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Paolini avvicina Schiavone: le italiane della storia più in alto nel ranking WTA

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Paolini / LaPresse

Francesca Schiavone, Sara Errani, Flavia Pennetta, Roberta Vinci. Due giorni fa, a questo novero di top ten nella storia del tennis italiano si è aggiunta Jasmine Paolini. Ma quest’oggi la toscana ha fatto ancora di più: ha alzato l’asticella, portandosi a quel numero 7 che era la quota minima, nei fatti, quella garantita dalla tarantina nei mesi che seguirono gli US Open 2015 della finale tutta tricolore.

Francesca Schiavone, oggi, è e rimane l’italiana che ha raggiunto la vetta più elevata del ranking WTA. Arrivò al numero 4 all’inizio del 2011. Anzi, dopo gli Australian Open 2011, quelli che, dopo la vittoria al Roland Garros 2010, la videro confermare un trend positivo a livello Slam che aveva già messo insieme con gli ulteriori quarti agli US Open. A Melbourne, però, difendeva gli ottavi: li raggiunse, non senza patemi, e poi condivise con Svetlana Kuznetsova (che, peraltro, oggi era nel box di Mirra Andreeva) la partita più lunga nel femminile a livello Slam. 4 ore e 44 minuti, 6-4 1-6  16-14, qualcosa che con le regole in vigore da alcuni anni non è più possibile ottenere. Poi, ai quarti, uscì contro la danese Caroline Wozniacki semplicemente perché finì la benzina sul 6-3 3-1 in proprio favore, che divenne 3-6 6-3 6-3 per l’allora numero 1 del mondo. La milanese mantenne la posizione numero 4 per tre settimane fino al 20 febbraio, poi la riprese il 21 marzo fino all’8 maggio per poi lasciarla e non riprenderla più. Totale: 9 settimane.

Sara Errani, invece, toccò il suo picco nel 2013. Ci riuscì dopo una fase della carriera nella quale aveva raccolto quarti di finale agli Australian Open, finale al Roland Garros e semifinale agli US Open, tutto nel 2012. In tutto ciò ci mise anche cinque tornei vinti e diversi risultati importanti a livello di WTA Premier (di qualsiasi genere, normale, 5 e Mandatory, antesignani degli attuali 500 e 1000). In particolare, fu la semifinale agli Internazionali d’Italia 2013 a darle la certezza della quinta posizione mondiale il 20 maggio 2013. La mantenne fino a Wimbledon, inserendo nel frattempo un’altra semifinale parigina, poi ci ritornò a metà agosto per due settimane. Il suo totale al quinto posto, dunque, tocca le sette settimane. Nelle quali, va detto, si godeva anche la leadership in doppio in coppia con una giocatrice della quale si parlerà tra un paio di paragrafi.

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Flavia Pennetta, non va mai dimenticato, è colei che ha permesso di “sfondare il muro”. Quel muro si chiamava top ten. L’aveva sfiorato Silvia Farina, anche la prima Schiavone l’aveva avvicinato, lei invece riuscì a passarlo. Fu il 17 agosto 2009 il giorno della storia. Anzi, il 14, perché quello fu il venerdì in cui, battendo la slovacca Daniela Hantuchova nei quarti a Cincinnati, si assicurò l’agognato traguardo. Non riuscì a superarlo per molto, e anzi cadde in crisi di risultati nel 2013, ma riemerse di forza con le semifinali agli US Open. E ancora a New York, sua terra di conquista per elezione, toccò il picco. Entrò a Flushing Meadows, nel 2015, da numero 26, ne uscì da numero 8, da vincitrice del torneo e, due settimane dopo, anche da numero 6 WTA. Fu la sua unica settimana da giocatrice attiva in tale posizione, quella dal 28 settembre al 4 ottobre, prima del ritiro a fine anno. Cui non seguì, almeno per alcuni mesi, la cancellazione dal ranking, tant’è che uscì e rientrò nelle prime dieci quando già non giocava più (la rimozione definitiva arrivò a fine giugno 2016).

Roberta Vinci, la si è evocata in precedenza. Condivise con Sara Errani il numero 1 del doppio, ma per lei a lungo l’obiettivo top ten sembrò stregato. Quasi tutta l’estate del 2013, e anche una parte dell’autunno, passò rincorrendo invano quel numero 10. Poi arrivò il colpo di rimbalzo. La cavalcata degli US Open 2015, con tanto di scalpo di Serena Williams a tre set dal Grande Slam, la rilanciò dritta nelle top 20. L’onda lunga, una serie di buoni risultati e la vittoria al WTA Premier di San Pietroburgo contribuirono, in breve, all’inevitabile che si materializzò il 22 febbraio 2016, dopo Dubai: numero 10. Che, in breve, crebbe fino al 7, raggiunto il 9 maggio e mantenuto fino a tutto Wimbledon, precisamente fino al 10 luglio: 8 settimane. Rimase in top ten fino agli US Open, dove perse ai quarti dalla tedesca Angelique Kerber. Da allora l’Italia non ha più avuto top ten al femminile. Fino a due giorni fa.

Jasmine Paolini, ora, si è presa l’ingresso nelle dieci in maniera dirompente. Una stagione spettacolare, il punto esclamativo di un percorso che non è ancora in alcun modo finito. I segnali c’erano stati nel finale di 2023, ma con il 2024, gli ottavi a Melbourne, la vittoria di Dubai, la notevolissima continuità di risultati, tutto è sembrato sempre più a portata di mano. Pareva potenzialmente molto buono, il tabellone parigino. Ma lei l’ha reso ancora più bello, con una finale che le apre enormi prospettive. Già, perché questo numero 7, oltre a porla in una dimensione diversa, può migliorare ancora perché il saldo dei punti in scadenza non solo non è impossibile, ma crea ampiamente le premesse perché almeno un paio di posizioni possano essere scalate.

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