti competitivi a raffica (gettandone diversi nel cestino, come accaduto con diversi giovani promettenti letteralmente ‘bruciati’).

Con gli anglosassoni ormai quasi estinti e il francese Fabio Quartararo disperso negli abissi della non-competitività Yamaha, si va dunque verso un futuro dai ritmi marcatamente spagnoleggianti? Chi vivrà, vedrà.

A onor del vero, non sarebbe altro che un ritorno al passato. Non era forse così già circa dieci anni orsono, quando Valentino Rossi era l’unica alternativa concreta alla Marcha de Granaderos, fatta suonare a ripetizione dai vari Marc Marquez, Jorge Lorenzo e Dani Pedrosa (pronto peraltro a tornare in pista a Jerez de la Frontera con una wild card)?

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