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Biathlon, Coppa del Mondo femminile 2024-25. Quale figura scaturirà dalla geometria variabile dei valori in campo?

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Lisa Vittozzi
Vittozzi / IPA Sport

A differenza di quanto accade nel settore maschile, dove esiste un centro di gravità permanente chiamato Johannes Thingnes Bø, i valori del biathlon femminile assumono una geometria variabile a seconda delle circostanze. Certo, esistono svariati punti fermi, ma non c’è modo di prevedere in che ordine possano disporsi e a quale figura daranno vita.

Fossero tre, potrebbero creare un triangolo equilatero, isoscele o scaleno. Fossero quattro, ci sarebbe l’imbarazzo della scelta fra quadrato, rettangolo, rombo o trapezio. Figuriamoci cosa può saltar fuori se di punti da unire ce ne fossero sei, sette o anche più! Peraltro, se uno o due dovessero venir meno, ne salterebbero fuori altri, magari in posizioni inaspettate.

Questo per dire che la rosa delle pretendenti alla Sfera di cristallo riservata al settore femminile è dotata di parecchi petali. Anzi, si dovrebbe parlare di margherita, non di rosa. Sarà il tempo e l’esito di ogni tappa “a sfogliarla”, eliminando progressivamente i capolini dell’infiorescenza, sino a quando – come in “Highlander, l’ultimo immortale” – non ne rimarrà uno solo, quello di chi si fregerà della Coppa del Mondo.

L’anelato trofeo prenderà di nuovo la via delle Alpi? Nel qual caso, i nomi più accreditati sarebbero quelli di Lisa Vittozzi sul fronte meridionale; di Julia Simon, Justine Braisaz-Bouchet e Lou Jeanmonnot sul versante occidentale; di Lena Häcki nelle vallate interne; di Franziska Preuß sulle pendici bavaresi (per un paio di sue connazionali è verosimilmente ancora troppo presto; però stanno fiorendo, eccome).

Oppure, l’agognata Sfera di cristallo tornerà in Scandinavia? Se così fosse, emergerebbe l’Ingrid Tandrevold o la sorella Öberg di turno (forse più Elvira di Hanna, alle prese con acciacchi al ginocchio), a meno di repentine esplosioni di qualche ragazza norvegese (mai da escludere a priori, vista la qualità espressa in quelle lande).

La mitteleuropa in questo momento ha poco da offrire sul lungo periodo, troppo labile la consistenza dell’eterna promessa Marketa Davidova o della misconosciuta connazionale Tereza Vobornikova. Certo, se Anamarija Lampic centrasse qualche bersaglio in più – soprattutto in piedi – potremmo raccontare un’altra storia. Tempo al tempo, chissà che non si possa concretizzare una favola.

Via, si parte! Il biathlon femminile comincia il gioco del “m’ama, non m’ama”. Una settimana dopo l’altra, la margherita diventerà sempre più canuta, sino a emettere il suo verdetto nel mese di marzo, quando scopriremo chi e in quale modo stringerà tra le mani la 38ma Coppa del Mondo della storia.

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