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Olimpiadi, 100 giorni all’assegnazione dell’edizione invernale 2030. Si andrà negli Usa o si resterà in Europa?

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Bandiera olimpica Olimpiadi | Foto: LaPresse

Oggi mancano esattamente 100 giorni all’assegnazione dei Giochi olimpici invernali 2030. Il Cio comunicherà ufficialmente la sede della XXVI edizione delle “Olimpiadi bianche” il 23 luglio, in occasione della propria 142ma sessione.

Viviamo un’anomalia. Sia perché l’evento verrà conferito con un anno di preavviso in meno delle abitudini, sia perché sappiamo già la location dell’edizione estiva 2032 (Brisbane, Australia). L’occasione dei 100 giorni è dunque propizia per fare il punto, nell’attesa di scoprire a chi dovrà passare il testimone l’Italia.

Le candidature sono quattro. Una è in piedi da anni, le altre tre sono sorte come funghi solo in tempi recenti, ovvero dopo il rinvio dell’assegnazione (inizialmente prevista durante l’estate 2023), causato da ragioni amministrative che con lo sport nulla c’entrano.

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Salt Lake City è l’unica candidatura originaria ancora in piedi. Sapporo e Vancouver, a loro volta fattesi avanti anni orsono, hanno difatti rinunciato. La città statunitense, viceversa, non si è tirata indietro, nonostante vi fossero voci riguardo un possibile forfait.

La ragione è rappresentata dalla vicinanza temporale con i Giochi estivi di Los Angeles 2028. Nello Utah temono di essere eclissati dal ben più ingombrante appuntamento californiano. Non a caso, voci di corridoio sussurrano di una moral suasion in atto allo scopo di ottenere, già questa estate, l’edizione 2034.

Se così fosse, Salt Lake City avrebbe più agio in termini mediatici ed economici, inoltre sgraverebbe il Cio di un pensiero a medio termine. Nel qual caso, per il 2030 si resterebbe in Europa, scegliendo fra una delle tre proposte nate in fretta e furia negli ultimi mesi.

La Svezia – sconfitta da Milano-Cortina nella corsa al 2026 – presenta nuovamente lo stesso concetto bocciato in precedenza (nominalmente la candidatura è Stoccolma-Åre, ma le gare sparse in ogni dove; evidentemente in Scandinavia si punta a prendere il Comitato olimpico internazionale per esasperazione).

La Francia scommette sul “fattore casa” (i Giochi 2030 saranno conferiti a Parigi), proponendosi con la propria area sud-orientale, ovverosia con la cosiddetta Région Sud (Provenza-Alpi-Costa Azzurra) e con la regione Alvernia-Rodano-Alpi. Sicuramente un’idea meno aleatoria di quella svedese.

Infine, la Svizzera si è fatta avanti con una fumosa “candidatura collettiva”, i cui termini e condizioni non sono chiari. Gli impianti non mancano, ma c’è chi sostiene si tratti solamente di un modo per “tastare il terreno” in vista del 2038.

Vedremo dove si andrà a finire. Dopo Milano-Cortina 2026 avremo due edizioni consecutive sulle Alpi, dinamica che non si verifica dagli anni ’60? Oppure, in un ricorso storico, si passerà da Cortina agli Stati Uniti, come accaduto fra il 1956 e Squaw Valley 1960? O magari prenderà corpo la mai concretizzatasi Olimpiade svedese? La risposta arriverà fra 100 giorni.

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