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Nuoto: Lia Thomas perde la battaglia con World Aquatics. Sfuma il sogno olimpico

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Lia Thomas/ LaPresse

Si sgretola definitivamente il sogno olimpico di Lia Thomas. La nuotatrice transgender statunitense ha perso la causa legale contro la Federazione Internazionale di nuoto, la World Aquatics. Per questo motivo non potrà prendere parte alle Olimpiadi di Parigi 2024. 

Facciamo un passo indietro. La battaglia di Thomas è cominciata nel 2022, anno in cui l’ex FINA ha introdotto una nuova norma regolamentare, che di fatto nega l’ingresso nelle gare di prima fascia (élite) a tutte le atlete che hanno attraversato il periodo di pubertà maschile. Una regola che di fatto esclude qualsiasi persona che ha cominciato il percorso di transizione dopo i dodici anni. 

La scelta è stata intrapresa dopo la vittoria discussa di Thomas ai Campionati di Prima Divisione dell’American University di Atlanta, dove riuscì a battere Emma Weyant, argento nei 400 misti a Tokyo 2020, ed Erica Sullivan. Un successo contestato finanche dal Governatore della Florida, Ron De Santis.

La tesi sostenuta dagli organi competenti è quella di considerare le donne transgender più avvantaggiate rispetto alle donne cisgender non solo in semplici termini di potenza, ma anche come capacità di resistenza, velocità e dimensione dei polmoni. L’approvazione del regolamento ha quindi tagliato fuori Thomas dalle gare che contano, spingendola a ricorrere al Tribunale Arbitrale dello Sport, il quale ha però rigettato la sua istanza.

Interessante notare come il CAS non sia intervenuto sul merito, bensì su una questione meramente burocratica e legale. Secondo il Tribunale infatti la statunitense non aveva i requisiti per avanzare una causa nei confronti della World Aquatics.

La stessa Federazione ha poi diramato una nota esprimendo soddisfazione per la sentenza emessa: “World Aquatics si impegna a promuovere un ambiente che promuova l’equità, il rispetto e le pari opportunità per gli atleti di tutti i sessi e riaffermiamo questo impegno. Le nostre politiche vengono continuamente valutate per garantire che siano coerenti con questi valori fondamentali, che hanno portato all’introduzione della nostra categoria aperta. Rimaniamo impegnati a lavorare con tutte le parti interessate per sostenere i principi di inclusione nel settore acquatico e siamo fiduciosi che la nostra politica di inclusione di genere rappresenti un approccio equo”. 

Non sarebbe stata la prima partecipazione di un’atleta trans alle Olimpiadi. Il precedente più recente risale a Tokyo 2020 quando, nel sollevamento pesi, Laurel Hubbard salì in pedana accompagnata da uno sciame di polemiche, concludendo la sua gara anzitempo a causa di tre nulli nello strappo. 

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