Ciclismo
Nicolas Roche ha una sua idea sul problema delle cadute nel ciclismo
Una presa di posizione molto chiara. Il problema delle cadute nel ciclismo non ha certamente caratterizzato solo le ultime settimane di competizioni. Il rischio di un crash è sempre stato un tratto distintivo di questa disciplina, ma è chiaro che la ricorrenza di certi episodi alimenta il dibattito. Gli incidenti che hanno avuto per protagonisti grandi corridori del calibro di Wout Van Aert, Jonas Vingegaard, Remco Evenepoel e Primoz Roglic hanno posto l’accento sulla criticità.
A pronunciarsi in merito è stato l’ex professionista Nicolas Roche. L’irlandese, in un lungo post sui social, è partito dalla sua esperienza, fatta di 14 stagioni e 12 vittorie nel massimo circuito internazionale: “Non mi sono mai veramente ripreso da quella caduta alla Vuelta a España 2019. Ha condizionato gli ultimi anni della mia carriera ma ancora oggi, a 5 anni di distanza ne soffro ancora le conseguenze. Non voglio nominare il corridore che ha causato quella caduta, non è questo il punto di questo post. Ricordo il mio primo anno da professionista, dovevo staccarmi a due chilometri dalla cima per prendere ciò che avrei poi dovuto dare in discesa ai miei compagni. La discesa era pensata per rifiatare. Recuperare energie. Il ciclismo è cambiato e già da molto tempo, l’evoluzione però è una cosa normale“.
Ritiratosi nel 2021, il punto di vista di Roche tiene conto dei rischi corsi dagli atleti: “Ho paura anche per i miei amici che gareggiano. La velocità è più alta, il livello generale si è alzato, la lotta per l’aerodinamica è anch’essa arrivata al limite del pericoloso, la potenza di frenata è maggiore, i corridori sono sempre più vicini, le squadre fanno di tutto per mettere pressione nei settori più pericolosi, le strade vengono fatte per far rallentare i veicoli mentre i ciclisti vanno sempre più forte. La posta in gioco è così alta che i corridori sono pronti a rischiare tutto per vincere. Folli le dosi di caffeina“.
E quindi in percentuali diverse sono tante le cause degli incidenti: “La maggior parte delle volte è colpa dei corridori. Ma anche gli organizzatori cercano percorsi più spettacolari. Non credo ci sia una sola ragione. Le cadute hanno sempre fatto parte di questo sport, creano la drammaticità, ma questo è fuori controllo. Non è normale che gli atleti rischino la vita nella speranza di essere performanti. Speriamo che nel ciclismo possano lavorare tutti insieme per garantire uno sport più sicuro“.