Editoriali

Le 10 imprese più grandi della storia dello sport italiano: la classifica di OA Sport

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Pantani-Jacobs-Sinner / Lapresse

Lunedì 10 giugno abbiamo vissuto una giornata storica: per la prima volta un italiano si è fregiato del titolo di n.1 del tennis mondiale. Una delle imprese più colossali ed indelebili per lo sport tricolore. Ma quali sono state le più grandi in assoluto? Abbiamo deciso di cimentarci in questo difficilissimo compito di individuare le prime 10.

Alcune indicazioni sono doverose. La classifica tiene conto solo ed esclusivamente di singoli eventi, non dell’intera carriera degli atleti. Abbiamo valutato l’impatto mediatico internazionale dell’evento, le modalità in cui si è realizzato e la considerazione di cui gode nella memoria collettiva. Trionfi che hanno letteralmente segnato un’era, indelebili, di quelli che ciascuno di noi si ricorda esattamente cosa stava facendo in quel preciso istante.

Nell’elenco non sono chiaramente compresi tanti fuoriclasse straordinari. L’Italia è una tale e smisurata potenza dello sport da oltre un secolo, che non sarebbe possibile citare tutti quegli immensi campioni che l’hanno resa grande. Qui, come detto, si andrà a valutare il singolo evento, senza alcun giudizio sulla qualità degli atleti.

10° POSTO: LA COPPA DAVIS DEL 2023

L’avevamo lungamente attesa per 47 interminabili anni, quasi mezzo secolo. I capelli bianchi hanno da tempo fatto capolino su coloro che si erano gustati il capolavoro di Santiago del Cile nel 1976. A Malaga l’Italia è tornata sul tetto del mondo grazie a Jannik Sinner, Matteo Arnaldi, Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego e Simone Bolelli, guidati dal capitano Filippo Volandri. Come dimenticare quella indelebile semifinale contro la Serbia di Novak Djokovic? Tutto sembrava ormai perduto dopo la sconfitta in singolare di Musetti contro Miomir Kecmanovic. E i titoli di coda stavano per fare capolino quando Sinner si ritrovò in svantaggio per 4-5 e 0-40 al terzo set contro Djokovic. Poi il destinò cambiò per sempre. Prima i tre match-point annullati, poi la doppia vittoria sul n.1 al mondo nell’arco di un paio d’ore, prima in singolare e poi nel doppio decisivo in coppia con Sonego. La storia racconta che il serbo non si è mai più davvero ripreso da quel giorno. Il 25 novembre 2023 si materializzò l’ideale passaggio di consegne tra il più grande tennista di tutti i tempi ed il predestinato italiano, salito poi sul tetto del mondo pochi mesi dopo. La finale contro l’Australia, il giorno successivo, si rivelò una formalità.

9° POSTO: L’ORO DEL SETTEBELLO A BARCELLONA 1992

La piscina ‘Picornell’ di Barcellona fu teatro di una delle più grandi opere d’arte del nostro sport. La finale del torneo di pallanuoto tra i padroni di casa della Spagna e l’Italia guidata da Ratko Rudic sarebbe stata perfetta per la sceneggiatura di un film. In vantaggio 6-3, gli azzurri subirono la rimonta degli iberici, passati in vantaggio per 6-7. Una rete nel finale portò la sfida a decidersi oltre i tempi regolamentati. E qui inizia la leggenda.
Si va ai supplementari, se ne disputeranno ben sei. Ogni azione può diventare decisiva, la palla pesa come un macigno. Gli spagnoli provocano gli azzurri in tutti i modi: gli arbitri, nel dubbio, fischiano a favore degli iberici, applauditi in tribuna anche dal Re Juan Carlos. Come sovente accaduto nel corso della storia, gli italiani si esaltano proprio quando tutto gioca loro a sfavore. A 32 secondi dal termine Ferdinando Gandolfi carica il braccio destro e gonfia la rete avversaria. È il gol che consacra dei grandi campioni come eroi senza tempo e regala al Bel Paese il terzo oro olimpico della sua storia dopo Londra 1948 e Roma 1960. È il gol che fa piangere la Spagna e il suo Re.

8° POSTO: ALBERTO TOMBA FERMA SANREMO E VINCE L’ORO A CALGARY 1988

Quando ricapiterà che il Festival di Sanremo si fermi per trasmettere la vittoria di un italiano nello sci alpino alle Olimpiadi Invernali? Volando con la fantasia, speriamo che ciò possa accadere a Salt Lake City 2034…Quel 27 febbraio 1988 il mitico Alberto Tomba, dopo aver conquistato l’oro in gigante, riuscì a ripetersi anche in slalom: terzo al termine della prima manche, con una rimonta delle sue non diede scampo agli avversari, precedendo il tedesco Frank Wörndl per 6 centesimi. Chi ha avuto la fortuna di vivere quella emozione, ancora oggi prova un brivido al solo pensiero.

