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Il futuro della scherma mondiale è a tinte americane? Un sistema che sta prendendo il sopravvento

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Lee Kiefer
Kiefer / La Presse

Uno dei temi proposti dalle recenti competizioni di scherma con medaglie in palio è rappresentato dall’impressionante numero di atleti saliti sul podio formatisi nel circuito NCAA, ovverosia quello legato ai college. Famosissimo soprattutto se si parla di basket e football, ma presente in molti altri sport, fencing compresa.

Lee Kiefer (la cui figura sta diventando sempre più prominente nel panorama del fioretto, non solo contemporaneo, bensì finanche storico) si è formata nell’ambiente universitario. Lo stesso vale per l’emergente Lauren Scruggs, esplosa prepotentemente proprio a Parigi. Si parla di schermitrici statunitensi, quindi nessuna sorpresa.

Cionondimeno, si va oltre la nazionalità. A ben guardare, tanti Paesi stanno forgiando i propri talenti all’interno dell’ambito NCAA. La canadese Eleanor Harvey, il tunisino Fares Ferjani e l’egiziano Mohamed El-Sayed hanno studiato o studiano ancora nelle università americane, partecipando ai tornei da essi organizzati. Il discorso può essere ampliato all’ucraina Dariia Myroniuk e alla britannica Carolina Stutchbury, assenti a Parigi, ma medagliate agli Europei di Basilea.

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È una sorta di circolo virtuoso. L’arrivo degli stranieri alza il livello del circuito, spronando giocoforza anche gli autoctoni a migliorare. Un do ut des del quale beneficiano tutte le parti coinvolte.

L’Asia si è basata sull’importazione dei maestri europei. Chi, invece, si muove in autonomia e può permetterselo (magari supportato dalla propria federazione o comitato olimpico nazionale) si affida individualmente alla possibilità di usufruire della terra delle opportunità. È questo uno dei segreti dell’espansione dei confini della sempre più marcata espansione degli orizzonti della scherma.

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