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AI PIEDI DEL MAESTRO! Jannik Sinner è la storia! Domina ancora Fritz e conquista le ATP Finals!

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Sinner / LaPresse

Jannik Sinner è il primo italiano nella storia del tennis a vincere le ATP Finals. Sono passati 54 anni dall’ideazione del torneo, e per la prima volta un nostro giocatore porta a casa quello che è il trofeo più importante che esista al di sotto degli Slam. 6-4 6-4 il punteggio finale nei confronti di Taylor Fritz, e neppure l’americano, apparso in grande forma in questi giorni, riesce a vincere più di quattro giochi in un parziale contro il numero 1 del mondo. Il classe 2001 di Sesto Pusteria raggiunge un altro primato, tra i tanti, che è da brividi: dal 1986, cioè da Ivan Lendl, non c’era un giocatore in grado di vincere senza cedere neppure un set lungo i cinque incontri del torneo dei migliori otto.

Che all’Inalpi Arena l’atmosfera sia particolare si capisce dal primo punto vinto da Sinner, un passante di rovescio lungolinea in risposta. Sono tutti pronti lì, ad acclamare un uomo che per il tifo italiano è come fosse una stella del rock. Paradossalmente, il primo game, che Fritz in un modo o nell’altro chiude a 30, è anche il più lottato dei primi quattro, perché dopo sono, nel senso letterale della cosa, i servizi a spadroneggiare. Jannik gioca due ottimi punti (spettacolare il secondo con dritto vincente a chiudere), ma il californiano serve molto bene e chiude la porta. Sul 3-3 le prime palle break per il numero 1 del mondo arrivano, con Fritz che un paio di gratuiti li lascia per strada, salvo poi riprendersi con prime da par suo. Un doppio fallo porta a Sinner la terza chance, ma questa se ne va dopo uno scambio durissimo e bellissimo che viene deciso da una palla out di forse nemmeno un millimetro. Il quarto tentativo è però quello buono, e assume la forma del 4-3 con una finta di tirare il dritto che diventa palla corta illeggibile e imprendibile: l’Inalpi Arena non sta più nella pelle. Il decimo game è anche l’unico che Jannik è costretto a portare ai vantaggi, con Fritz che ne sfrutta un dritto meno incisivo per saltarci sopra di rovescio: palla del controbreak. Il salvataggio arriva con il servizio: una prima esterna per chiudere lo spiraglio, un ace, il decimo, per dare a questi 40 minuti un padrone. Cioè lui.

Sembra iniziare sotto il segno della calma, il secondo set, anche se il concetto di calma qui è molto relativo dato il livello di gioco che riamane particolarmente elevato. Per Sinner la prima vera opportunità arriva sul 2-2, quando una palla corta mal giocata da Fritz lo porta sul 30-40. Il servizio salva l’americano, ma nel punto successivo Jannik lo manda da qualunque parte, a destra, a sinistra, e se fosse possibile pure in alto e in basso: esplode il pubblico, altra palla break che stavolta va a segno su errore del prossimo numero 4 ATP. Il quale, vista la situazione, decide che da perdere non c’è più niente e inizia a cercare più di una variazione. Fritz per due volte riesce ad arrivare a 30 sul servizio dell’italiano, sul 3-2 e sul 4-3, e nella seconda occasione lo porta ai vantaggi trovando spesso molta profondità. L’arma in più del numero 1, in questo caso, è il servizio: ace, 5-3 e secondo “Olè, olè olè olè, Sinner, Sinner” del set dopo quello successivo al break. Sul 5-4, tanto per cambiare, sul 15 pari la palla corta emerge di nuovo, nascosta, giocata perfettamente, con Fritz che neppure parte. Un dritto potente, dei suoi, lo porta a due match point. L’americano sbaglia di dritto, e a questo punto l’Inalpi Arena esplode: la Storia parla italiano.

Al di là di tutte le statistiche del match, e di una giornata in cui Sinner ha chiesto tanto al servizio (14 ace, 83% di punti vinti con la prima), ce n’è una che fa particolare impressione. Jannik, infatti, è il terzo uomo a vincere i due Slam sul cemento (Australian Open e US Open) e le Finals in era moderna. Gli altri due nomi? Novak Djokovic e Roger Federer. E con oggi fanno 70 vittorie, più di chiunque altro in quest’annata che lo mette al fianco di tutti i mostri sacri. Un novero nel quale ha tutta l’intenzione di entrare anche lui.

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