Tennis
WTA Finals 2024: i risultati delle italiane nel passato. Tra gironi come tabù, occasioni mancate e un successo in doppio
Benché sembri difficile pensarlo al giorno d’oggi, nelle sue svariate denominazioni le WTA Finals hanno avuto con buona periodicità delle presenze italiane. Questo per un duplice fattore: il merito delle giocatrici azzurre dagli Anni ’80 fino a oggi e la variabilità dei format. Non sempre, infatti, si è giocato secondo il sistema dei due gironi da quattro con semifinali e finale a seguire.
Per molto tempo, infatti, la formula è stata quella di un tabellone a eliminazione diretta con 16 giocatrici. Era così nel 1986, quando il Virginia Slims (lo si chiamava così per via dello storico sponsor dell’associazione femminile ai tempi) si giocò sia a marzo che a novembre a causa del cambiamento di calendario. Nell’edizione di novembre ci fu il debutto della bandiera tricolore, che fu portata da Raffaella Reggi, ai tempi spesso nelle 20 e neanche troppo lontana dalle 10. Allora si giocava, appunto, con il tabellone a 16; le toccò subito Pam Shriver e l’americana, oggi commentatrice dagli unanimi riconoscimenti, vinse per 6-3 6-1. La vera grande occasione, però, la ebbe nel 1987: il ritiro di Hana Mandlikova (dopo un set da 7-5 per l’azzurra) portò Reggi ai quarti con Sylvia Hanika, che aveva eliminato a sorpresa Chris Evert. Fu però 6-2 4-6 6-0 per la tedesca, che poi non oppose resistenza alla primissima Steffi Graf in edizioni che, dal 1984 al 1998, per la finale prevedevano i tre set su cinque. Ancora nel 1989 per lei ci fu spazio, ma perse anche stavolta subito con l’allora cecoslovacca Helena Sukova per 6-3 7-5.
Un’italiana si fece rivedere alle WTA Finals, diventate WTA Tour Championships a quel tempo, nel 2001. Era cambiata la sede: non più lo storico Madison Square Garden di New York, ma l’Olympiahalle di Monaco di Baviera. E non c’erano più i cinque set, aboliti ormai dal 1999 compreso nella finale. Ad andare in scena, nel tabellone a 16, fu Silvia Farina, che fu eliminata subito da Serena Williams con un 6-0 6-2 che risuonava molto forte in un’epoca nella quale la forza del vertice della WTA era a livelli forse mai visti prima e mai più visti dopo. Stessa storia l’anno successivo, con il ritorno negli USA (Staples Center di Los Angeles, che oggi ha cambiato nome): Farina, però, lottò per un set con Jennifer Capriati prima di finire ancora sconfitta per 7-5 6-1.
Nel 2003 venne sdoganato il sistema identico a quello dell’ATP: due gironi da quattro. In questo contesto fu Francesca Schiavone a qualificarsi nel 2010, soprattutto grazie ai risultati degli Slam, dalla storica vittoria al Roland Garros ai quarti agli US Open e agli ottavi agli Australian Open. A Doha perse malamente il primo match con Samantha Stosur: l’australiana rimontò nel primo set dopo un parziale subito di 16-3 e poi chiuse per 6-4 6-4. Venne poi il momento di Caroline Wozniacki, con la danese che era salita al numero 1 del mondo: finì 3-6 6-1 6-1. A qualificazione già compromessa la vittoria sulla russa Elena Dementieva per 6-4 6-2. Quello che non le avevano detto è che quello era l’ultimo match di Dementieva, che si ritirò a fine incontro con una cerimonia direttamente sul campo. Com’è come non è, fu il primo match completo vinto da un’italiana nel torneo conclusivo.
Il 2012 vide invece qualificarsi Sara Errani, dopo una stagione da brividi con una finale, una semifinale e un quarto Slam e diversi altri risultati di elevato prestigio. Nel primo confronto con Maria Sharapova non ci fu niente da fare: la russa vinse 6-3 6-2. Nel match successivo, però, non concesse la rivincita della semifinale di Parigi a Samantha Stosur (entrata al posto della ceca Petra Kvitova): la romagnola vinse 6-3 2-6 6-0 e poté così giocarsi l’accesso in semifinale contro Agnieszka Radwanska. Quel match durò tre ore e mezza ed è ingiustamente dimenticato da tanti: l’azzurra arrivo fin sul 7-6(6) 5-4 e servizio, ma di lì la polacca infiammò Istanbul e ribaltò la situazione in un 6-7(6) 7-5 6-4 che lasciò stremate sia l’una che l’altra. Errani si qualificò anche nel 2013, non sfruttò un 5-2 sulla bielorussa Victoria Azarenka nel primo set, perse 7-6(4) 6-2, poi uscì sconfitta anche dalla cinese Na Li 6-3 7-6(5), infine batté con un doppio 6-4 la serba Jelena Jankovic.
L’ultima presenza azzurra, a conti fatti, rimane quella di Flavia Pennetta nel 2015, che coincise con l’ultimo suo torneo disputato prima del ritiro annunciato direttamente dalla premiazione degli US Open vinti contro Roberta Vinci. Subito arrivò un durissimo 6-0 6-3 subito dalla rumena Simona Halep, ma pronto fu il riscatto contro Radwanska (7-6(5) 6-4). Fu così che, a Singapore, tutto si decise nel match finale con Maria Sharapova, che però perse per 7-5 6-1 con rimpianti nel primo set. Fu l’ultimo match della brindisina a livello professionistico.
L’Italia ha vissuto qualche passaggio anche dal doppio. In principio furono Rita Grande e Roberta Vinci, anche se separatamente, nel 2001: tutte e due persero ai quarti, accanto rispettivamente ad Alexandra Fusai e Sandrine Testud. Due accoppiate italo-francesi, in sostanza. Sembrò un episodio isolato, anche perché altrettanto breve sembrò la stagione del torneo a otto visto che ritornò a quattro ancora fino al 2014. Invece, nel 2007, Francesca Schiavone entrò assieme alla ceca Kveta Peschke: eliminazione in semifinale (ancora c’era l’eliminazione diretta). Chi trionfò, invece, fu Flavia Pennetta nel 2010 assieme all’argentina Gisela Dulko: King/Shvedova e Peschke/Srebotnik furono superate in semifinale e finale. Non si ripeterono l’anno successivo, uscendo in semifinale. Stesso problema lo ebbero Sara Errani e Roberta Vinci nel 2012 (in cui la programmazione dei match non fu tenera con la romagnola) e 2013, mentre nel 2014 fu ancora Errani che dovette ritirarsi dopo tre game nel match del quarto di finale (si era ritornati a otto, ma i gironi sarebbero arrivati solo l’anno successivo) con evidenti problemi di salute.
Oggi tutto torna a rivivere, nella forma di Jasmine Paolini, che se la giocherà sia da sola che con Errani, che torna dopo 10 anni ed è a questo punto alla quarta partecipazione nel suo complesso, peraltro in tre città diverse: Istanbul, Singapore e Riad.