Formula 1
F1, la Ferrari deve ritrovare l’abitudine a vincere. È una questione di mentalità prima che di risultati
Il Gran Premio di Monaco, con il suo glamour e tutte le sue peculiarità, appartiene al passato. La F1 ha dunque concluso il primo terzo di stagione, avendo mandato in archivio 8 Gran Premi su 24. Al riguardo è doveroso effettuare una riflessione che va oltre i meri risultati agonistici e sulla quale si può tornare in occasione della corsa monegasca.
Due anni orsono la Ferrari fece di tutto per perdere una gara in cui era favoritissima. Ci riuscì; e fu l’inizio della fine della candidatura iridata di Charles Leclerc, rivelatasi ben più debole di quanto le premesse di quell’inizio di stagione avessero lasciato intendere. All’epoca si pose l’accento sul fatto che la Scuderia di Maranello sembrasse aver perso la mentalità vincente.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da allora ed è cambiato il nocchiero del Cavallino Rampante. Il riccioluto Mattia Binotto ha lasciato spazio al glabro Frederic Vasseur, sotto la cui direzione si è già concretizzata una dinamica inattesa, ovvero l’ingaggio di Lewis Hamilton. C’è chi ha storto il naso riguardo la decisione di puntare su un prossimo quarantenne. Eppure, la mossa ha un significato ben più ampio.
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Il britannico è un leader e un vincente nato. La sua carriera, il suo approccio alle corse stesse, il fatto che alla soglia degli “anta” abbia deciso di imbarcarsi in una nuova sfida (la più difficile in assoluto) parlano da soli. È qui che la Ferrari sta giocando la sua partita più importante, a due anni di distanza da quella disgraziatissima Montecarlo 2022, in cui si evinse come a Maranello mancasse proprio la forma mentis per emergere.
Al di là dell’esito del GP di Monaco 2024, la situazione nel momento in cui la stagione ha raggiunto il 33% della propria distanza (numero non casuale, visto chi lo portava sul musetto prima di cominciare a dominare) è piuttosto chiara. Non è nell’ottica dell’annata corrente che si sta lavorando a Maranello, bensì di quelle venture.
“Vincere aiuta a vincere” è un broccardo di cui talvolta si abusa, ma se lo si applica alla Ferrari contemporanea è pienamente pertinente. Le Rosse non hanno propriamente mietuto successi a raffica negli ultimi anni e, più dei valori delle auto, ultimamente quanto è mancato alla Scuderia è proprio l’attitudine ad affermarsi.
Questo è l’ambito dove Vasseur, al di là delle dichiarazioni di facciata e dell’esito delle singole gare, deve lavorare e sta lavorando. Montecarlo, nel bene e nel male, è l’occasione per ricordarsi sempre di come si debba capire quando è necessario osare – essere brillanti e rischiare – oppure quando è meglio essere prudenti e attendisti.
La differenza viene fatta nel momento in cui si comprende il modo migliore di muoversi. In tal senso è cruciale cominciare a fare le mosse giuste, perché si guadagna fiducia; oppure imparare dai propri errori, in maniera da non ripeterli.
In Canada, pista concettualmente simile a Imola, una nuova prova in tal senso. Nel Principato è andata come è andata, ma è inutile ragionare sul GP in sé. Se non si conquista il titolo dal 2007 tempi e orizzonti sono ben diversi rispetto a quelli dell’esito di una gara secca. Si ragiona sulla capacità di un’intera struttura di ritrovare la perduta abitudine a vincere.