Olimpiadi
Nuoto, nuova inchiesta del NYT: ombre sul doping legato agli atleti cinesi. La WADA insorge
WADA e CHINADA si scagliano contro il New York Times. A praticamente un mese dall’inizio dei Giochi di Parigi 2024 tiene ancora banco nel mondo del nuoto la controversa storia riguardante i 23 nuotatori cinesi risultati positivi a un test antidoping prima di Tokyo 2020 ma graziati dall’Agenzia Mondiale dopo aver apparentemente dimostrato delle prove di contaminazione. I due enti nello specifico sono infatti insorti a seguito di una seconda inchiesta da parte della testata statunitense che, a suo dire, certificherebbe una tendenza recidiva.
Secondo il prestigioso media infatti la WADA avrebbe nascosto altri test falliti da tre nuotatori già coinvolti nelle rivelazioni pre Tokyo anche nel 2016 e nel 2017. La sostanza proibita sarebbe lo steroide clenbuterolo.
In una nota CHINADA ha però accusato il Times di aver “Interpretato in modo erroneo” il risultato dei test, causato anche questa volta dalla contaminazione, in questo caso della carne; una giustificazione contestata da molti, soprattutto dall’Antidoping USA.
“Abbiamo notato la divulgazione non autorizzata di documenti e della privacy degli atleti (compresi i minori) da parte di media come il New York Times – ha detto CHINADA nelle parole raccolte da Insidethegames – Questa è una violazione dell’etica e della morale dei media, un tentativo di fuorviare la comprensione del pubblico sull’attività antidoping che ha causato un grave danno alla reputazione della WADA, della CHINADA e del sistema antidoping globale”.
La WADA ha invece definito l’inchiesta del quotidiano statunitense “sensazionalistica e imprecisa”: “Dato il modo sensazionalistico e impreciso con cui il New York Times ha coperto i casi di contaminazione da trimetazidina di 23 nuotatori cinesi dal 2021, così come le critiche fortemente accese e politicamente motivate della WADA e del sistema antidoping globale che ne è seguito principalmente dagli Stati Uniti, la WADA ritiene importante essere in grado di descrivere il contesto e l’entità della contaminazione da clenbuterolo nel mondo in modo che le persone non vengano ulteriormente fuorviate”.
WADA ha quindi difeso le sue posizioni, sostenendo che il clenbuterolo è sì una sostanza proibita, ma in alcuni Paesi è utilizzato per favorire la crescita degli animali da allevamento e, in alcuni casi, può risultare positivo al test. Delle motivazioni che non gettano però acqua sul fuoco in vista di una rassegna a cinque cerchi che si preannuncia complessa da gestire.