Ciclismo

Giro d’Italia 2024: Tiberi è un uomo di classifica, Pellizzari un gran progetto. Milan, come te pochi sprinter

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Tiberi / LaPresse

C’era un solo vincitore possibile al Giro d’Italia, ed il suo nome era Tadej Pogacar. Lo sloveno della UAE ha dominato la Corsa Rosa e ha messo in cascina la prima parte della sua impresa, quella della doppietta con il Tour de France. Ma andiamo a guardare in casa nostra, con le tre settimane di corsa che in fondo hanno consegnato buone, buonissime sensazioni.

Partiamo dagli uomini di classifica, e soprattutto con Antonio Tiberi. Promosso a pieni voti il suo primo Grand Tour da capitano unico: quinto posto assoluto con la maglia bianca indosso, apparendo molto spesso come l’unico che avesse davvero il fegato di provarci con Pogacar. Ha attraversato anche la giornata di crisi, gestendosi più che bene, e rimane un po’ di rammarico per il doppio problema meccanico ad Oropa che gli ha fatto perdere parecchio tempo e che alla fine gli ha negato la vera lotta per il podio. Rimane comunque la certezza di aver trovato in casa Italia qualcuno che possa giocarsi le posizioni di vertice nei grandi giri.

E chissà se non lo abbiamo trovato anche in Giulio Pellizzari, autore di un’ottima terza settimana. Il più giovane della carovana, aveva pagato dazio nei primi giorni per una condizione non perfetta, rischiando anche il ritiro. Ma alla fine è uscito l’orgoglio, provandoci e guadagnandosi anche la stima di Tadej Pogacar. L’anno prossimo sarà con la maglia della Bora-Hansgrohe, è necessario debba essere coltivato nel miglior modo possibile: questo è uno che in poco tempo può alzare davvero l’asticella.

Con un po’ di fortuna gli italiani in top 10 potevano essere due se non tre. Potremmo accomunare nello stesso discorso Filippo Zana e Lorenzo Fortunato, undicesimo e dodicesimo nella generale: partiti da luogotenenti dei propri capitani e cacciatori di tappe, si sono ritrovati in breve a fare classifica, andando piano piano a perdere colpi per crollare nella tappa del doppio Monte Grappa. Alla fine rimangono le loro migliori prestazioni al Giro in carriera, la loro prestazione è più che sufficiente: hanno fatto il loro. Tredicesimo invece Davide Piganzoli, che zitto zitto ha fatto classifica con pochi, pochissimi acuti, ma dimostrando di avere una buonissima intelaiatura da regolarista. E menzione anche per Domenico Pozzovivo, ventesimo a quasi quarantadue anni e anche debilitato durante la corsa: bravo, bravo, come Damiano Caruso penalizzato da una brutta caduta nella prima settimana.

L’Italia si desta dal Giro d’Italia con la certezza di avere un velocista d’élite. Jonathan Milan è tra i più forti del mondo, in queste tre settimane si è scontrato con quasi tutti i più forti a velocità elevate, escluso Jasper Philipsen, e ne è uscito vincitore tre volte, facendo sognare in vista del futuro. E poi, la gamba sembra esserci anche per l’immediato futuro, così come per il suo ‘pesce pilota’ Simone Consonni e per Filippo Ganna, che si è tolto la scimmia dalla spalla del primo successo stagionale. Parigi non è lontanissima.

E poi, i soliti uomini in fuga. Filippo Fiorelli si toglie lo sfizio della classifica Intergiro, vinta con straordinaria caparbietà, quella che ha spesso messo in mostra Mirco Maestri e Andrea Pietrobon, che hanno provato in più occasioni di andare a caccia della fuga buona, in un paio di casi sfiorando anche l’impresa. Quella che è riuscita a fare Andrea Vendrame, che torna a vincere sulle strade del Giro dopo tre anni: troppo per un corridore delle sue qualità.

Ma sicuramente non è tutto rose e fiori. Ci sono i rimandati, eccome. Ad esempio Andrea Bagioli, visto solo nella tappa di Bocca della Selva, o il campione italiano Simone Velasco, emerso esclusivamente a Sappada. Poche tracce da parte di Alessandro De Marchi e Marco Frigo, meno frizzanti del solito, mentre tra gli sprinter Alberto Dainese si è fatto notare soltanto in un paio di occasioni. Il Giro azzurro però rimane comunque positivo.

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