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Tennis: tra Laver Cup e polemiche sul calendario con senso relativo

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Carlos Alcaraz, Alexander Zverev
Alcaraz, Zverev / LaPresse

La Laver Cup 2024 è terminata ieri. L’ha vinta il team Europe per 13-11 sul Team World, ribaltando una situazione che al secondo giorno vedeva un 4-8 e a metà terzo un 7-11. Fin qui il fatto sportivo, che data la natura di sostanziale esibizione con benefit dell’evento di Berlino può lasciare a ognuno le proprie considerazioni.

Il vero tema che si è presentato dalle parti della Uber Arena è quello del calendario. Non un tema molto facile da affrontare, perché del congestionamento se ne lamentano periodicamente in tanti e abbastanza spesso. Semmai, fa sorridere che a lanciare un allarme calendario sia stato Carlos Alcaraz, che ha letteralmente urlato il proprio disappunto: si gioca troppo, secondo lui. Il murciano, però, dovrebbe forse riflettere anche sulle proprie, di priorità, visto che è il primo ad andare a giocare qualunque tipo di esibizione possibile e immaginabile sia durante la stagione che fuori da essa.

A rilanciare ulteriormente è stato Alexander Zverev. Il tedesco, che quanto a esibizioni è sempre stato uno che ne gioca relativamente poche, è stato ancora più diretto circa la questione: “11 mesi di competizione all’anno, non esiste in nessun altro sport“. E se questo assunto è vero, con la precisazione che si comincia spesso a fine dicembre e finisce nella seconda settimana di novembre, è lui stesso a puntualizzare ancora: “Questa è tutta una questione di soldi; è tutto ciò che interessa all’ATP. I giocatori non hanno potere decisionale“. E sottolinea anche come il boicottaggio sarebbe fondamentalmente inutile, visto che il sistema in essere proseguirebbe con altri giocatori, con una sostanziale sostituzione dei protagonisti con nuovi volti.

Rispetto a un Alcaraz che lamenta la questione in maniera se vogliamo poco coerente con quel che è, su Zverev si può avere un maggiore grado di comprensione. Che determinati giocatori siano sul piede di guerra da anni è fatto noto, anche se in superficie emerge molto poco. Rimane però da notare una cosa: nei suoi anni migliori, Roger Federer giocava quasi 100 partite all’anno. A prescindere dal fatto che lui tendeva a vincere praticamente tutto a metà degli Anni 2000, è chiaro che oggi per molti c’è una consapevolezza maggiore della gestione del fisico; si può comunque accogliere il punto finale di Zverev, e cioè o far cominciare la stagione dopo o farla terminare un pochino prima (obiettivo parzialmente raggiunto anni fa quando furono spostate all’indietro sia ATP Finals che Coppa Davis).

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