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Atletica, 3 medaglie e l’ineluttabile passo indietro dopo Tokyo. Movimento profondo, ma gli Europei a Roma hanno inciso

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Nadia Battocletti
Battocletti/Lapresse

Cinque ori contro un argento e due bronzi: sembra un paragone impietoso quello fra l’atletica italiana a Tokyo e a Parigi. Non ci fosse stato Tokyo staremmo parlando di un bilancio trionfale ma non si può evitare il confronto con la storica edizione giapponese dei Giochi, dove gli azzurri sbancarono il campo, con cinque vittorie ma soffermarsi solo su questi numeri potrebbe essere fuorviante per misurare la forza del movimento.

Il primo dato che va analizzato è quello della condizione fisica e atletica. A Tokyo ad avere problemi, in fase di preparazione, furono tanti avversari degli azzurri. Si era ancora in pieno periodo Covid, a tal punto che i Giochi furono in pericolo fino a pochi giorni dall’inizio. Tante squadre avversarie affrontarono una preparazione a singhiozzo, sicuramente non ideale e sbarcarono al Villaggio olimpico dove si diffuse qualche focolaio di Covid. L’Italia non ebbe intoppi nella fase di preparazione, indovinò la scelta di non andare nel villaggio e riuscì a preparare al meglio le gare olimpiche. Quest’anno non è andata esattamente così. Alcuni dei campioni di punta della squadra italiana, tra cui tre ori olimpici, Gianmarco Tamberi, Massimo Stano e Antonella Palmisano, non si sono presentati al meglio a causa di problemi fisici vari, con cui hanno dovuto fare i conti, tanto per stare sui finalisti di Tokyo, Zane Weir e Alessandro Sibilio.

Senza voler sminuire i trionfi indimenticabili di Tokyo, ottenuti con risultati di altissimo spessore, si può dire che tanti gruppi di allenamento, con atleti dalle più svariate parti del mondo, si sono presentati a Parigi con la preparazione ideale e si è visto e la crescita indubbia del movimento statunitense, inequivocabile guardando il medagliere, ha tolto spazi sul podio alle rivali.

Tutte queste situazioni si sono ripercosse sul medagliere azzurro che recita un argento e due bronzi contro i cinque ori di Tokyo e contro l’oro, due argenti e un bronzo di Budapest lo scorso anno. Il passo indietro è evidente confronto a Tokyo, molto meno se rapportato alla rassegna iridata dello scorso anno. E’ mancato qualche lampo da podio, è vero. La staffetta 4×100 e Leonardo Fabbri sono i rimpianti più grandi: il podio era ampiamente alla portata e sono arrivate prestazioni al di sotto delle possibilità, mentre le medaglie sono arrivate da nuovi “attori protagonisti” e questa è la prima buona notizia che arriva dalla edizione parigina dei Giochi.

L’altra buona notizia, che fa ben sperare per il futuro è la “profondità” del movimento. L’Italia a Parigi ha ottenuto un’inedita sesta nella classifica a squadre, composta da tutti i piazzamenti dal primo all’ottavo posto. I dati qui sono ottimi e incoraggianti per il futuro. L’Italia ha conquistato ben 15 posti in finale, senza contare gli altri finalisti che non sono riusciti ad entrare tra i primi otto. A Tokyo erano stati nove i posti in finale conquistati dall’Italia, mentre a Budapest erano stati tredici gli azzurri che avevano conquistato un posto in finale. Un trend in crescita che, questo sì, dà l’idea di quanto questo movimento azzurro sia in crescita costante e che il bello, probabilmente, debba ancora arrivare.

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