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Taekwondo
Carlo Molfetta: “I Giochi del Mediterraneo cambieranno la faccia della Puglia. Nel 2004 ad Atene sbagliai approccio”
Il taekwondo italiano ha conquistato almeno una medaglia in quattro delle ultime cinque edizioni dei Giochi Olimpici, tra cui la più recente andata in scena la scorsa estate a Parigi in cui è arrivato il bronzo di Simone Alessio nei -80 kg. Carlo Molfetta, campione olimpico a Londra 2012 tra i pesi massimi ed ex team manager della Nazionale, ha concesso un’intervista a OA Sport in cui sono stati toccati diversi temi legati all’attualità, ma anche al suo passato da atleta e all’attuale ruolo di direttore generale dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026.
A Parigi ha vissuto la sua prima Olimpiade da non tesserato della FITA, dopo aver svolto anche il ruolo di team manager a Tokyo. Era lecito attendersi qualcosa in più o il bronzo di Simone Alessio ha reso comunque soddisfacente questa edizione olimpica del taekwondo italiano?
“Una medaglia olimpica è una medaglia olimpica, quindi a prescindere da quello che uno può aspettarsi o sperare, stiamo comunque parlando di un’Olimpiade. Raggiungere una medaglia per la seconda edizione consecutiva dei Giochi è stato un buon risultato per la Federazione. Ovviamente però non ci si può nascondere dietro a un dito. Quando hai un n.1 ed un n.3 del ranking mondiale, e soprattutto quando hai un campione iridato in carica e un altro che aveva vinto il Mondiale nel 2022, stiamo parlando di due esponenti di livello così tanto alto che non si può non sognare un doppio oro. Ma stai comunque facendo un’Olimpiade e hai davanti atleti e Comitati Olimpici preparati, quindi arrivi lì e riesci magari a portare a casa un bronzo che è un grandissimo risultato, anche se magari non quello che ci si aspettava o sperava“.
Sull’infortunio che non ha consentito a Vito Dell’Aquila di provare a difendere il titolo olimpico, Molfetta ha dichiarato: “Purtroppo, in quanto sport di contatto, sono cose che possono succedere. Ovviamente speriamo sempre che non succedano a noi, però devi tener conto anche dell’eventualità che possa capitare. Uno prova a tenere duro, così come ha fatto Vito continuando a combattere, ma purtroppo se non riesci più a rimanere sul tatami c’è poco da fare“.
Da atleta ha preso parte a due edizioni dei Giochi Olimpici, a otto anni di distanza l’una dall’altra. Ci può raccontare cosa le è rimasto delle sue esperienze ad Atene 2004 e Londra 2012?
“Sono due esperienze simili e allo stesso tempo molto diverse. Ad Atene ero convinto di vincere l’oro, mentre a Londra speravo di vincere l’oro. L’ambizione della vittoria è la cosa che le accomuna, mentre il risultato è la cosa che cambia. Nel 2004 ho avuto un atteggiamento sbagliato, dando per scontato di arrivare alle Olimpiadi e vincere, il che mi ha portato alla sconfitta. Dall’altra parte invece il lavoro, la preparazione, l’attenzione nei dettagli e diminuire la spavalderia, mi hanno portato a conquistare la medaglia d’oro in una categoria per me più complicata. Ero passato dai -68 kg di Atene ai pesi massimi per Londra“.
In finale a Londra ha completato una rimonta quasi insperata per aggiudicarsi la medaglia d’oro. Cosa le viene in mente ripensando a quell’impresa clamorosa?
“È la prova lampante che se vuoi realmente ottenere una cosa e ci credi con tutto te stesso, alla fine la raggiungi. Essere sotto di 6 punti e non darmi per vinto, continuando a lottare per cercare di recuperare, mi ha portato poi alla vittoria. Sicuramente il combattimento non è altro che poi il motto della vita“.
Cosa ne pensa del nuovo format introdotto nell’ultimo ciclo olimpico con i due round su tre invece del conteggio cumulativo dei punti nell’arco del combattimento?
“Io credo nell’evoluzione dello sport in generale. Vale per il taekwondo così come per tutte le altre discipline. Nel momento in cui ci sono degli upgrade, si accettano e si lavora per cercare di trarne vantaggio. Ho sempre accettato con estremo spirito di sfida le novità che mi potevano portare anche ad un cambiamento e ad una crescita come atleta“.
Quasi un anno fa è stato nominato nuovo direttore generale dei Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026. È soddisfatto del lavoro svolto in questi mesi? Qual è la situazione attuale a livello organizzativo e di impianti?
“Ci tengo a precisare che sono stato contrattualizzato ad aprile 2024, anche se la nomina era arrivata il 15 dicembre 2023. Effettivamente io ho iniziato a lavorare da aprile, quindi stiamo parlando di sette mesi. Ho ereditato una situazione complessa, una situazione di ritardo importante per l’organizzazione dei Giochi. Sono soddisfatto? Ni, perché penso che si possa sempre fare qualcosa di più e qualcosa di meglio. Stiamo lavorando bene come team e come consiglio direttivo insieme al presidente Massimo Ferrarese per cercare di recuperare il tempo perduto negli anni. È un’esperienza che mi sta facendo crescere molto e che mi sta piacendo“.
L’organizzazione dei Giochi del Mediterraneo cosa potrà lasciare in eredità a Taranto e più in generale alla Puglia sul piano dell’impiantistica sportiva?
“Una legacy importante, pazzesca. Se pensiamo a 275 milioni di euro che il governo ha stanziato per le infrastrutture, vuol dire cambiare la faccia di tutto il territorio pugliese. Avremo 21 strutture per le competizioni, tra quelle riqualificate e quelle che stiamo facendo ex novo come lo stadio del nuoto a Taranto. Sono dei progetti talmente importanti per i Giochi e per la Puglia intera, perché i ragazzini chiaramente domani avranno una struttura sostenibile, una struttura nuova, una struttura che è appena stata riqualificata, per potersi allenare e quindi per far crescere tutto il movimento sportivo regionale“.