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Olimpiadi, la Spagna conferma la sua aurea mediocritas e si mantiene in linea con gli ultimi 25 anni

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Carlos Alcaraz
Alcaraz / LaPresse

La Spagna ha chiuso l’edizione dei Giochi Olimpici di Parigi 2024 in linea con le aspettative della vigilia. Il bilancio degli iberici è comunque positivo, poiché il numero di medaglie non è stato inferiore a quello di Tokyo 2021 e soprattutto è stato incrementato il bottino di ori.

Ori peraltro pesanti, perché tali sono quelli del salto triplo, del calcio e della pallanuoto femminile. Certo, è mancato il tennis, ma Carlos Alcaraz si è inchinato solo a un monumentale Novak Djokovic, peraltro capace di battere pure un Rafa Nadal ormai in disarmo. Inoltre il doppio composto dai due spagnoli era decisamente più quotato di quanto avrebbe dovuto essere.

Gli spagnoli vincono dove sanno eccellere, in molti meno sport rispetto all’Italia. C’è poco da fare, se si guarda il movimento iberico nel suo complesso, può essere definito mediocre rispetto a quello di altre nazioni. Cionondimeno, in Spagna c’è una differente concezione dell’attività agonistica.

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Grandi numeri di praticanti su un numero limitato di sport. Calcio, basket e tennis fagocitano gran parte dei giovani che decidono di farne una professione. Di riflesso, c’è meno materiale umano su cui lavorare nel resto della sfera sportiva olimpica. Con tutti gli annessi e connessi del caso. Per qualcuno sono limitati, per altri sono specializzati. A loro va bene così, dei medaglieri olimpici si curano il giusto.

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