7° POSTO: STEFANO BALDINI VINCE LA MARATONA AD ATENE 2004

29 agosto 2004. Un eroe azzurro si presenta fiero al cospetto degli Dei e taglia per primo il traguardo nel tempio millenario di Olympia.
42 chilometri e 195 metri da Maratona ad Atene, novello Filippide dei giorni nostri. Qualunque maratoneta avrebbe voluto vincere l’oro olimpico nel Panathinaiko, nella patria dei Giochi. Un’impresa che rende immortali, preservando il ricordo di un nome dal grigio tramonto del tempo. Stefano Baldini è il prescelto, un italiano vero, genuino. Un uomo dal grande spirito di sacrificio, una carriera spesa in intensi e logoranti allenamenti, sopportando la fatica nel nome di un sogno tutto d’oro.
Quel giorno il toscano era invincibile, in una gara che riservò colpi di scena a non finire. Primo fra tutti, il gesto scellerato di un folle che, eludendo la vigilanza, si avventò sul brasiliano Vanderlei De Lima, da solo in testa e bloccato per pochi, interminabili istanti da un uomo che poco aveva a che fare con lo sport. Anche senza quell’incidente, tuttavia, Baldini sarebbe comunque risultato inattaccabile. Partito con il suo ritmo, l’azzurro da metà gara diede vita ad una progressione inarrestabile, presentandosi in solitaria ed a braccia alzate nel luogo ancestrale da cui tutto ebbe inizio.

6° POSTO: LA 4X100 D’ORO A TOKYO 2020

Un’altra di quelle imprese talmente nitide e vivide nei nostri ricordi, che il tempo e la polvere non potranno mai offuscarle. Lorenzo Patta, Marcell Jacobs, Fausto Desalu, Filippo Tortu. I Cavalieri dell’Apocalisse, i prescelti dal destino per cambiare per sempre la storia. Noi che da sempre ammiravamo americani e caraibici contendersi lo scettro della velocità ai Giochi Olimpici, in un attimo abbiamo visto materializzarsi l’impensabile. E quella volata di Tortu sull’ultimo rettilineo…Rimonta, rimonta, rimonta…Poi sul traguardo mette la testa avanti al britannico Nethaneel Mitchell-Blake (la compagine del Regno Unito fu poi squalificata per doping) per una apoteosi delirante. Venerdì 6 agosto 2021, ore 22.55: quando l’Italia si prese l’Olympo e divenne la nazione più veloce del pianeta.

