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MotoGP, c’è il rischio di perdere una generazione di piloti italiani? L’assenza di opportunità “chiude” Arbolino (e Vietti)

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Tony Arbolino / Valerio Origo

La scorsa settimana è stato incasellato l’ultimo tassello della “griglia di partenza” della MotoGP 2025. L’ufficializzazione del ritorno di Jack Miller nel Team Pramac, per il quale aveva già corso dal 2018 al 2020, ha chiuso qualsiasi porta alle speranze altrui di trovare un posto nella classe regina. In particolare, tra chi ambiva alla sella di quella Yamaha M1, c’era Tony Arbolino.

Il ventiquattrenne lombardo sarà sì in Pramac, ma nel cosiddetto “Master Camp”. Dovrà quindi adattarsi a restare in Moto2, dove gareggia ormai dal 2021. Il rischio è quello di vedere la propria carriera plafonata nella classe cadetta, un po’ come sta accadendo a Celestino Vietti (anche lui nel recente passato considerato un papabile per la MotoGP, senza però che il salto di categoria si concretizzasse).

Così, per il terzo anno consecutivo, non avremo nessun rookie italiano in MotoGP. Dopo l’ascesa di Marco Bezzecchi e Fabio Di Giannantonio avvenuta nel 2022, non ci sono più stati centauri tricolore in grado di issarsi sull’Olimpo del motociclismo. Qualcuno dirà che bisogna avere le qualità per raggiungere certe quote. Verissimo, ma talvolta è anche una questione di opportunità o, se si preferisce, di fortuna.

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Prendiamo il caso di Alex Marquez. Il cognome è pesante, ma non parliamo certo di un fenomeno. Gli vada a genio o meno, il ventottenne catalano resterà sempre “il fratello di Marc”. Non avrebbe neppure dovuto correre in MotoGP, ma ebbe la sua chance quando “i pianeti si allinearono” nel 2019. Un imbolsito Jorge Lorenzo annunciò sorprendentemente il proprio ritiro, rinunciando al secondo anno di contratto con Honda.

Hrc, trovatasi dal tramonto all’alba a dover cercare un pilota, optò per chi aveva appena vinto il Mondiale Moto2. Marquez II, appunto, che ha successivamente saputo costruirsi una buona carriera in top-class. Non è neppure necessario laurearsi Campioni nelle categorie propedeutiche per poter svettare in MotoGP. Un esempio? Il già citato Di Giannantonio.

Il romano non aveva ottenuto risultati superiori a quelli di Arbolino tra Moto3 e Moto2, ma ha avuto la possibilità di entrare in MotoGP. Pur rischiando successivamente di uscirne, ha avuto il merito di restarne aggrappato con le unghie e con i denti, graffiando alla prima occasione utile per restare “nel giro buono”. Le circostanze gli hanno poi addirittura garantito un contratto direttamente con Ducati, tanto che nel 2025 cavalcherà una Desmosedici ufficiale (seppur con i colori del Team VR46).

Insomma, c’è il rischio che l’Italia del motociclismo perda una generazione agonistica. Quella degli Arbolino, dei Vietti, dei Foggia. C’è chi ha preferito prendere altre strade, dedicandosi con profitto alle derivate di serie (come Nicolò Bulega). Quale sarà, invece, il destino di altri centauri tricolore? Per il momento restano confinati nell’anticamera del successo, proseguendo a coltivare la speranza di entrare, un domani, nel gotha assoluto.

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