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Biathlon, Daniil Serokhvostov: “Andarsene dalla Russia non ha senso per le troppe difficoltà burocratiche. Ho già perso 3 anni di carriera, tanto vale aspettare qua”

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La Russia è sottoposta a un embargo sportivo ormai da due anni e mezzo. Inevitabile che diversi atleti abbiano letteralmente defezionato, assumendo passaporti differenti pur di continuare la loro carriera agonistica o – in alcuni casi – addirittura per cominciarla. Chiaramente questa dinamica può verificarsi nelle discipline dove la quantità e la qualità dei russi è di primissimo piano.

Per esempio, il pattinaggio di figura è uno sport in cui la “fuga dalla Russia” è più marcata. Per la verità, si tratta di un ambito dove la fluidità in termini di passaporti è diffusa in ogni dove, indipendentemente dalle vicissitudini politiche dell’uno o dell’altro Paese. Però quanto sta accadendo nell’Europa dell’Est ha acuito una situazione già in essere.

Cionondimeno, si è notato come biathlon e sci di fondo non siano affetti da tale diaspora. Certo, qualcuno si è trasferito altrove, ma si tratta di uomini e donne ai margini dei rispettivi movimenti, naturalizzati da federazioni nazionali di terzo piano. Addirittura, le fuoriuscite dalla Russia sono inferiori rispetto al periodo pre-embargo. Perché? Al riguardo, Daniil Serokhvostov ha un’idea ben precisa.

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Il siberiano sarebbe uno dei papabili per l’espatrio. Classe 1999, aveva cominciato ad affacciarsi con buoni risultati sul palcoscenico internazionale proprio a ridosso del bando a cui è sottoposto il suo Paese. La sua carriera è però stata stroncata sul nascere da fatti e decisioni alieni alle logiche sportive. Interpellato dalla testata Sport-Express, Serokhvostov ha espresso la propria opinione sul perché nel biathlon non si stiano verificando diaspore.

“Forse nessuno ha bisogno di naturalizzare i russi. Sì, mi rendo conto che qualcuno è stato ‘ingaggiato’ da Romania e Moldova, ma si tratta di nazioni dove il biathlon non è seguito e dove non c’è fermento. Peraltro non credo che chi è andato lì ci abbia guadagnato. D’accordo, ha l’opportunità di gareggiare in Coppa del Mondo, ma in termini di equipaggiamento e finanziamenti non è certo andato a star meglio.

Le nazioni scandinave o quelle dell’Europa centrale non ci prenderebbero mai in considerazione. Anzi, una naturalizzazione sarebbe completamente priva di senso. Primo perché hanno tanti atleti autoctoni, secondo perché il trasferimento sarebbe difficoltoso dal punto di vista burocratico.

Dunque, che senso ha cambiare nazionalità? Abbiamo già perso due o tre anni di carriera e trasferirsi altrove significherebbe perderne almeno altri due, tra una cosa e l’altra. Allora tanto vale restare qui e aspettare che accada qualcosa sul piano politico”.

Parole pragmatiche e rassegnate, quelle del vulcanico Serokhovstov, che in passato aveva espresso la volontà di vincere un oro olimpico sia nel biathlon che nello snowboard (!). Un sogno, ma per come si sono messe le cose, non avrà neppure modo di partecipare nelle manifestazioni a Cinque cerchi nella sua disciplina d’origine.

Peraltro, va sottolineato come tanti biathleti siano membri delle forze armate. Dunque, cambiare passaporto equivarrebbe a disertare, con tutti gli annessi e connessi del caso…

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