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Atletica, bicchiere mezzo pieno a Parigi anche se manca qualche medaglia. Quindici posti in finale e i giovani fanno ben sperare

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Mattia Furlani
Furlani/Lapresse

Sorrisi, a denti stretti, ma sorrisi. La spedizione azzurra dell’atletica a Parigi alla fine esce con un risultato complessivo tutto sommato positivo anche se non è riuscita nemmeno ad avvicinare il miracolo di Tokyo con cinque ori. A far sorridere i tanti posti conquistati in finale, il sesto posto globale nella classifica a squadre e i tanti volti nuovi, Battocletti, Diaz, Furlani, tanto per fare tre nomi, che hanno caratterizzato l’Olimpiade dell’atletica italiana, bilanciando qualche contro-prestazione che ha spesso a che fare con la sfortuna.

Il primo aspetto da considerare è la condizione fisica e atletica. A Tokyo, l’Italia si avvantaggiò della difficoltà che molti avversari incontrarono durante la preparazione a causa della pandemia di COVID-19. I Giochi giapponesi si svolsero sotto una nuvola di incertezze, con molte squadre che affrontarono difficoltà a causa di interruzioni nei programmi di allenamento e piccoli focolai di COVID-19 nei villaggi olimpici. L’Italia, d’altra parte, evitò problemi grazie alla decisione di non alloggiare nel villaggio olimpico, riuscendo così a prepararsi al meglio. Quest’anno, invece, le cose sono andate diversamente. Diversi atleti di punta, come Gianmarco Tamberi, Massimo Stano e Antonella Palmisano, hanno dovuto fare i conti con problemi fisici, che hanno compromesso le loro prestazioni. Anche Zane Weir e Alessandro Sibilio, finalisti a Tokyo, non sono riusciti a brillare come sperato.

Sebbene i trionfi di Tokyo restino memorabili e di grande valore, è evidente che le squadre avversarie a Parigi si sono presentate con una preparazione più solida. La crescita del movimento statunitense, visibile nel medagliere, ha contribuito a ridurre gli spazi disponibili per le altre nazioni sul podio.

Il confronto tra i risultati di Tokyo e quelli di Parigi mostra un passo indietro, ma è meno evidente se messo a confronto con il medagliere di Budapest dello scorso anno, che ha visto l’Italia conquistare un oro, due argenti e un bronzo. La mancanza di alcune prestazioni da podio a Parigi è un peccato, soprattutto per la staffetta 4×100 e Leonardo Fabbri, che avevano potenzialità di medaglia ma sono rimasti al di sotto delle aspettative. Tuttavia, l’emergere di nuovi protagonisti è una nota positiva da considerare.

Vanno legati questi risultati ai trionfi europei di Roma di un mese e mezzo fa? Anche in questo caso è giusto fare un distinguo. Gli atleti da medaglia o comunque da finale olimpica hanno preparato solo in parte l’Europeo in casa e in certi casi è bastato per salire sul gradino più alto del podio. Per alcuni atleti che nel contesto mondiale avrebbero ricoperto un ruolo secondario per densità e qualità dei rivali è stato giusto puntare tanto su Roma e in certi casi il calo di rendimento c’è stato, senza però compromettere risultati straordinari. In alcuni casi, vedi Fabbri, Palmisano o Tamberi su tutti, le prestazioni al di sotto delle attese a Parigi non c’entrano granchè con quanto fatto a Roma

Un altro aspetto incoraggiante è la “profondità” del movimento azzurro. L’Italia ha conquistato un’inaspettata sesta posizione nella classifica a squadre, che comprende tutti i piazzamenti dal primo all’ottavo posto. Questo risultato è particolarmente positivo, poiché dimostra una crescente competitività e un ampio numero di atleti capaci di arrivare vicino ai vertici. Con 15 atleti arrivati in finale a Parigi, rispetto ai nove di Tokyo e ai tredici di Budapest, il trend è in chiaro aumento. Questo suggerisce che l’atletica italiana sta vivendo una crescita costante e che le migliori prestazioni sono probabilmente ancora in arrivo.

In sintesi, anche se il bilancio di Parigi può sembrare meno impressionante rispetto a Tokyo, i segnali sono comunque promettenti. L’Italia sta dimostrando di avere una base solida e un movimento in espansione, con tanti talenti pronti a farsi notare nelle prossime competizioni internazionali.

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