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Coppa Davis 2024: l’Italia affronta l’Olanda per confermare il titolo. Doppio da evitare

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Jannik Sinner
Sinner / LaPresse

Sono diversi i temi che si possono toccare per raccontare la finale della Coppa Davis 2024, l’ultima prima di un parziale cambio di format che vedrà i suoi primi passi nel sorteggio del prossimo 2 dicembre a Londra. Italia e Paesi Bassi (spesso noti come Olanda, che pure è il nome di un paio di regioni) si sfidano in un ultimo atto che ha ottime ragioni per considerarsi storico. Si comincerà alle ore 16:00.

Innanzitutto, per il team orange è in ogni caso un momento mai visto prima, neppure ai tempi di Tom Okker prima e Richard Kraijicek poi. Ci andò vicino (ma non troppo) nel 2001, quando perse in semifinale dalla Francia, che al netto del 3-2 finale chiuse la pratica già per 3-0 al sabato, quando c’erano i tre set su cinque e il weekend da tre giorni. Stavolta, a 104 anni dal debutto, sotto la guida di Paul Haarhuis all’ultimo atto ci arriva una squadra forse priva del grande big che possono avere altre, ma con una forza media in grado di creare problemi a tante.

La dimostrazione è arrivata già nei quarti di finale, con Botic van de Zandschulp che ha inflitto l’ultima sconfitta della carriera a Rafael Nadal e ha iniziato a mettere a nudo tutti i problemi di scelte della Spagna, puniti alla fine anche da un Wesley Koolhof siderale nel doppio. Successivamente sono bastati lo stesso van de Zandschulp e Griekspoor in due battaglie da tre duri set contro Altmaier e Struff per piegare la Germania. E adesso una sfida che si è già avuta 10 volte nella storia, e in cui l’unico successo olandese è arrivato nel 1923. Già, 101 anni fa. Questo soprattutto per le parabole ben differenti del tennis da una parte e dall’altra (ma anche per via dei sorteggi quando tutte e due le formazioni erano nel World Group assieme).

Va rimarcato, però, come questa finale dia adito a un’evenienza che non si è mai verificata nella storia della Davis e che, dal prossimo anno, non si verificherà più perché sparirà la fase a gironi (con sollievo di tanti, giacché era proprio quello che andava contro lo spirito stesso dell’Insalatiera). Mai prima d’ora, infatti, due squadre si erano affrontate in due distinte fasi della competizione nello stesso anno: questa sarà la prima e unica volta nella storia. Ed è forse quasi un “cappello” ideale, quello che si pone sull’era dei raggruppamenti iniziata con i cervellotici (fino all’assurdo) gironi a tre squadre e terminata con una soluzione che faceva il verso alle ATP Finals, senza però mutuare la particolarità del torneo di fine anno.

L’Italia arriva ormai lanciatissima, da favorita dopo il successo sull’Argentina passato da un doppio formato da Jannik Sinner e Matteo Berrettini in grado di battere Andres Molteni e Maximo Gonzalez per l’Argentina e, soprattutto, dopo il 2-0 di ieri contro l’Australia, propiziato proprio dal numero 1 del mondo e dalla battaglia vinta dal romano contro Thanasi Kokkinakis. Attenzione, però: in questa che, oltre a essere la riedizione del girone di Bologna, è anche la replica del quarto del 2023, giocato allora come oggi a Malaga, ci sono delle cose che vanno tenute in considerazione.

Prima di tutto, i faccia a faccia. Berrettini e van de Zandschulp si sono già sfidati nella fase a gironi, e lì ha vinto il capitolino, che si è poi ripetuto nel primo turno dell’ATP 500 di Tokyo. Il ventinovenne di Wageningen, però, ha raccolto due scalpi importanti negli ultimi tempi: uno è quello di Nadal di cui si è parlato, l’altro è quello di Carlos Alcaraz, in pratica la madre di tutte le sorprese a livello Slam nell’anno. In generale, per Matteo è comunque 4-0 nei suoi confronti. Detto del fatto che è molto difficile sia schierato Jesper de Jong, per gli olandesi tutto passa inevitabilmente dal primo confronto. Nel caso (al momento improbabile) in cui a essere schierato sia Lorenzo Musetti, si tratta di un unico confronto nel primo turno di qualificazioni agli Australian Open 2021, un tabellone cadetto che si giocò a Doha e non a Melbourne per le vicende Covid-19. I sensazionalismi su tale sconfitta furono puntualmente smentiti dall’approdo ai quarti agli US Open di van de Zandschulp a fine anno. Oggi, chiaramente, per tutti la storia è (molto) cambiata.

Poi c’è anche il secondo singolare. E qui c’è da fare un po’ di attenzione, perché si tratta, praticamente, della quinta volta in pochissimo più di un anno di Jannik Sinner contro Tallon Griekspoor. Nelle ultime due occasioni, a Miami e Halle, il classe 2001 di Sesto Pusteria è venuto a capo del suo dirimpettaio di Haarlem al terzo set, dovendo sempre rimontare. Per l’azzurro il momento è storico: ha già vinto 18 volte in stagione contro i top 10, un primato toccato (con numeri a volte maggiori), dal 1990, solo al trio Federer-Nadal-Djokovic (2, 1 e 6 volte rispettivamente). Ma non è finita qui: vincesse anche solo un set domani, Sinner diventerebbe il secondo uomo in Era Open (l’altro è Roger Federer, 2005) a vincere almeno un parziale in ogni singolo match giocato nella stagione. Un dato che ha dell’irreale e che testimonia, in ogni caso, cosa sia stato Jannik quest’anno. Anzi, cosa ancora sia, visto che nel 2024 ci si è ancora.

Poi verrebbe, chiaramente, il capitolo doppio. E, nel caso in cui ci si arrivasse, bisognerebbe fare tanta attenzione soprattutto a Koolhof, che disputerebbe oggi l’ultima partita in carriera accanto a van de Zandschulp (a meno di ribaltoni di Haarhuis). Contro Simone Bolelli e Andrea Vavassori questa coppia ha già vinto nel girone un match tirato, mentre, invece, Koolhof, assieme al croato Nikola Mektic, nel circuito ci ha perso due volte. Chiaro, però, che il doppio in Davis sfugge a varie logiche. E così, se per gli orange tutto è difficile da cambiare, per gli azzurri il tema di almeno Sinner nella formazione è sostanzialmente impossibile da non porre. La conclusione è breve: all’Italia, di nuovo, conviene vincere entro i due singolari.

Qualche nota numerica finale: l’Italia è già il terzo Paese dal 1963 a raggiungere per due volte consecutive la finale sia in Billie Jean King Cup (con i suoi vari nomi) che in Davis. Gli USA ci sono riusciti quattro volte, l’ultima negli anni 1990 e 1990, mentre per l’Australia si dovrebbe più correttamente parlare di un tris di fila tra 1963 e 1965. La squadra azzurra, inoltre, per la terza volta raggiunge due finali consecutive in Davis: 1976-1977, 1979-1980, 2023-2024. Prendendo in esame solo il periodo senza più Challenge Round (dal 1972 in poi), vale la pena rimarcare come la sequenza più lunga di ultimi atti di fila appartenga alla Svezia, con ben sette tra il 1983 e il 1989 (tre vinte e quattro perse).

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