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Gianmarco Tamberi alla riconsegna del Tricolore: “Non è andata come volevo, ma ci ho messo il cuore”

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Gianmarco Tamberi
Gianmarco Tamberi / LaPresse

Una giornata speciale al Salone dei Corazzieri del Palazzo del Quirinale, a Roma, dove ha avuto luogo la cerimonia di riconsegna del Tricolore da parte dei portabandiera azzurri delle Olimpiadi di Parigi 2024 al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Arianna Errigo e Gianmarco Tamberi per i Giochi Olimpici, Luca Mazzone e Ambra Sabatini per i Giochi Paralimpici hanno avuto questa grande responsabilità e nel caso di Gimbo il desiderio sarebbe stato quello di lasciare il segno in quella Finale del salto in alto.

I guai fisici, che hanno condizionato non poco l’avvicinamento alla rassegna a Cinque Cerchi, non hanno permesso che il sogno si concretizzasse, ma c’è la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile: “Sappiamo di aver dato il massimo, a tutti nella vita capita di avere difficoltà, anche più grandi. Ma non c’è la tristezza per non averci provato, ci abbiamo messo il cuore“, ha detto Tamberi ai microfoni della Rai.

La mia carriera più volte è stata sottoposta al test se fossi in grado di rialzarmi, ho capito quanto è importante farlo subito. Purtroppo a Parigi non ha funzionato, ma ho comunque lottato e mantenuto la promessa fatta il giorno che presi la bandiera. Già essere scelto è un onore, i risultati record dei miei compagni mi hanno riempito il cuore di gioia. Per l’Italia è stata una Olimpiade grandiosa“, ha sottolineato l’azzurro, ricordando le 40 medaglie vinta dal Bel Paese, di cui 12 ori, 13 argenti e 15 bronzi. Il primato dei podi di Tokyo è stato eguagliato, ma con due ori (12 a 10) e tre argenti (13 a 10) si è fatto meglio.

Sono grato in primis a tutti coloro che mi sono stati vicini nel periodo più difficile della mia vita, quello di Parigi e indubbiamente non posso non accettare anche le critiche, quelle costruttive ovviamente e capire dove magari ho sbagliato. Penso che in linea di massima quello che mi avvicina molto alla gente è il mio essere più umano possibile, il saper urlare di forza quando mi sento un leone, come piangere dalla disperazione quando perdo tutto quello che ho. E’ quello per cui ho lavorato quindi rende la mia persona umana come tutti e fa capire quanti sacrifici, quante cose ci sono dietro, quanto lavoro c’è e ovviamente è qualcosa che ti avvicina ai sentimenti delle persone“, ha concluso Gimbo.

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