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Casper Ruud rivela: “L’Arabia Saudita è un Paese controverso, ho scelto di non andarci”

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Ruud / LaPresse
Ruud / LaPresse

Un evento che fa discutere. Il Six Kings Slam, torneo di esibizione di scena a Riad (Arabia Saudita), desta perplessità per i compensi astronomici destinati ai giocatori e anche per il luogo in cui si sta tendendo: 1.5 milioni di dollari solo per la partecipazione e 6 milioni per il vincitore. Cifre astronomiche, se si pensa che Alcaraz, vincitore a Wimbledon quest’anno, ha intascato “soli” 3.6 milioni di dollari.

Del resto, la potente monarchia del Golfo, ricca di petrolio e criticata per le sue violazioni dei diritti umani e per il suo bilancio ambientale, investe non pochi denari nello sport mondiale e questa competizione è solo l’ultima della serie. La sensazione è che il coinvolgimento degli arabi sia inevitabile, tenuto conto anche della partnership tra il circuito ATP e il fondo arabo PIF.

A dire la sua da questo punto di vista è stato il norvegese Casper Ruud, impegnato questa settimana nel torneo di Stoccolma: “Finora ho scelto di non andarci, ma mi sembra inevitabile che saranno molto presenti nel futuro del tennis“, ha dichiarato il top-10.  “Non ho ricevuto un’offerta dal Six Kings Slam, ma ne ho già avute altre e ho scelto di non andare. Ovviamente è un Paese controverso in molti sensi, ma ce ne sono altri allo stesso livello, in cui viaggiamo e in cui giochiamo. Lì si può certamente discutere di Cina e di diritti umani, ma noi ci andiamo ogni anno. Si è parlato molto di Peng Shuai e di quello che le è successo, e questo è solo per dire che se vuoi indicare l’Arabia Saudita come un territorio controverso, dovresti menzionare anche altre realtà di cui non stiamo parlando“, ha affermato Ruud.

Naturalmente hanno molti soldi, e so bene che, dico, probabilmente verrà descritto come un lavaggio di denaro nello sport, ma mi sembra che il loro nuovo leader Mohammed bin Salman voglia fare qualcosa, soprattutto nello sport. Potrebbe voglio cambiare il Paese e magari renderlo un po’ più occidentale. Gli atleti che viaggiano lì potrebbero portare a un cambiamento, chi lo sa?“, l’idea dello scandinavo.

In conclusione, un pensiero sul concetto di Sportwashing: “So benissimo che posso sembrare molto ingenuo dicendo questo, perché la gente vuole solo dire che è lo “Sportwashing” a nascondere ciò che sta realmente accadendo. Ma se non iniziassero mai da qualche parte, non sono sicuro che ci sarebbe mai un cambiamento. Se vuoi iniziare con lo sport, è qualcosa che hanno fatto anche altri paesi del Medio Oriente, come Dubai e Abu Dhabi. In una certa misura, anche Doha in Qatar. Sono sicuro che ce ne saranno sempre di più in futuro, e ci sono anche molte voci nel tour ATP sulla possibilità che ci sarà un torneo extra in Arabia Saudita. Finora ho scelto di non andarci, ma mi sembra inevitabile che vogliano diventare grandi nel tennis in futuro, e hanno già le Next Gen Finals, quindi vediamo cosa riserva il futuro“.

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