5° POSTO: STAFFETTA 4X10 KM SCI DI FONDO A LILLEHAMMER 1994

Alcune discipline, in taluni Paesi, rappresentano più di semplici sport. Lo sci di fondo, in Norvegia, è una vera e propria religione. In una terra ricoperta quasi sempre dalla neve, quegli sci stretti entrano a far parte della vita dei bambini sin dalla più tenera età. Negli anni gli scandinavi si sono confermati a più riprese come la potenza egemone del fondo, con un susseguirsi incredibile di fuoriclasse che hanno fatto la storia di questo sport.
Resta, tuttavia, una macchia incancellabile per i norvegesi, una di quelle ferite impossibili da rimarginare, perché lacerano per sempre l’anima.
Alle Olimpiadi Invernali di Lillehammer 1994 i padroni di casa avevano già vinto tre ori nelle competizioni individuali: Bjoern Daehlie la 10 km tc e la 15 km ad inseguimento, Thomas Alsgaard la 30 km tl. La Norvegia, inoltre, aveva trionfato nella 4×10 km sia ai Giochi di Albertville 1992 sia ai Mondiali del 1993. Si trattava di una squadra pressoché imbattibile: molti addetti ai lavori ritenevano dunque già assegnato il titolo della staffetta maschile.
In effetti, tutto appariva già apparecchiato per celebrare l’apoteosi dei quattro giganti del Nord. Una folla in visibilio di ben 150000 persone invase il tempio di Oslo-Holmenkollen, pronta ad osannare gli eroi di un intero popolo. In tribuna era presente persino re Harald V, anch’egli grande appassionato di questo sport. Insomma, gloria e celebrazioni avrebbero dovuto caratterizzare una giornata memorabile. Davvero nessuno avrebbe anche solo osato metterlo in dubbio…
I norvegesi, tuttavia, non avevano fatto i conti con l’avversaria che, più di ogni altra ed in qualsiasi disciplina, sa esaltarsi e regalare imprese inaspettate e leggendarie: l’Italia!
La staffetta tricolore si presentava al via con la consapevolezza di giocarsi una medaglia, dopo aver già conseguito l’argento alle Olimpiadi del 1992.
In prima frazione il lancio toccava all’epico Maurilio De Zolt: aveva 43 anni! Nonostante l’età avanzata, disputò una frazione emozionante, dando tutto se stesso nel passo alternato e limitando i danni in soli 9 secondi di distacco dal duo di testa composto da Norvegia e Finlandia. Era poi Marco Albarello a chiudere prontamente il gap dalla vetta, mentre nella successiva terza frazione a skating svolgeva egregiamente il proprio compito anche Giorgio Vanzetta.
Tutto, dunque, si decideva negli ultimi 10 km. La Finlandia si staccava inesorabilmente e rimanevano a giocarsi il trionfo Silvio Fauner e Bjørn Daehlie, uno dei più grandi fondisti (se non il più grande) di tutti i tempi. Lo scandinavo cercava in tutti i modi di staccare l’italiano per evitare la volata. Un duello bellissimo. Il veneto non perdeva un metro, rimaneva costantemente incollato alle code dell’avversario. Il suo sguardo pacato sembrava quasi voler dire: “Non ti voltare, Bjoern. Non mi staccherò”. Si arrivava così allo sprint. Fauner imboccava in testa il rettilineo finale e aumentava il ritmo con un poderoso passo-spinta. Daehlie si allargava sulla sua sinistra per tentare il sorpasso. È il destino che si compie nell’arco di pochi secondi che sembrano non finire mai… Fauner resisteva, resisteva, resisteva. Il traguardo era lì, sempre più vicino. Un ultimo sforzo e il sogno si materializzò in una splendente e dorata realtà. L’Italia vinse la staffetta olimpica, consegnando ai posteri una delle più leggendarie e magnifiche imprese della sua storia. Fauner sollevò le braccia in segno di vittoria, prima di essere travolto dall’entusiasmo dei compagni di squadra. Intorno a loro il silenzio rumoroso di un intero popolo in ginocchio, tramortito e incredulo dinanzi alla grandezza dei quattro moschettieri azzurri.

4° POSTO: ITALIA CAMPIONE DEL MONDO AI MONDIALI DI CALCIO 1982

Rossi, Rossi, Rossi. Vi ricordate quando ‘Pablito’ mise in ginocchio il Brasile di Zico, Socrates e Falcao con una indelebile tripletta? O quando le reti di Tardelli e Cabrini tramortirono niente meno che l’Argentina di Diego Armando Maradona? Fu una cavalcata trionfale, irripetibile. E dire che la rassegna iridata in Spagna era iniziata sotto pessimi auspici: dallo scandalo calcio scommesse, sino ad una fase a gironi superata per il rotto della cuffia in seguito a tre scialbi pareggi. L’allora ct Enzo Bearzot impose il silenzio stampa a seguito delle feroci critiche ricevute da parte dei giornalisti dell’epoca. Da quel momento fu un crescendo: 2-1 all’Argentina, 3-2 al Brasile, 2-0 alla Polonia, fino al 3-1 in finale alla Germania Ovest. Paolo Rossi chiuse il torneo da capocannoniere con 6 reti. Indimenticabile il “non ci prendono più!” del Presidente Sandro Pertini sul 3-0 nell’atto conclusivo. Un trionfo che unì più che mai la Nazione, con i caroselli da Nord a Sud che portarono ulteriore gioia e spensieratezza negli anni del boom economico.

3° POSTO: SINNER N.1 DEL TENNIS MONDIALE

L’impresa più recente in ordine temporale va ad inserirsi direttamente nel nostro podio ideale. Stiamo parlando di uno degli sport più diffusi a livello planetario. Per l’Italia, sino a pochi anni fa, pensare di poter avere il n.1 del ranking di tennis sarebbe stato oltre che utopico, se pensiamo che in passato si erano spinti al massimo al 4° posto Adriano Panatta e Francesca Schiavone. Abbiamo vissuto tanti decenni con buoni interpreti, ma nessun fuoriclasse. In un cielo buio e senza luna abbiamo poi intravisto l’agognata stella cometa. Un ragazzino che arrivava dalle montagne e ci lasciava intravedere orizzonti sconosciuti. Sinner ci ha insegnato quanto la cultura del lavoro sia alla base di qualsiasi successo in ogni ambito della vita. Il talento c’era, ma da solo non sarebbe bastato: andava sgrezzato, affinato, completato. Ha incassato sconfitte dolorose, dalle quali ha tratto gli insegnamenti per continuare a progredire. Sino alla cavalcata trionfale degli ultimi 9 mesi, durante i quali ha riportato in Italia anche il titolo di uno Slam con la vittoria agli Australian Open.

