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Basket, vent’anni dall’argento di Atene: un lampo in uno sport la cui gestione è rimasta indietro di decenni

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Gianluca Basile

Tic tac, tic tac. Il tempo scorre in maniera inesorabile, quasi che non ce ne accorgiamo. Per molti appassionati, sono gli eventi sportivi a scandire un po’ il tempo della nostra vita. Qualcuno parlava dei Mondiali, per OA Sport invece sono le Olimpiadi a farsi carico di questo compito. Che ci regalano gioie e dolori ogni quattro anni, con la chioma bionda che si colora di cenere Giochi dopo Giochi, o per qualche altro sfortunato invece che scompare del tutto. E senza nemmeno accorgersene, oggi è il ventennale di una delle medaglie più inaspettate della storia recente dello sport italiano: l’argento della Nazionale di pallacanestro di Charlie Recalcati. 

Certo, per alcuni celebrare un secondo posto non sarebbe propriamente onorevole per la cultura de ‘il secondo è il primo dei perdenti’. Ma signori, ci sono secondi posti e secondi posti. E questo qui non era per nulla preventivabile. Era una Nazionale che stava provando ad avviare un ciclo, dopo che quattro anni prima fallì l’appuntamento con il podio a Sydney, e che vide in poco tempo svanire i perni della squadra di Boscia Tanjevic, i perni offensivi Carlton Myers e Gregor Fucka, mentre Andrea Meneghin vedeva piano piano la sua carriera andare a rotoli per colpa dei persistenti problemi fisici.

Il compito di sistemare le cose venne dato dopo il brutto Europeo 2001 a Charlie Recalcati, che mise su piano piano una squadra molto operaia, magari senza un talento generalizzato, ma che seppe fare quadrato contro i momenti duri in cui sarebbe incappata. Proprio come all‘Europeo 2003, in cui si vinse un rocambolesco bronzo contro la Francia che pochi giorni prima ce ne diede addirittura 33, e l’anno dopo alle Olimpiadi. Che sarebbero stati dei Giochi speciali lo si intuì dopo la vittoria sugli Stati Uniti di Tim Duncan, Allen Iverson ed un giovane LeBron James (poi passato alla storia come Nightmare Team), ma la squadra non convinceva.

Nonostante tutto, la fase a gironi venne brillantemente superata con il secondo posto nonostante le sconfitte con Spagna e Serbia e Montenegro, permettendo di pescare il Porto Rico ai quarti. Comoda vittoria contro Arroyo e compagni, e poi invece, il 27 agosto, il capolavoro del basket italiano, quella vittoria con la fortissima Lituania in cui ognuno mise il proprio mattoncino: le triple di Basile, le zingarate di Pozzecco, la garra di Galanda (e di Garri, scusate il gioco di parole). Un 100-91 che ricordano tutti gli appassionati, ben più della sconfitta per 84-69 in finale con l’Argentina di Ginobili e Scola. Ma era un argento dal sapore dolce, dolcissimo. Molto di più di quello di Mosca 1980, ‘viziato’ dal boicottaggio statunitense.

Ancora ad oggi ricordiamo quell’Italia come una squadra gagliarda, e di quella sfida con la Lituania di una delle più significative della Penisola a spicchi. Ma, dopo vent’anni, che cosa si è costruito da questa inaspettata medaglia? La risposta, purtroppo, è ‘davvero poco’. Partiamo dal punto di vista agonistico: il livello del campionato italiano si è abbassato di molto, con Milano e Virtus Bologna avanti a tutte e Venezia e (forse) Brescia ad inseguire, con giocatori italiani che fanno fatica a trovare la propria nicchia, in alcuni casi chiusi da stranieri di second’ordine, e con giocatori di talento che, per poter emergere e far esprimere appieno il proprio talento, vedi Simone Fontecchio ma anche Nicolò Melli, sono dovuti espatriare. Per mancanza di fiducia o innamoramento facile per l’USA di grido, questo non è dato saperlo.

Di conseguenza anche la nostra Nazionale fa fatica. Da allora, nessun podio in competizioni internazionali e solo una partecipazione alle Olimpiadi, quella di Tokyo, arrivata in maniera rocambolesca battendo la Serbia al Preolimpico. Eppure i giovani interessanti ce ne sono, ma nelle alte sfere del nostro basket le cose fanno estrema fatica a cambiare anche di un minimo. La palla a spicchi italiana in generale sta rimanendo ferma, incollata a idee di oltre trent’anni fa fa, quando l’Italia stessa era un Paese completamente differente: florido, ricco, dove si viveva bene e con il sorriso sulle labbra. E si pensava bastasse questo per poter portare il nostro sport avanti: magari con meno soldi, ma con la tradizione, crogiolandosi all’idea che la Serie A fosse il campionato più bello e desiderato d’Europa.

Non ci si è evoluti. E ad oggi il nostro basket fa fatica ad attrarre nuovo pubblico, nuove persone e magari anche nuovi ‘adepti’, tra giocatori e semplici appassionati. Pensando ancora che il nostro sia ancora un prodotto ‘in salute’. Intanto però i risultati non arrivano più, ripetendoci sempre più spesso la frase ‘siamo questi’ come contentino, ma non ricordandoci di aver sprecato anche una generazione con tre giocatori NBA per nulla di contorno. E riguardiamo a quell’argento con un po’ di nostalgia. Senza provare anche a fare un passo in avanti, evolversi finalmente. E tentare di riportare la palla a spicchi vicino al cuore degli italiani.

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