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Ginnastica artistica, le immagini di Netflix potrebbero cambiare un podio alle Olimpiadi! Il caso Chiles non è finito

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Chiles / Lapresse

È passato più di un mese dalla conclusione delle gare di ginnastica artistica alle Olimpiadi di Parigi 2024, ma potrebbe clamorosamente riaprirsi il verdetto della finale di specialità al corpo libero femminile. Cinque giorni dopo il termine delle competizioni alla Bercy Arena la medaglia di bronzo aveva cambiato proprietaria: dalla statunitense Jordan Chiles era passata alla rumena Ana Barbosu, classificata terza alle spalle della brasiliana Rebeca Andrade e dell’altra americana Simone Biles.

Inizialmente Barbosu era terza e aveva festeggiato la medaglia di bronzo in pista con tanto di bandiera, ma gli USA avevano presentato un ricorso che era stato accolto. Il punteggio di Chiles venne rivisto e aumentato a 13.766 (rispetto all’originario 13.666), dunque più del 13.700 della rumena.

Il TAS aveva però ravvisato che il reclamo presentato dalle americane era arrivato oltre il minuto previsto dal regolamento tecnico federale (articolo 8.5) e dunque era da non considerarsi valido: venne così ripristinato il 13.666 di Chiles e Barbosu conquistò a tutti gli effetti il bronzo con il riscontro di 13.700, mentre Chiles chiuse in quinta piazza. Non è però finita qui, perché sono emerse delle novità e il caso potrebbe essere riaperto.

Lunedì è arrivato l’ultimo appello della squadra americana grazie a un documentario di Netflix su Simone Biles, i cui primi due episodi sono stati diffusi prima dei Giochi e altri due usciranno prima di Natale. La regista Katie Walsh ha infatti fornito un filmato di quella gara, che contribuirebbe a smentire un aspetto cruciale della sentenza del Tribunale Arbitrale dello Sport: dimostrare che il ricorso della ginnasta statunitense contro il suo punteggio era stato presentato ben prima della scadenza dei 60 secondi.

Nel documentario si sentirebbe l’allenatrice Cecile Landi fare reclamo dopo 49 secondi e non dopo 64 secondi, come riportato nella prima sentenza. Basterà per cambiare nuovamente il verdetto di una delle finali più controverse della storia delle Olimpiadi?

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