2° POSTO: LA DOPPIETTA GIRO-TOUR DI MARCO PANTANI

Correva l’anno 1998. Dopo un cammino accidentato e rallentato da una lunga serie di infortuni, Marco Pantani scolpì per sempre il suo nome nei cuori degli italiani. Anche chi non lo ha vissuto o doveva ancora nascere all’epoca, non può che sussultare quando sente parlare dell’indimenticabile ‘Pirata’, un vero eroe popolare dal carisma unico, capace di fermare l’Italia come solo pochissimi hanno saputo fare.
4 giugno 1998. Il romagnolo si trovava in maglia rosa al Giro d’Italia, ma con un vantaggio esiguo nei confronti di Pavel Tonkov: restava una sola tappa di montagna per incrementare il vantaggio in vista della cronometro di Mendrisio che, sulla carta, sarebbe stata favorevole al russo. Nella frazione di Montecampione andò in scena probabilmente il duello più emozionante e spettacolare della storia del ciclismo. Sull’ascesa conclusiva il Pirata scattò a ripetizione. Si alzava sui pedali, ma Tonkov lo seguiva come un’ombra e non perdeva un metro. Poi la stoccata decisiva a 2 km dall’arrivo: Pantani guadagnò 57 secondi, in seguito si superò anche a cronometro (3°) e salì sul gradino più alto del podio a Milano. Il bello però doveva ancora arrivare…
Poco meno di 2 mesi dopo, il 27 luglio del 1998, l’Italia toccò uno degli apici supremi della sua storia. Pantani aveva un distacco in classifica superiore ai 4 minuti nei confronti del tedesco Jan Ullrich, maturati quasi completamente a cronometro. Quel giorno ribaltò tutto. In un clima da tregenda, con pioggia incessante, il Pirata attaccò sul Galibier e realizzò il capolavoro della vita, vincendo in solitaria e rifilando oltre 9 minuti ad Ullrich. Non conta solo la semplice vittoria, ma anche, e forse soprattutto, le modalità con le quali si realizza. Ed è per questo che Pantani resterà per sempre un immortale mito senza tempo.

1° POSTO: MARCELL JACOBS CAMPIONE OLIMPICO DEI 100 METRI

Il non plus ultra, la gara che ogni nazione sogna di vincere, ma solo pochissime elette ci riescono: i 100 metri alle Olimpiadi. Ci sembrava affare altrui: americani, giamaicani, magari britannici. Ma che un italiano diventasse l’uomo più veloce della Terra, francamente, era un’ipotesi che non aveva neppure mai sfiorato le nostre menti. Marcell Jacobs ha reso possibile l’impossibile. Si è issato come Messia dell’atletica tricolore e l’ha cambiata per sempre. Ci sarà sempre un prima e un dopo quel 1° agosto 2021, serata memorabile in cui peraltro trionfò anche Gianmarco Tamberi nel salto in alto. Nello sport mondiale non esiste nulla di più prestigioso dei 100 metri, è proprio la finale che catalizza di gran lunga l’interesse maggiore di tutte le Olimpiadi. La corsa ha origini primordiali, è insita nella nostra stessa natura. Con Jacobs, a nostro avviso, l’Italia sportiva ha piantato la bandiera sulla vetta più alta in assoluto.

LE 10 IMPRESE PIÙ GRANDI DELLO SPORT ITALIANO SECONDO OA SPORT

  1. Marcell Jacobs campione olimpico dei 100 metri a Tokyo 2020.
  2. La doppietta Giro d’Italia-Tour de France di Marco Pantani nel 1998.
  3. Jannik Sinner diventa n.1 al mondo il 10 giugno 2024.
  4. Italia campione ai Mondiali di calcio del 1982.
  5. L’oro della staffetta 4×10 km di sci di fondo a Lillehammer 1994.
  6. La 4×100 oro alle Olimpiadi di Tokyo 2020.
  7. Stefano Baldini vince l’oro nella maratona ad Atene 2004.
  8. La doppietta d’oro di Alberto Tomba a Calgary 1988.
  9. L’oro del Settebello a Barcellona 1992.
  10. La vittoria della Coppa Davis 2023.
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