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Holger Rune fa chiarezza sul caso dei “buu” contro Djokovic a Wimbledon

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Holger Rune / LaPresse

Una sconfitta netta quella del danese Holger Rune negli ottavi di finale di Wimbledon 2024 contro il serbo Novak Djokovic. Nell’ultimo match sul campo centrale di ieri, la miglior versione del classe 2003 non si è vista, al cospetto invece di un Nole in crescita dal punto di vista fisico e soprattutto estremamente preciso nell’eseguire il suo piano tattico.

6-3 6-4 6-2 lo score in favore di Djokovic, che a fine partita ha fatto discutere per le sue parole stizzite nell’intervista di rito, rivolte a parte del pubblico che gli ha riservato dei “buu” di scherno e irrispettosi nel corso della sfida. Di questo e di altro ha parlato Rune nella conferenza stampa post incontro.

Ho iniziato molto lentamente. Pensavo che Djokovic stesse giocando in modo estremamente preciso. E’ stato migliore di me oggi. Devo dargli atto. Non sono stato abbastanza lucido nei colpi e nel servizio in generale. Contro un giocatore così non posso permettermi una partenza così lenta“, ha dichiarato Rune.

Ha vinto i set molto più facilmente rispetto al sottoscritto. Non è proprio un dettaglio ideale, ma a volte può succedere. Non riuscivo a trovare il mio ritmo. Penso di averlo fatto dopo il 3-0, quando ho iniziato a servire un po’ meglio. Insomma, non è la fine del mondo il primo Set giocato in quella maniera. Anche a Bercy ho perso il primo Set 6-3 e poi ho vinto la finale. Questo è tutto. Novak ha gestito la pressione meglio di me. Ecco perché ha 24 titoli Slam“, la precisazione del giovane danese.

Sulla questione “buu” menzionata, Rune ha fatto chiarezza: “Tutto è iniziato agli US Open la prima volta che ci siamo affrontati quando avevo 18 anni o qualcosa del genere. Stavano gridando il mio nome. Sembrava un po’ come “buu”. Ci siamo incontrati molte altre volte, ma più in Italia e in Francia, dove non pronunciano il mio nome allo stesso modo (sorride). Ora siamo in Inghilterra. Sì, voglio dire, se non sai cosa stava succedendo, probabilmente suonava come “buu”. Ma sappiamo tutti cosa è successo. Stavano urlando il mio nome”.

In altre parole, la stizza di Djokovic sarebbe stata innescata da un malinteso. Resta il fatto che, come ha abituato nei suoi 20 anni di carriera, il campione serbo ha saputo convertire la rabbia per il contesto descritto in motivazione extra per far sua la partita.

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