America's Cup
America’s Cup, New Zealand apre a novità: “Barche più leggere e modifiche dell’equipaggio”. Dan Bernasconi e i “pezzi di magia”
Team New Zealand ha alzato al cielo la America’s Cup per la terza volta consecutiva, giganteggiando nelle acque di Barcellona e travolgendo INEOS Britannia con un perentorio 7-2. Il Defender è sempre stato in controllo della situazione e ha annichilito la flebile resistenza del Challenger of Record, riuscendo a mettere le mani sulla Vecchia Brocca per la quinta volta nella propria storia. I Kiwi hanno aperto una vera e propria era (da oltre trent’anni il trofeo sportivo più antico del mondo non veniva conquistato per tre edizioni di fila) e guardano con grande ottimismo al prossimo futuro, in attesa di decidere dove e quando si regaterà.
Il sodalizio neozelandese avrà infatti il diritto di scegliere le date e la sede della massima competizione velica: si parla di 2026 o di 2027, si stanno valutando Barcellona e Valencia mentre Jeddah sembra avere perso quota e un ritorno ad Auckland appare complicato. Dietro ai grandi risultati agonistici ottenuti dall’equipaggio guidato da Peter Burling (ormai entrato nell’elite dei mostri sacri della Coppa America grazie ai tre sigilli ottenuti da timoniere) c’è indubbiamente Daniel Bernasconi, il progettista che ha contribuito alla realizzazioni degli scafi capaci di trionfare nel 2017 alle Bermuda, nel 2021 nel golfo di Hauraki e un paio di settimane fa in terra catalana.
Daniel Bernasconi ha fatto il punto della situazione in un’intervista concessa alla testata neozelandese Stuff, soffermandosi sui punti di forza di Taihoro e valutando le differenze con gli altri sodalizi che si sono fronteggiati in Spagna: “Sapevamo di doverci confrontare con progettisti e altri team molto forti, quindi le barche erano molto vicine. La differenza non sta tanto nelle barche in sé, ma di come si impara a estrarre il meglio dal progetto. Ci sono così tante regolazioni da fare sulla barca, così tanti controlli per le vele, i foil, il cant“.
Il progettista ha poi proseguito, identificando anche degli eventuali punti da migliorare: “Abbiamo fatto passi da gigante negli ultimi tre o quattro mesi di permanenza a Barcellona, imparando a ottimizzare il mezzo che abbiamo a disposizione. C’è un limite a ciò che si può ancora fare alla barca: si tratta di centesimi o millesimi di nodi da guadagnare. A volte si possono guadagnare nodi usando quello che si ha e sfruttando meglio la barca a disposizione“.
Si è a lungo parlato di quali potessero essere i segreti di Team New Zealand e di come facesse la barca oceanica a essere così più veloce rispetto a INEOS Britannia, che nella finale di Louis Vuitton Cup aveva regolato Luna Rossa per 7-4. Bernasconi ha affermato che non ci sono segreti nascosti: “Non credo che ci sia qualcosa di super segreto su cui gli altri team non avrebbero potuto lavorare. Non c’è una magia specifica, ma solo mille piccoli pezzi di magia”.
Un passaggio anche sulle novità che potrebbero essere introdotte nel prossimo futuro, visto che i Kiwi avranno il diritto di stilare il regolamento (interagendo con il Challenger of Record, apparso però molto morbido nell’ultima occasione): “Certamente vorremmo apportare alcuni cambiamenti, ma anche non rendere obsoleta l’attuale flotta di AC75. Forse le barche diventeranno ancora un po’ più leggere e forse saranno modificate le configurazioni dell’equipaggio”.